Arrivano come sciami di
cavallette, per gli orali della maturità, le cosiddette “tesine”.
Obbligatorie. Possibilmente multidisciplinari. Il che comporta sforzi
di acrobazia non indifferenti per mettere insieme un motivo
letterario e uno scientifico evitando tematiche scontate. Ma non
importa: nell’era del nominalismo, sta a cuore solo che ci si
riempia la bocca con il vocabolo: tesine, cioè quasi tesi, piccole
tesi. Come fossero il rituale di ingresso all’università. E
peccato che, davanti alla commissione, la discussione della tesina
debba mantenersi fra i 10 minuti e il quarto d’ora al massimo.
Dieci minuti, che volete che siano? Il tempo di un caffè.
E peccato che in genere
gli studenti, anche se coscienziosi, portino una copia della tesina
solo il giorno della prima prova. Ma non sempre accade così: a volte
la presentano al momento degli orali. Da chiedersi, poi, se e in che
momento i commissari le predette tesine le leggano. Nell’intervallo
fra scritti e orali? Devono correggere collegialmente gli scritti,
diamine! O un tot al giorno, a seconda delle sequenze dei candidati,
durante gli orali, nei caldi pomeriggi estivi, al posto della
pennichella? O non sarà che tutt’al più le sfoglino? Le
leggiucchino qua e là? Non escludo che i più solerti se le leggano
con scrupolo sottraendo tempo a un doveroso riposo, ma ho molti dubbi
che la percentuale degli zelanti sia alta. E peccato, infine (o
fortuna, a seconda dei punti di vista), che, dato l’obbligo delle
tesine, sulle bacheche on line si scateni ogni anno il mercato delle
stesse.
Ovvio, se si agita il
mercato vuole dire che la domanda c’è. Studenti universitari,
laureati e professori, o semplicemente cultori di una materia,
esperti e pseudo-esperti, offrono tesine a gogò. I prezzi: da 20
euro a 300 euro, a seconda della complessità del lavoro. Pagamento
anticipato. E garanzia che il venditore non ceda la tesina anche a un
altro studente della stessa classe, o magari della stessa scuola (si
sa, le voci circolano). Perciò, la calda raccomandazione rivolta ai
maturandi è che nella richiesta specifichino la classe e la scuola
di provenienza. Per evitare un disagio ben peggiore di quello di due
signore che arrivino a un party o avvenimento mondano o che altro con
lo stesso identico vestito. Che obbrobrio, signora mia! Ma non basta:
a volte le tesine, come i lasciti, si passano da parente a parente, o
dall’amico che ha fatto la maturità l’anno prima all’amico che
ora è di turno. Un’inchiesta del 2013 ipotizzava che il 40% degli
studenti si servisse di tesine preconfezionate. Bella cifra.
Occorrerà tuttavia dire
che, anche per i migliori, per quelli fra gli alunni che fanno da sé,
magari con un aiutino o un aiutone da internet, dove, si sa, gli
articoli sono sempre mostruosamente precisi e attendibili (magari!),
il tempo dedicato alle tesine rischia di essere sprecato. C’è di
meglio da fare a scuola per la formazione culturale e umana dello
studente? Certo che c’è di meglio. E che sarà mai? Una cosa molto
semplice: leggere, leggere, leggere. Il 18,5% dei maturandi di
quest’anno ha scelto come tema il brano tratto dal Giardino dei
Finzi-Contini di Giorgio Bassani. Scrittore immenso, a suo tempo
stolidamente giudicato dalle neo-avanguardie come la Liala del 1963.
Ho esultato vedendo comparire il suo nome a un esame di maturità.
Nondimeno, mi chiedo quanto senso abbia scegliere un brano narrativo
decontestualizzato dal suo insieme. Certo, il discorso sulle leggi
razziali ben si prestava a uno svolgimento. Ma nel Giardino dei
Finzi-Contini c’è molto altro: la malinconia di chi, passata
la soglia dei quarant’anni, si volta indietro guardando al passato.
Lo strazio per un amore non corrisposto. Le ombre dei morti. Una
figura femminile affascinante e sfuggente, forse la più bella della
letteratura italiana del secondo Novecento.
Quanti di questo 18,5%
avevano già letto il romanzo? Non lo si saprà mai. Si sa, invece,
che la lettura è la Cenerentola della scuola. Si sa che alla scuola
media inferiore da anni è stato soppresso l’obbligo della lettura
di un testo narrativo all’anno. E, in contrasto col parere espresso
sul “Fatto” quotidiano del 15 giugno scorso dalla scrittrice
Robin Stevens, che “gli adulti dovrebbero consigliare libri
divertenti” ai ragazzi, i più gettonati risultavano puntualmente
Arrivederci ragazzi, di Louis Malle, e L’amico ritrovato,
di Fred Uhlman, magnifici romanzi drammatici che coinvolgevano i
giovani studenti. Chi non legge alle medie finirà col non leggere
anche al liceo, se non i testi canonici, sempre quelli, I promessi
sposi (un capolavoro ma indigeribile prima dell’età adulta) e
i soliti Verga e Svevo. Il mio augurio è che i docenti trasmettano
ai ragazzi la loro passione, se ce l’hanno, per i libri, e che ne
parlino in classe: altro che tesine.
Il Fatto 3 luglio 2018
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