I
Ricordi d'arte e di prigionia di Topazia Alliata sono
un prezioso libretto che Toni Maraini, storica dell'arte e poetessa,
sorella della più nota Daria, costruì sulle memorie della madre,
Topazia Alliata appunto, nobildonna, poetessa e gallerista che fu
sposa di Fosco Maraini e con lui prigioniera in Giappone negli anni
della guerra per le proprie convinzioni antifasciste. Il libro,
composito, ha come centro il diario che Topazia compila a matita nel
tempo della prigionia fra il 1943 e il 1944; ma vi si rintraccia
anche una lunga intervista della figlia alla madre che tende a
ricostruirne anche le esperienze artistiche e l'educazione
sentimentale. “Posto” qui una delle prime pagine. (S.L.L.)
Renato Guttuso, Topazia Alliata, Basilio Franchina (1941) |
Avevo
cominciato ad esporre molto giovane, agli inizi degli anni ’30. Mio
grande amico a Bagheria, da quando avevo 15 anni, era Renato Guttuso,
che aveva 17 anni e che avevo conosciuto tramite il pittore Pippo
Rizzo. Era un bel ragazzo, svelto, brillante. Il padre, era di idee
mazziniane; amava molto l’arte; era geometra di professione.
Guttuso e io avevamo partecipato assieme a una mostra collettiva. Poi
Guttuso presentò la mia pittura nel 1931. Avevo diciotto anni. Una
foto del 1932 ci ritrae assieme ad altri studenti all’Accademia di
Belle Arti di Palermo. Io frequentavo il liceo ma mi ero iscritta al
corso di Nudo Libero dell’Accademia; fu uno scandalo! Mio maestro
di disegno era Archimede Campini; era bravo. Conobbi allora Nino
Franchina, che era pittore e scultore; la sua famiglia era originaria
se ben ricordo di Sant’Agata di Militello. Era giovanissimo, mio
coetaneo. Aveva ricevuto un’educazione rigida (il padre era
carabiniere, all’antica) e in lui questo si manifestava in una
grande onestà intellettuale. A differenza della madre di Guttuso,
che era bigotta, la madre di Franchina aveva una mentalità aperta. A
me piaceva molto; era una donna semplice, ma accettava con cuore, e
capiva, l’arte del figlio. Guttuso, Franchina ed io eravamo molto
amici. Ci sono alcune foto di quel periodo che ci ritraggono assieme,
allegri, pieni di vita. Franchina mi chiamava Cthopa... ecco, guarda
questo disegno...
C’è scritto ‘CTHOPA
nel sole e in noi’ Firmato: Nino scultore.
Eravamo,
con Guttuso, tutti e tre molto uniti, sì.
Cosa vi univa?
La
Sicilia, l’arte, una visione della vita... Guttuso ci chiamava ‘la
cricca’, ‘l’anello’, il cerchio vitale. Ci disegnò come
corpi che danzano tenendosi per mano. Come in un quadro di Cézanne.
Qui... nel disegno lui gioca con i nostri nomi accorciati in Pazia e
Nato. Mi scrisse che eravamo nati con la santa follia che fa paura ai
borghesi. Eravamo giovani che cercavano di difendere le proprie
libertà di idee e di creazione in un’epoca in cui tutto era
‘inquadrato’ dalle istituzioni fasciste. Io avevo ricevuto
un’educazione molto aperta da mio padre. Era democratico e di idee
liberalsocialiste (sai... Capitini). Criticava lo stato di cose del
regime fascista, anzi di ogni forma di regime e imposizione
ideologica. Un giorno mi volle spiegare come era successo che
all’inizio, nel 1922, aveva creduto nel socialismo di Mussolini, e
come se ne era allontanato ben presto. Mi trovavo dunque d’accordo
con i miei amici artisti sulle posizioni di critica al regime
fascista che andavano chiarendosi in ognuno di noi. A Palermo conobbi
anche Arturo Massolo, che era, lui, a differenza di Guttuso allora,
attivamente antifascista. Guttuso, Nino Franchina, Lia
Pasqualino-Noto e Giovanni Barbera avevano poi formato il ‘Gruppo
dei Quattro’. Ma io non ne volli fare parte... beh, per varie
ragioni...
In Toni Maraini, Ricordi d'arte e prigionia di Topazia Alliata, Sellerio, 2003
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