Luigi Ciotti, presidente di Libera |
È bastata una maglietta
rossa per scatenare il finimondo. Eserciti di lombrichi, di
miserabili, di fanatici, di presuntuosi, di bugiardi, di deviati
mentali, di fascistelli dell’ultima ora, di autentici mascalzoni si
sono scatenati, usandolo strumento a loro disposizione, cioè
facebook, per schizzare il loro veleno senza esclusione di colpi.
E cominciamo con la
rassegna delle “minchiate”, ci si perdoni il termine, tra le
quali ci si può imbattere digitando là dove, non saprei se
definirlo coraggioso o sventurato, si trova chi ha osato pubblicare
la sua fotografia con la maglietta rossa.
Prima idiozia: il rosso è
il colore dei comunisti, ergo si tratta di una manifestazione
comunista. A parte il fatto che, se così fosse, sarebbe una
riappropriazione di un colore il cui tono si va giornalmente
perdendo, non si vede cosa potrebbe esserci di male. Forse che i
comunisti non hanno più diritto di parola? Qualcuno ha addirittura
evocato i morti di Stalin, che sarebbero maggiori di quelli di
Hitler, come se il popolo in magliette rosse si ispirasse al
dittatore sovietico. In realtà si è trattato di una falsa accusa
per tenere lontani coloro, come gran parte dei cattolici, che
condividono la necessità di fermare l’emorragia di umanità cui
stiamo assistendo in questi ultimi tempi. Ciò nonostante, ai vari
cortei cittadini hanno aderito l’Azione Cattolica, gli Scout,
l’ARCI, l’ANPI e Lega Ambiente. Tutti comunisti!!! Bisognerebbe
informare queste teste d’asino che rossa è la cravatta di Trump,
rosso è l’abito dei cardinali, rosso è il colore delle scarpe
delle donne che protestano contro la violenza nei loro confronti,
rosso è un colore della nostra bandiera e che quindi il rosso è un
colore che appartiene a tutti. Ho letto addirittura, mettendomi a
ridere, di uno che si lamentava di non avere potuto indossare la sua
maglietta rossa per non essere confuso con gli altri “protestanti”
del giorno. Ma la scelta del rosso ha precise motivazioni che,
naturalmente non interessano gli sputasentenze: rosso è
l’indicazione di un momento di sosta, l’invito a dire “fermiamoci
un attimo e vediamo dove stiamo andando a finire”. E figurarsi se
gli
imbecilli hanno voglia di fermarsi per riflettere!!!. Rossa è la
maglietta che le madri mettono ai loro bambini, prima, ahimè, di
abbandonarli al mare, affinchè possano essere meglio avvistati, così
come rossa era la maglietta del povero bambino, Aylan, morto, che nel
settembre di tre ani fa fece il giro del mondo suscitando
indignazione, e rossa era la maglietta dei bambini trovati morti
sulle coste libiche qualche giorno fa.
Salvo Vitale |
Seconda idiozia: chi ha
avuto il coraggio, anzi la sfacciataggine, giorno 7 di indossare la
maglietta rossa, ha fatto politica, soprattutto se si tratta di
insegnanti. Ha suscitato ingiurie e levate di scudi, minacce, offese
e contumelie varie di teppistelli e di sciacquette di strada, la
pubblicazione di un’intera commissione di esami di stato, a
Bagheria, che ha “osato” indossare la maglietta rossa: “Apriti
cielo!”. A scuola non si fa politica, io non affiderei mai mio
figlio a insegnanti di questo tipo, le docenti avrebbero dato
dimostrazione d’intolleranza contro i maturandi, deve intervenire
il ministro per sospendere questi e queste criminali, i più buoni
scrivono, per mandarle a fare un anno sabatico, i più cattivi per
licenziarle, e altre stupidaggini di questo tipo. Uno dei censori che
ha ritenuto opportuno associare la sua voce a questo esercito di
asini è stato l’ex sindaco di Roma, il camerata Alemanno e la sua
degna comare Giorgia Meloni. E con persone come queste ogni discorso
si chiude.
Una riflessione invece è
necessaria per le persone più educate che leggono sgomente lo
schizzo di tanto veleno: indossare la maglietta rossa non è fare
politica, ma se lo è, e se lo fosse, meglio ancora: diceva il grande
educatore Lucio Lombardo Radice che “dire: “a scuola non si fa
politica”, come si diceva durante il fascismo, è il peggior modo
di fare la peggiore politica”. Diceva Aristotele, uno dei più
grandi pensatori dell’umanità, che naturalmente per certa gente è
“un nuddu mmiscatu cu nienti”, che “l’uomo è un animale
politico”. L’essenza dell’uomo è di costruire, nella “polis”,
e quindi assieme ad altri uomini, momenti d’incontro e di scambio.
E’ nella politica che si realizza l’uomo. Quindi ci troviamo
davanti a persone che preferiscono la politica del silenzio e
dell’ignoranza, rispetto a quella del rispetto dei valori umani di
solidarietà. Ed è di là che poi si diffondono le pecore pronte a
calar la testa davanti al primo imbonitore che si promuove a pastore.
E’ evidente che questi piccoli cervelli scambiano l’etica per
politica, il rispetto dei valori che ogni insegnante è tenuto,
obbligato, a indicare come la linea guida del suo lavoro, come
principi “sovversivi” che possono mettere in discussione i luoghi
comuni dell’odio verso il diverso e dell’insensibilità disumana
verso la morte di un bambino. Nessuno deve parlare di queste cose,
altrimenti fa politica. Sob!!!
