Dall'800 a oggi la leggenda del «Campanile dele Strie» è ricca di tentativi, rinunce, gossip ed escamotage. E la sua cima assolata è davvero il «tetto» del Trentino |
Per gli alpinisti della
fine dell'800 era una leggenda: un bastione roccioso solitario
impossibile da scalare. Una struttura ardita, ben definita, con
pareti verticali regolarmente squadrate. Un campanile maestoso, il
Basso. Certo non la cima più difficile delle Dolomiti ma la sua
indiscutibile bellezza e l'esposizione delle pareti ne hanno fatto un
mito. Un mito che resiste intatto ancora oggi.
Il Basso è un campanile,
per chi sale dalla Val Brenta, che si fa largo tra gli strapiombi che
lo circondano e si arrampica verso il cielo aiutato dal suo imponente
spallone nord-ovest, fino a scappare dalle pareti vicine e rimanere
solo a dire, anzi urlare, «eccomi» mentre i valligiani che salivano
dai pascoli dei Massodì lo vedevano apparire improvviso tra le
nebbie, misterioso e incantato, ricordando maghi e streghe.
Molto prima che la sua
ampia vetta fosse conquistata, era stato ammirato da esploratori
tedeschi e inglesi ed il famoso pittore Edward T. Compton ne aveva
riprodotto l'ardita bellezza nei suoi dipinti. Con essi molti
alpinisti avevano imparato a conoscerlo e se ne erano innamorati ma
avevano ritenuto impossibile scalarlo tanto erano verticali i suoi
muri rocciosi.
La leggenda del Basso è
ricca di episodi, tentativi, rinunce, gossip ed escamotage. Una
storia che inizia negli ultimi anni dell'Ottocento, quando
l'alpinista trentino Carlo Garbari, dopo averne studiato tutti i
versanti, individuò quella che sarà la via normale e ne tentò la
salita assieme al portatore Nino Pooli e alla guida Antonio
Tavernaro.
Partendo dalla Bocca del
Basso i tre superarono la parete rossastra e verticale che
rappresenta ancora oggi il punto di maggior difficoltà della via e
che porta il nome di chi la vinse - la parete Pooli. Raggiunsero poi
più facilmente l'ampia cengia detritica chiamata «stradone
provinciale», unica interruzione nell'assoluta verticalità dei suoi
profili. Questa regolare cengia consentirà loro di portarsi sullo
spallone nord-ovest da cui un diedro e un camino li porterà a un
ampio e assolato terrazzo che prenderà il nome di «albergo al sole»
da cui arrivarono a un comodo terrazzino -il terrazzino Garbari -
posto proprio sotto l'aggettante parete terminale. Mancavano poche
decine di metri alla vetta, la vittoria era alla loro portata.
Eppure, nonostante gli sforzi, non riuscirono a superare quei pochi
ultimi metri e furono costretti a ripiegare, sconfitti, lasciando sul
terrazzino raggiunto un messaggio d'augurio per coloro che sarebbero
arrivati in futuro.
Sempre in agosto, ma di
due anni dopo nel 1899 – due alpinisti austriaci Otto Ampfere Karl
Berger, grazie anche alla precisa relazione pubblicata da Garbari,
riescono ad arrivare velocemente al punto più alto raggiunto da
Trenti, Pooli e Tavernaro ma nonostante dispongano di nuovissimi e
per quell'epoca molto criticati chiodi, vengono respinti dalla
difficile parete finale.
Devono ritirarsi.
Tuttavia non si danno pervinti. Ritornano due giorni dopo e Ampfer
trova, con un'ardita ed esposta traversata sulla parete nord, il
passaggio che consentirà loro di raggiungere l'ampia cima del
Campanile. Ampfer parlerà della conquista in modo sublime: «Altri
uomini hanno conquistato grandi isole con piatte coste, noi una
piccola con alte stupende sponde».
Il successo dei due
austriaci suscitò molto scalpore nel mondo alpinistico, scatenando
ammirazione da un lato e l'invidia della comunità trentina
dall'altro, che avrebbe ardentemente desiderato ribadire la sua
«italianità» con la conquista di una vetta così emblematica.
La conquista del Basso
aprì le porte a numerosi altri tentativi che hanno portato alla
salita di tutti i versanti e saranno ancora gli alpinisti stranieri,
stavolta i tedeschi, a farla da padrone. Quest'ultimi introducono
l'uso del chiodo e del moschettone rendendo così possibile non solo
sul Campanile ma anche nelle Dolomiti la salita di vie più
difficili, provocando anche una rovente polemica tra chi li
considerava «mezzi sleali» e chi invece li vedeva come un modo per
aumentare la sicurezza.
