12.7.18

A precipizio! Tempo e spazio fra Otto e Novecento (Valerio Castronovo)


Rievocando il mondo della sua infanzia, Stefan Zweig scriveva di non avere mai visto suo padre, o qualsiasi altra persona della medesima generazione, muoversi o fare qualcosa come se fosse premuto dalla fretta. Gli adulti camminavano a passi misurati e parlavano con accenti pacati; il tempo e l'età sembravano scorrere lentamente e in maniera ordinata, senza scatti improvvisi. Dopo il 1880, una serie di invenzioni e di novità il telefono, la radiotelegrafia, il cinema, la bicicletta, l'automobile, l'aeroplano impresse ritmi assai più rapidi e intensi alla vita di ogni giorno. E i loro effetti giunsero a produrre cambiamenti radicali nel modo stesso di concepire e di percepire il tempo e lo spazio. La velocità, che dalle macchine si propagò agli uomini, divenne non soltanto un tratto distintivo dell'esistenza quotidiana, ma anche un emblema di energia e vitalità, un antidoto nei confronti di tutto ciò che sapesse in qualche modo di angusto e di stantio, e dunque un simbolo di liberazione dal tradizionalismo, da antichi vincoli e da consunte abitudini.
La psicoanalisi e la teoria della relatività contribuirono a loro volta a modificare le categorie del pensiero e della coscienza, mentre l' applicazione dei raggi X portò a una riconsiderazione generale di che cosa è interno e di che cosa è esterno al corpo umano e agli oggetti fisici. Il risultato di questi e di altri sviluppi della scienza e del macchinismo, che si susseguirono fino alla vigilia della prima guerra mondiale, fu un mutamento profondo della mentalità e del paesaggio culturale; in particolare dei criteri che informavano l' opinione comune circa la natura del tempo, il senso della distanza, i rapporti fra passato e presente, la prospettiva del futuro. Di questa svolta significativa, destinata a modificare per tanti aspetti la precedente visione delle cose, lo storico americano Stephen Kern ha cercato di individuare i vari percorsi, per ricomporli in un profilo d'insieme (Il tempo e lo spazio. La percezione del mondo tra Otto e Novecento, Il Mulino, pagg. 404, lire 44.000).
Secondo l'autore, persino alcuni sviluppi culturali furono ispirati direttamente dalla nuova tecnologia: James Joyce, per esempio, fu a tal punto affascinato dal cinema, che nell'Ulisse tentò di ricreare nelle parole e nelle cadenze narrative le tecniche di montaggio impiegate dai primi autori cinematografici. Ed è noto quanto le fortune del movimento futurista siano legate alla celebrazione della tecnica e di alcune sue soluzioni d'avanguardia. Certo, si cadrebbe in un'eccessiva semplificazione se si volesse stabilire una correlazione automatica fra i mutamenti della tecnologia e i cambiamenti d'atteggiamento nei confronti dello spazio e del tempo. Lo stesso Kern, del resto, ammette che agirono in questo senso anche circostanze estranee alle innovazioni tecnologiche o fattori più propriamente intrinseci all'universo del sapere e alle sue varie discipline. Tutto sta, quindi, a considerare l'intreccio che in varia misura si stabilì fra i due versanti non tanto come un rapporto di causa ed effetto, ma piuttosto come il risultato di una reciproca interazione. Visto in questi termini, il fenomeno si presta a osservazioni di estremo interesse: innanzitutto, si può cogliere la molteplicità di prospettive temporali e spaziali indotta dall'irruzione sulla scena di nuovi strumenti e prodotti della tecnologia.
Fra i vari capitoli dedicati da Kern all'impatto della tecnologia sulla cultura, particolarmente significativo è quello riguardante la riflessione sul passato. Essa venne infatti incentrandosi, dalla fine dell'Ottocento, su un complesso di questioni (dall'età della Terra all'influenza del passato sul presente, al modo più efficace per ritrovarne il senso e il valore), che segnarono una cesura radicale nei confronti del precedente modo di considerare la vicenda dell'uomo. Mentre le indagini di geologi e biologi vennero dimostrando che la storia del genere umano appariva come una parentesi di brevità infinitesimale, due invenzioni quella del fonografo e quelle della macchina fotografica contribuirono a portare il passato dentro il presente più di quanto fosse mai accaduto in precedenza. Consentendo di registrare con grande fedeltà tanto le voci quanto le forme, le due invenzioni consentirono un accesso diretto al passato. Anche il cinema venne utilizzato per creare e conservare una visione immediata del passato non più filtrata solo attraverso la memoria o la parola scritta. In tal modo i rulli del fonografo, le pellicole fotografiche e le immagini del cinema, che da allora si cominciarono a raccogliere in appositi archivi, finirono per accrescere la persistenza del passato e la sua influenza sul presente.
