Poco fa mi è stato
chiesto di riconoscere quello che avevo detto alla televisione
francese, cioè che la relazione di minoranza dell’onorevole
Niccolai è una cosa molto seria; l'ho detto alla televisione
francese - a Palermo, non a Parigi - perché me lo hanno chiesto. Se
me lo avesse chiesto la televisione italiana lo avrei detto
ugualmente: non esito a ribadirlo qui.
Ci sono delle cose utili;
si evince, per esempio, chiaramente che i marescialli dei carabinieri
ed i commissari di pubblica
sicurezza quasi sempre hanno fatto il loro dovere, ma è più in alto
che non si è fatto quello che si doveva fare.
E voglio parlare di
queste cose semplicemente, magari aneddoticamente.
Sono stato molto vicino
al povero commissario Giuliano quando indagava sul caso De Mauro;
l’ho seguito osservandolo, perché era un uomo discretissimo, non
parlava di nulla che avesse attinenza con il suo ufficio. Ho notato
però una sorta di diagramma nel suo comportamento; era partito con
una certa euforia, credeva ad un certo punto di essere giunto alla
meta, poi l’ho visto deluso.
Una sola volta mi ha
detto una frase rivelatrice: “Mi creda, il ministro dell’interno
dovrebbe essere altoatesino!” Ora, io non credo che i ministri
dell’interno debbano essere altoatesini, ritengo anzi che la lotta
contro la mafia si debba ascrivere a molti siciliani, non da ultimo a
Simone Gatto; ricordo anzi una sua pagina molto interessante,
tradotta in un film di Germi. Non credo, dunque, che i ministri
dell'interno debbano essere altoatesini, credo però che debbano
comportarsi come tali.
Anni fa ho tentato, il
più sinteticamente possibile, di dare una definizione della mafia;
ho detto che essa era una associazione a delinquere, con fini di
illecito arricchimento per i propri associati, che si poneva come
intermediazione parassitarla imposta con mezzi di violenza fra la
proprietà ed il lavoro, tra la produzione ed il consumo, tra il
cittadino e lo Stato. Credo che tale definizione sia ancora valida,
malgrado siano cambiate tante forme, malgrado sia aumentato il volume
delle cose. Si tratta di un fenomeno senza dubbio in espansione: la
democrazia non ha molti mezzi per combatterlo, ma uno è essenziale,
importante, vi si può ricorrere senza venir meno ai principi stessi
della democrazia. Nella mozione comunista è detto, ad un certo
punto, che il fenomeno mafioso si può combattere “riformando il
sistema delle misure di prevenzione secondo criteri che introducano
forme di controllo sugli illeciti arricchimenti”. Secondo me, è
questo il punto: l'illecito arricchimento. Questa proposta va
benissimo, ma bisogna allargarla, estenderla; il controllo, cioè,
deve estendersi anche a noi, che stiamo su questi banchi, a coloro
che siedono sui banchi del senato, a coloro che siedono nelle
assemblee regionali e nei consigli municipali, non trascurando
nemmeno certi funzionari e certi ufficiali che hanno il compito di
prevenire e reprimere appunto il fenomeno mafioso.
Seduta della camera dei
Deputati, 26 febbraio 1980
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