Palermo, Stadio della favorita, 12 giugno 1990, Egitto - Olanda Frank Rijkaard e alcuni giocatori egiziani all'inizio dell'incontro |
PALERMO
Un piatto di pasta e
sarde non lo negava a nessuno. Potevano essere gli squattrinati
artisti o gli esuli greci della fine degli anni Sessanta, potevano
essere gli emigrati tunisini che sciamano oggi nei vicoli del porto,
Pedro non faceva differenza. Era fatto così, era un generoso. A
Palermo lo conoscevano tutti, probabilmente anche il killer che
l'altro ieri sera lo ha ucciso. La scena del delitto si svolge tra i
tavoli del “Ficodindia”, trattoria tipica siciliana dove una
volta passava l'intellighenzia palermitana e da qualche anno si
ritrovano solo comitive di turisti americani disponibili anche a
farsi spennare. Alle dieci e un minuto l'arbitro fischiava l'inizio
del secondo tempo del match mondiale, e alla Favorita la partita tra
egiziani e olandesi era ancora sullo 0 a 0. Dentro il ristorante la
tivù era accesa, il cuoco era seduto, tre camerieri stavano servendo
quattordici clienti. Pietro Rosselli, Pedro, era in un angolo con le
spalle alla porta. Stava mangiando. Non ha potuto vedere in faccia il
suo assassino. Il sicario aveva il volto coperto da uno strano drappo
nero. Un cappuccio da boia, precisano gli investigatori.
L'avventurosa vita di Pedro è finita con quattro pallottole calibro
45.
La pistola forse era una
Colt, un'arma che non si è mai vista nei delitti di mafia. È morto
tra i fornelli, dove aveva vissuto nell'ultimo quarto di secolo dopo
aver fatto il giro del mondo sette volte imbarcandosi in mercantili.
Aveva ormai quasi 60 anni, era ricco, comprava e vendeva pezzi di
antiquariato. Da un po' di tempo non sembrava più lo stesso. Era
incredibilmente ingrassato, aveva perso l'aria da macho che si era
portato dietro per una vita, si era perfino comprato una parrucca per
nascondere quelle calvizie che non lo avevano mai disturbato prima.
Piste oscure per
Pedro, titola in prima pagina il quotidiano della sera “L'Ora”.
Era diventato un personaggio ambiguo, fanno sapere senza aggiungere
altro i poliziotti che indagano sulla sua morte. Un altro mistero
palermitano con protagonista un uomo del quale si sapeva tutto e
niente, che parlava di tutto e di niente, che un giorno ti preparava
in cucina la caponata di melanzane e il giorno dopo lo ritrovavi al
centro di una trattativa con Gheddafi. È la storia di un mantello e
di un sottosella che furono donati a Benito Mussolini a Tripoli nel
1937. Quasi cinquant' anni dopo Pedro farà riavere, senza sborsare
una lira, il piccolo tesoro al colonnello della Jamahiriah. Tutto si
decise naturalmente in una suite del Grand Hotel des Palmes.
Ma chi era in realtà
Pietro Rosselli? Solo uno stravagante ristoratore? Conosceva
Pasolini, era amico di Panagulis, dal 1965 al 1980 intorno ai tavoli
del “Ficodindia” si sono seduti artisti di ogni genere. Alle
pareti quadri donati da Guttuso, da Migneco, anche un' opera di Andy
Warhol. Dietro la sala ristorante una piccola biblioteca di libri
antichi sulla Sicilia. Pedro era innamorato della sua terra, anche se
da ragazzo voleva conoscere il mondo. Su e giù tra il Giappone e l'
America latina, gli Usa e i paesi del Sud-Africa. Fino a quando
decise di aprire di fronte al porto di Palermo il suo Ficodindia.
Negli anni ' 60 era considerato un uomo di sinistra. Un paio di mesi
fa, alla vigilia delle amministrative, lo videro nei saloni di
Palazzo Gamma sfilare ossequioso a salutare nell'ordine Salvo Lima,
Cirino Pomicino, Calogero Pumilia e Lo Squalo Sbardella.
Nel 1971 salì sul set.
Lo volle Damiano Damiani, Pedro interpretava in un film di mafia la
parte del killer. Poi girò qualcosa anche con la tv svedese. Due
mesi fa gironzolava intorno alla troupe del Padrino atto III.
Conosceva tutti e nessuno. Era imprendibile, sfuggente, portava
dentro un qualcosa di indecifrabile. Si dice che avesse anche stretti
contatti un tempo con il consolato americano. Anche questo significa
tutto e niente.
È davvero un omicidio
difficile da capire, dicono alla Squadra mobile, chiunque e per
qualunque motivo può avere ucciso Pedro. Nelle carte sequestrate c'
è ancora poco. Pedro aveva chiesto soldi ad una banca, aveva bisogno
di liquido per acquistare un alberghetto di Mondello. Gli servivano 3
miliardi e 200 milioni. Un'operazione che stava andando regolarmente
in porto. Ma dove li prendeva Pedro tutti quei soldi? Certo non dalla
sua attività di ristoratore, rispondono ancora gli investigatori, il
Ficodindia non era più come una volta, lo frequentavano solo
turisti, Rosselli aveva licenziato un bel po' di personale e chiuso
un'ala della trattoria. E allora quei 3 miliardi e 200 milioni per
comperare l'albergo di Mondello? Chi indaga fa capire che Pedro
poteva essere anche un prestanome, l' uomo di paglia di una famiglia
o di qualche altro terminale. E poi chiacchierava troppo e con troppe
persone, riferisce un tam tam tutto palermitano che la dice lunga sul
possibile movente del delitto. Chiacchierava con tutti. Con i
poliziotti, con i mafiosi, con i turisti, con gli esponenti di quella
mala tremenda che c' è al Borgo Vecchio il mercato che si apre
proprio davanti al Ficodindia. Ma nella morte di Pedro c' è qualcosa
che non quadra. Lui sapeva campare, sapeva bene come si vive e si
muore in una città come Palermo. Parlava parlava, ma alla fine non
diceva nulla. Nessuno è mai riuscito a capire chi fosse davvero
Pietro Rosselli al di là delle sue smargiassate e del suo esuberante
carattere. Sarà come dicono alcuni investigatori un delitto di alta
mafia, lo sarà ma per adesso non pare. Ci sono almeno due
particolari che stonano. C' è il calibro della pistola. E poi c' è
quel cappuccio nero che si infilano i boia prima di ogni esecuzione.
Pedro l' hanno fatto fuori così.
“la Repubblica” ed
siciliana, 14 giugno 1990
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