26.7.18

Nel pieno dello Stato. La mafia con la "emme" maiuscola (Leonardo Sciascia)


Il 6 marzo del 1980 nella Camera dei Deputati si ragiona di mafia e di antimafia. Si discute tra l'altro una mozione del gruppo radicale, che reca, dopo la prima firma di De Cataldo, quella di Leonardo Sciascia, che è al tempo e per una brevissima stagione deputato. Sul tema era già intervenuto il 26 febbraio e aveva insistito sulla lotta all'illecito arricchimento come chiave della lotta alla mafia. Ora riprende la parola per le dichiarazioni di voto, ma anche “per fatto personale”. Era uscito sul “corrierone” proprio il giorno prima un articolo di Sciascia in cui la parola “mafia” era scritta “Mafia”, con la maiuscola. Lo aveva citato nel suo intervento, fantasticando sulla maiuscola, un deputato democristiano calabrese, Ludovico Ligato, da molti reputato l'astro nascente della DC nell'Italia Meridionale. Sciascia, nell'incipit del suo intervento che è qui ripreso, parte proprio da lì per ribadire alcune verità, che allora come oggi si fingeva di ignorare, sulla natura della mafia.
Ligato avrebbe fatto di lì a poco un grande balzo in avanti nella carriera, nominato nel 1985, presidente delle Ferrovie dello Stato. Dimissionario perché coinvolto in uno scandalo di tangenti, le cosiddette “lenzuola d'oro”, tornò nella sua Reggio Calabria, in attesa di rimettersi in pista attraverso il decreto che assegnava alla città decine di migliaia di miliardi di lire per finanziare il recupero del lungomare. Fu ucciso il 29 agosto del 1989 e negli atti del processo che condannava il suo assassino e i mandanti della 'ndrangheta venne indicato come “colluso”, praticamente da sempre, con la 'ndrina dei De Stefano. (S.L.L.)

Poco fa, da un certo banco, sono state fatte delle illazioni su una “emme” maiuscola che sarebbe caduta in una mia nota sul “Corriere della Sera". Illazioni alquanto gratuite. La parola “mafia" si è trovata scritta con la “emme” maiuscola semplicemente perché quella nota era stata dettata per telefono. Il mio giudizio sulla mafia non era in nulla mutato: semmai c’era una dimostrazione di rispetto nordico da parte dello stenografo del giornale. Detto questo, giacché si parla di maiuscolo, debbo constatare che il dibattito si è svolto, come era prevedibile, tra filologia e sociologia, e allora tanto valeva di farne di buona. Infatti, la maggioranza degli interventi sembra convenire sulla tesi - vecchia tesi - secondo la quale la mafia insorge nel vuoto dello Stato; invece, insorge nel pieno dello Stato. Questa è la constatazione preliminare indispensabile da fare.
La buona sociologia, la buona filologia è fatta, a cominciare dal procuratore generale di Trapani nel 1837 - mi pare -, che in una relazione descriveva la mafia così come l’abbiamo conosciuta noi, ed era una mafia di procuratori del re, di segretari comunali e di preti.

Camera dei deputati, Seduta del 6 marzo 1980

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