Terza idiozia: alcuni
sapientoni hanno scritto che la manifestazione ignora tutti i
problemi dei migranti e vuole promuovere una politica delle braccia
aperte per tutti quelli che vogliono venire in Italia. Qualcuno non
ha partecipato alla manifestazione perché nel comunicato non c’era
nessun riferimento a Minniti e invece, pur non essendo citato, si
capiva che si manifestava contro la politica di Salvini. Della serie,
qualcosa da dire si trova sempre. Non so come Minniti, e non Salvini,
abbia fatto per ridurre drasticamente a poche migliaia, il flusso di
130 mila uomini (la cifra non è assolutamente precisa) dell’anno
precedente e non so perché tutto il merito se lo stia prendendo
Salvini dopo la pagliacciata della chiusura dei porti alle ONG.
Probabilmente Salvini sa vendere meglio la sua immagine. Non è
assolutamente vero che la manifestazione ignorava o ha finto
d’ignorare il grave problema della gestione dei migranti. Sarebbe
come chiudere gli occhi per non vedere il male, o guardare da
un’altra parte. E’ indiscutibile che esiste un businnes: esiste
per i trafficanti di uomini, per coloro che li controllano nei “campi
di concentramento” in cui sono stipati, per coloro che li imbarcano
dietro pagamento di un biglietto dieci volte più caro di un normale
volo di linea, si parla di 2000 euro a cranio, con la promessa di una
qualche garanzia di assistenza da parte delle ONG o delle navi della
marina militare italiana. Quella di un patto tra ONG e mercanti di
uomini potrebbe non essere solo una cattiva ipotesi, che circola
sempre più frequentemente, ma un fatto reale, che comunque dovrebbe
assicurare, attraverso un sistema che è poco definire illegale, un
posto d’accoglienza con pasti, letto e vestiario in strutture o
case private messe a disposizione della prefettura, per 37 euro al
giorno, date al proprietario degli immobili, più 2,50 euro date
dalla prefettura al migrante, il tutto da raddoppiare nel caso di
minori. E non è una favola che a tanti ragazzi sia stato assegnato
lo stesso giorno di nascita, cioè il primo gennaio del 2001 anche se
alcuni sembrano ben più maturi. C’è poi tutto il sistema di
assistenza, di forniture di pasti e di vestiario, di personale che
provvede a gestire la struttura e a pulirla, talora di insegnanti che
tentano di far memorizzare qualche termine italiano, il tutto sotto
forme apparenti di volontariato, che nascondono o mimetizzano forme
di pagamento. E infine l’odissea del rilascio del permesso di
soggiorno: le prefetture ne rilasciano due o tre al giorno e si
prolunga a tempo indeterminato il soggiorno “obbligato” di chi
spera di raggiungere altrove, possibilmente all’estero i propri
congiunti. Proprio questo è il punto su cui sarebbe necessario
intervenire se si vuole chiudere il problema: rilasciare permessi di
soggiorno “facili”, in modo che i migranti siano liberi di
andarsene dove vogliono, con grande arrabbiatura di chi invece non li
vuole e ci vuole imporre che restino dove approdano. Ma a questo il
duro Salvini non è ancora arrivato, perché salterebbe tutto il
sistema.A tutti quelli che dell’immigrazione sano tutto, rispetto
ai poveri mortali in maglietta rossa, che non sanno niente vorrei
inutilmente fare entrare in testa che i risvolti del problema sono
ormai noti a tutti, che non si possono regalare solo a Salvini e che
bisogna trovare soluzioni che non mettano in gioco il diritto,
sancito dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo, a vivere dove si
decida di trasferire la propria residenza.
Quarta idiozia: a
manifestare erano i soliti “radical chic”, ovvero gli individui
che si piccano di essere intellettuali, che se ne stanno seduti
davanti alla loro scrivania, professando orribili idee di sinistra, e
che quindi appartengono all’inutile razza di Matteo Renzi, di
Minniti, di Stalin, di Bergoglio, , di Gino Strada, di don Luigi
Ciotti. Insomma, le persone comuni, le facce pulite, quelle che
vogliono dare un segnale, chi vuole sentirsi libero e fuori dallo
schifo imboccato dalla politica italiana, non c’erano, solo perché
basta dire che non c’erano per cancellarne la presenza. E questo è
quello che, nell’insieme di tutto lo squallore dei commenti è
stato dimenticato, ovvero che l’iniziativa è stata è promossa da
un’Associazione, LIBERA, che da vent’anni si batte per combattere
contro la cultura mafiosa, contro l’economia illegale che
caratterizza le terre sequestrate e confiscate alla mafia, contro i
fanatismi e le inculture tipiche di formazioni e ideologie politiche
che sembravano scomparse, ma che stanno riemergendo dalle fogne della
storia.
Si è cercato di mettere
il bavaglio e criminalizzare, con accuse mostruose, quelle poche
persone che hanno voluto dire a tutta Italia che ancora esistono
tracce di umanità e di sensibilità, ma il fascismo di queste
persone non si ferma all’ingiuria e all’offesa. Sotto ci sta
l’intolleranza verso qualsiasi forma di diversità di pensiero,
ovvero l’illusione o il progetto perverso di sostituire la
maglietta rossa con la maglietta nera.
Fb 8 luglio 2018
Nessun commento:
Posta un commento