12.11.17

Dopo Caporetto. Gadda dalla prigionia


Rastatt; Fortezza di Federico; Kap. 15 (Cucina).
Giorno 22 gennaio 1918

Nulla di nuovo nella nostra vita di questi giorni. Io sono ancora ufficiale di cucina, con Garbellotto. Lavoro da mattina a sera, per la sorveglianza dei pela-patate, per la confezione delle sbobbe, per la distribuzione; quest'ultimo è un lavoro pesante, che richiede attenzione e pratica. Si allineano i recipienti sul pavimento e si mesce. Che gioia la pasta. Cola e Bruno sono sempre all'ufficio matricola: il comandante italiano del campo è il colonnello Salvioni, del 10 Gruppo Alpino. Cattaneo (di Seregno, avvocato, intrigante) e Raspaldo sono i suoi aiutanti. Il colonnello, Raspaldo, Cattaneo, e noi due di cucina, dormiamo in una sola camera, nel caseggiato a sinistra dell'entrata.
Il giorno 18 ricevetti da casa parecchia posta: mamma, Clara, Enrico, mi scrivono! Fu per me una vera gioia! Pacchi finora non ne arrivano: si attendono però di giorno in giorno, e i poveri miei compagni certo più di me. Per ora io non soffro la fame. Del mio animo non parlo: costretto a difendermi dall'orrore della fame, occupato tutto il giorno in cucina, passo brutalmente (rispetto alla vita del mio spirito) questi giorni. Ringrazio Iddio dell'avermi concesso questo posto privilegiato, e in cuor mio mi auguro di non perderlo. La famiglia, i miei cari, e la mia patria mi sono sempre vive nel cuore. Per la patria, la pia sofferenza è continua, implacabile. Si direbbe che sto scontando il delitto dei cittadini che la tradirono con la loro debolezza. I giorni della sconfitta mi ritornano continuamente nell'anima con tutti gli orrori patiti, con la visione di tante cose perdute. È meglio non continuare. Ora sono un povero schiavo, non posso più nulla. 

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