Nel 1908 verrà percorso
l'elegante e lineare diedro nord-ovest, oggi conosciuto come diedro
Fehrmann, percorso logico e ormai diventato un classico da non
perdere. Sarà però il 1911 a segnare un'altra pietra miliare, non
solo per la storia del Basso, ma anche per la storia dell'alpinismo
dolomitico.
Una data, una salita che
ha spostato verso l'alto l'asticella delle difficoltà tecniche e
soprattutto psicologiche. Paul Preuss, in completa arrampicata
libera, salirà slegato l'assolata e verticale parete est che
successivamente prenderà il suo nome e che Angelo Dibona definirà
la più impressionante delle Dolomiti, anche se breve.
La Prima guerra mondiale
segna una frenata delle attività alpinistiche ma passati i tempi bui
del conflitto torna la voglia di normalità e anche l'attività
arrampicatoria riprende vigore.
Negli anni '30 seguirà
un'altra importante tappa nella storia alpinistica del Campanile.
Sono infatti gli anni degli italiani, dei trentini e soprattutto di
Giorgio Graffer, che scala con la sorella lo spigolo nord-est. Non
contento, con il compagno d'accademia Antonio Miotto, sale quello che
con tutta probabilità è, e resta, non solo il suo capolavoro ma
anche l'itinerario più estetico ed elegante del Basso. Lo spigolo
sud-ovest dello Spallone, il maestoso e roccioso contrafforte posto
ad ovest del Campanile.
Il Basso è però anche
sotterfugi e astuzie. Nell'estate del 1940 in molti si ritrovarono
alla sua base sorvegliandosi con sospetto perché fino ad allora le
salite erano 997 e tutti ambivano alla numero 1.000. Sarà con un
astuto stratagemma che l'accademico Gino Pisoni facendosi procedere
da due cordate «amiche» compirà quella significativa ascesa. Così
si scatenò lo sdegno di Ettore Castiglioni che definì «umiliante»
il teatrino messo in opera da questi alpinisti per il proprio
tornaconto personale.
Il Campanile non è solo
questo. Negli anni si è anche tinto di rosa. Infatti verso il 1930
Rita Graffer è stata la prima donna a salire, da capocordata, la
parete Preuss guadagnandosi l'ammirazione di Tita Piaz che disse di
lei: «Ha fatto semplicemente quello che oggi ancora pochi fanno e
pochi hanno osato fare». A Rita, in quelli anni intrepidi, si
aggiunsero le baronesse ungheresi Eotvos, Beatrice Tomasson e Paola
Wiesinger. E non bisogna scordarsi che nelle leggende del Campanile
non mancano nemmeno richiami al gossip, visto che la sua cima fu
calpestata anche dai reali alpinisti del Belgio, non nuovi a
esperienze d'arrampicata sulle cime delle Dolomiti.
Con gli anni '60 tutte le
sue verticali pareti sono state salite ma il Basso si è tinto di
bianco. Si aprì il capitolo delle salite invernali. Una lunga serie
di prestigiose imprese. Una stagione iniziata nel 1949 da colui che
tutta la comunità degli arrampicatori ritiene essere il simbolo,
l'anima e il custode del Brenta - Bruno Detassis -con la salita della
Normale. Una via che ripeterà 189 volte, l'ultima delle quali quasi
ottuagenario e a cui seguirono tutte le salite invernali delle
principali e più importanti salite del Campanile.
Ciò che resta oggi è la
bellezza dei suoi profili e il fascino della sua storia che
continuano e continueranno ad affascinare gli alpinisti desiderosi di
ripercorrere le orme dei primi salitori. Desiderio testimoniato dal
fatto che dopo poco più di 40 anni il libro di vetta riportava la
sua salita numero 1.000 e che nei primi anni '60, periodo in cui la
numerazione ebbe termine, le salite erano già ben 3.656, mentre agli
inizi degli anni '70 se ne contavano più di 6.000 e a distanza di
altri 40 anni chissà quante ormai saranno... A dire il vero il loro
numero effettivo poco importa. Ciò che invece merita di essere
ribadito ed evidenziato con forza è il fascino che questo maestoso,
unico e ardito Campanile porta con sé. Fascino che continua a
richiamare schiere di alpinisti felici di provarci e di riuscire a
far risuonare la campana posta sulla sua vetta.
In movimento, supplemento a "il manifesto", 24 marzo 2016
Nessun commento:
Posta un commento