Amico dei Franchi,
ostile ai Bizantini, duplice con il Papa, nemico dei saraceni,
protettore dei sudditi più indifesi.
In un giorno non
precisato del 722 o del 723 Liutprando, re dei Longobardi, percorre a
cavallo i tratturi dell’Appennino accompagnando i resti mortali di
sant’Agostino. Attorno a lui i boschi selvaggi ricordano quelli
delle terre lontane da cui proviene la sua stirpe. Sopra di lui è il
cielo, a cui il re volge lo sguardo, sicuro di essere guidato dalla
volontà divina. Così è scritto nel Prologo alle Liutprandi
leges, «il cuore del re è nelle mani di Dio». Seguendo
l’ispirazione divina, Liutprando ha fatto trasportare le spoglie
del santo dalla Sardegna per sottrarle all’oltraggio delle
incursioni saracene. Lui stesso le ha attese sulle alture presso
Genova per poi accompagnarle a Pavia. È certo di aver salvato un
simbolo della cristianità. Nella capitale del regno è pronto un
luogo sicuro, la cella di San Pietro in Ciel d’oro, attorno a cui
in quegli anni si sta aggregando una comunità di monaci. Là è già
sepolto il padre di Liutprando, re Ansprando, lì tra poco giungerà
sant’Agostino, per essere il santo di una città e dei sovrani che
la governano, lì progetta di essere sepolto Liutprando. C’è in
lui l’idea di creare un sacrario dei re longobardi a Pavia,
complemento religioso all’azione laica di rafforzare
l'amministrazione nel palazzo regio, il Sacro Palazzo. E c’è in
lui un disegno politico. Amico dei Franchi, ostile ai Bizantini,
duplice col Papa, nemico dei saraceni, protettore dei sudditi più
indifesi con le sue leggi, il re dei 5 mondi (712-744) viene
celebrato in un convegno voluto dall’Università Cattolica di
Milano a Pavia e a Gazzada Schianno (Varese) tra il 3 e l'8 maggio.
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Nel 722 o 723 Liutprando
ha poco più di trent’anni, il suo coraggio è noto. Da giovane ha
affrontato da solo in duello due guerrieri longobardi a lui ostili.
Ha fama di sovrano e legislatore saggio, di valoroso capo militare,
anche se più numerose sono le guerre che dovrà ancora combattere.
Ha in mente di rafforzare il suo potere nel mondo longobardo e di
estendere il suo dominio ad altri territori. Cova l’ambizione di
diventare rex totius Italiae. Da tempo ha abbandonato la
politica di pacificazione ispirata al trattato del 680, siglato con
Bisanzio dai suoi predecessori: i bizantini sono suoi nemici e contro
di loro combatte più volte a Ravenna devastando anche il porto di
Classe (717). Facile è attaccarli quando l’impero d’Oriente è
preso di mira dagli Arabi. I Bizantini sono combattuti anche quando
si fanno sostenitori dell’iconoclastia, perché Liutprando,
cattolico, difende la tradizione del culto delle immagini sacre
seguita dalla Chiesa di Roma. Nemici sono anche i duchi longobardi
troppo autonomi e così scenario delle guerre del sovrano è anche
l’Italia meridionale. Liutprando arriva a controllare tutti i
ducati longobardi e a esercitare la sua influenza sull’Esarcato e
Roma.
Protagonisti nel teatro
politico sono anche i Franchi, nel 722-723 i rapporti con Liutprando
sono tesi, ma in poco tempo tutto muta grazie ad alleanze sancite da
matrimoni. Al sovrano longobardo si aprono nuove prospettive, può
contare sul sostegno non tanto dei sovrani franchi legittimi (i
cosiddetti «re fannulloni») ma dei maggiordomi di palazzo, padroni
della politica franca. Nel 730 è alleato di Carlo Martello,
nonostante questi sia giunto al potere in modo fortunoso e poco
chiaro: per Liutprando conta il fatto che da anni Carlo stia
respingendo nel Sud gli attacchi dei Saraceni e nel Nord quelli di
Frisoni e Sassoni. L’essere re e figlio di re non gli impedisce di
scegliere alleanze con gli «illegittimi», a Liutprando appartengono
ambizione, spregiudicatezza e una buona dose di Realpolitik maturate
negli anni difficili della prima giovinezza: madre e fratelli
imprigionati e mutilati, il padre esule, lui stesso esule. La sua
alleanza con i Franchi si consolida: nel 737 adotta Pipino, figlio di
Carlo Martello, la cerimonia è solenne, il giovane viene rasato
secondo l’uso longobardo a sancirne lo status di figlio legittimo
di Liutprando. Pipino può così aspirare al trono franco, su cui si
insedierà nel 751 con un colpo di Stato.
Il solido legame con i
Franchi induce Liutprando nel 738 a difendere vittoriosamente Arles
in Provenza contro i Saraceni, mentre Carlo Martello combatte contro
i Sassoni. La conseguenza è che nel 739 l’appello di papa Gregorio
II ai Franchi di rispondere all’attacco dei Longobardi, che hanno
saccheggiato il territorio di Roma, rimane inascoltato. Diversamente
accadrà nel 774 tra il longobardo Desiderio e il franco Carlo Magno,
che ascolterà le richieste del pontefice Adriano I e sconfiggerà i
Longobardi.
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Se nel 739 la Chiesa non
viene ascoltata, Liutprando in altre occasioni le concede molto: nel
728 a Papa Gregorio II dona Sutri, presa ai Bizantini e non
restituita loro nonostante gli accordi, nel 743 procede a un'altra
restituzione di fortezze strategiche. Così la Chiesa pone le basi
del suo potere temporale e Liutprando non perde occasione di dare un
clamoroso schiaffo politico all’imperatore d’Oriente, perché il
pontefice è suddito di Bisanzio. Anche all'interno del regno
Liutprando tutela la religione cattolica, rendendo inviolabili le
chiese, assumendo la protezione diretta delle monache, proibendo
residue pratiche pagane e inserendo prescrizioni di diritto canonico
nella legislazione longobarda. Azioni del re di un popolo ormai del
tutto cattolico.
Nel 744 Liutprando, poco
più che cinquantenne, ha la consapevolezza di aver reso la società
longobarda più stabile e meno violenta grazie alle leggi da lui
promulgate, ad arricchimento e integrazione dell’Editto di Rotari.
Orfani, minori, donne sono i soggetti privilegiati della sua opera di
legislatore. La sua è un’età anziana per i tempi e probabilmente
Liutprando non si attende altro dalla vita e dal suo ruolo di sovrano
ma forse spera in una fama duratura. Nel medesimo anno muore e viene
sepolto in quell’angolo di Pavia fuori le mura, da lui fortemente
voluto, San Pietro in Ciel d’Oro, la cui malia affascina ancora
oggi. Le gesta coraggiose di uomo, il prestigio di re, le campagne
militari hanno reso Liutprando grande presso il suo popolo e magari
agli occhi dei nemici. Il ricordo dell’attività di legislatore
andrà oltre l’orizzonte temporale dei Longobardi, portando con sé,
allo sguardo di altre epoche, anche la dimensione umana, regale e
guerriera di Liutprando.
“La lettura - Corriere
della sera”, 29 aprile 2018
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