Il comico americano Woody
Allen era stato invitato a Roma dal Comune per suonare il suo
clarino. C'erano tutti: notabili di destra e di manca, veline
profumate, avvocati di grido, qualche ladro e qualche bagascia di
chiara fama. La sala al palazzo della Cancelleria era gremita: tutti
in trepida attesa. Entra lui, clarino sulla mano sinistra e quella
«figlia» cinese con la quale dorme una notte sì e una notte no.
Tutti in piedi: un applauso forsennato. E tutti si aspettano che
dica, in inglese: «Grazie, troppo buoni, non merito questo applauso,
io non sono un suonatore di clarino ma un povero attore comico, e
vorrei tributare a Roma quest'applauso». Ma lui, niente di niente.
Molla la cinese in un
angolo e senza salutare nessuno e a testa bassa suona per due ore. La
platea ha gli occhi pallati, è una rottura di coglioni inenarrabile.
Di colpo finisce, non saluta nessuno, prende la cinese e torna in
albergo. Era preparato, nella stanza accanto, un buffet
straordinario, ma pochi hanno mangiato; erano stupiti, feriti,
indignati per tanta maleducazione: erano venuti per Woody Allen, il
famoso comico americano, non per sopportare lo strazio di un
mediocrissimo suonatore di clarino. Poi il sindaco ha detto:
«Scusatemi, non è colpa mia, vi prego però, mangiate qualcosa».
Allora è stata la solita rissa all'italiana e tutti a spintonarsi.
Da Italiani brava
gente…ma non è vero!, La Nave Di Teseo, 2018
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