D'altra parte, Darwin suppose che residui del passato fossero iscritti in maniera indelebile nella materia organica in modo da consentire agli embrioni di ricapitolare tutto ciò che è avvenuto prima. E Freud mettendo a punto le teorie già formulate da alcuni psicologi e filosofi, convinti che i ricordi fossero rinchiusi nel tessuto vivente giunse a dissodare certi strati dell'esperienza infantile, quali tracce della memoria represse e non semplicemente dimenticate, per mettere allo scoperto le cause delle nevrosi dei suoi pazienti. Non diversamente, in fondo, da quanto facevano gli archeologi che scavavano alla ricerca di strutture incorporate nella crosta terrestre, per ricostruire le caratteristiche e l'itinerario di antiche civiltà.
Così il senso del passato cominciò ad apparire sotto una luce diversa. Se da un lato i nuovi mezzi di trasporto e i progressi tecnologici sempre più rapidi, accelerando il ritmo dell'esistenza, davano la sensazione di vivere in un'epoca animata dalla velocità e da continue mutazioni, dall'altro essi finivano per stravolgere la reale identità del passato, giacché inducevano a pensare alle età precedenti come a qualcosa di assai più lento e immobile di quanto non fossero state. Insomma, più il mondo presente sembrava procedere in una corsa precipitosa verso il futuro, sulla scia delle nuove conquiste della scienza e della tecnologia, più quello passato sembrava pressoché fermo, come cristallizzato. Di qui le contraddizioni e le lacerazioni che pervasero la cultura del primo Novecento.
Lo sconcerto e il disorientamento nei confronti di un movimento delle cose apparentemente troppo rapido e imprevedibile, finì per accrescere il numero dei nostalgici del passato, di quanti erano spinti a pensare che i vecchi tempi fossero caratterizzati da un clima di rassicurante stabilità e di elegiaca armonia. Così pure, le scoperte della fisica che portarono al declino della vecchia credenza di una realtà unica in un unico spazio assoluto, provocarono spesso, sul piano etico e civile, effetti contrari a quelli che sarebbe stato lecito attendersi. La teoria generale della relatività di Einstein e la filosofia del prospettivismo di Ortega che pure costituivano una prova eloquente della coesistenza di tutti i possibili punti di vista, e che sembravano quindi avvalorare dal lato politico e sociale i principi del pluralismo e della democrazia, finirono invece per suscitare forti reazioni opposte, accentuando la resistenza degli apologeti dell'egocentrismo, della sacralità di uno spazio o di un punto di vista unico, fosse quello della razza bianca o della società occidentale, di una determinata nazione o dell'ordinamento monarchico.
E la stessa ondata di rigetto, si ripeté più o meno con analoghe motivazioni nei confronti del cubismo: anch'esso infatti, nel rendere su un quadro singolo sia l'interno che l'esterno degli oggetti da una molteplicità di prospettive, rifletteva l'idea che il reale, l'universo, la vita si disperdessero in una varietà di forme, di sfaccettature e varianti diverse e peculiari. E' vero che ai cubisti venne riconosciuto il merito di aver ispirato, con le loro metafore e figure geometriche, l'idea della mimetizzazione, lo sviluppo delle tecniche trompe-l'oeil intese a confondere le divise dei soldati con l' ambiente circostante e a nascondere i cannoni camuffandoli sotto una rete chiazzata di colori terrosi. Ma questo avverrà all'indomani della prima guerra mondiale, di un'immane catastrofe che qualche tempo prima si riteneva di poter scongiurare una volta per tutte proprio grazie alle novità determinate dal progresso tecnologico nei modi di concepire e vivere la realtà.

“la Repubblica”, 31 gennaio 1989

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