4 giugno 1911. In
occasione del primo cinquantenario dell’Unità d’Italia, il re
inaugura un grandioso monumento nel cuore di Roma, dedicato al nonno
Vittorio Emanuele II (di qui il nome Vittoriano) che ospita anche
l’Altare della Patria. È interamente costruito in marmo bianco
estratto dalle cave del Bresciano, scelto perché di più facile
lavorazione. Tutto è cominciato nel 1880 con un primo concorso
internazionale vinto da uno scultore francese. Ma nel 1882 c’è un
secondo concorso riservato ai soli italiani. Le proposte presentate
sono novantotto, tre vengono selezionate per la scelta finale e
l’opera viene infine affidata al giovane architetto Giuseppe
Sacconi. L’idea è di creare una sorta di grande «foro», una
piazza sopraelevata nel cuore della Roma imperiale.
Per l’imperatore
Traiano, per Napoleone, per Nelson si è ritenuta sufficiente una
colonna, e su una maestosa colonna Vittorio Emanuele II domina i
viali torinesi. Ma a Roma si pensa che non basti, c’è da rievocare
l'antica grandezza della Città Eterna e c’è da bilanciare, più o
meno implicitamente, la grandiosità della basilica di San Pietro e
della piazza ideata dal Bernini. Si procede dunque a una rivoluzione
urbanistica di tutta la zona dove sorgerà il «mostro», la «torta
nuziale», la «macchina da scrivere». Viene demolito un intero
quartiere medioevale, antiche chiese e rovine romane sono tolte di
mezzo, non c’è sarcasmo, polemica, critica urbanistica che resista
alla gigantesca allegoria carica di scalinate, gallerie, recessi e
passaggi di ogni genere. Nonché, naturalmente, decine e decine di
statue simboleggianti il lavoro, il genio italico, le messi della
Puglia, la corona ferrea di Milano, le repubbliche marinare.
Con la Grande Guerra il
monumento acquista ancora un altro significato. Il lungo massacro ha
acceso nell’animo dei governanti dei Paesi coinvolti un nuovo e
commovente slancio retorico: l’idea di celebrare la strage onorando
le ossa di un soldato senza nome, scelto a caso sul campo di
battaglia. E l’Altare della Patria sembra fatto apposta per
diventare anche la tomba del Milite Ignoto. Qui, dunque, avranno modo
di perpetuarsi le Guardie d’Onore, le cerimonie su e giù per
l’immenso scalone, le corone commemorative, gli squilli di tromba,
le visite compunte dei potentati.
Chi ci passa davanti ogni
giorno non fa più caso al Vittoriano. Gli stranieri lo guardano con
un certo stupore. Una parte maggioritaria degli italiani lo trova non
solo indispensabile, ma anche bello. Una piccola minoranza continua a
giudicarlo la più grave e ineliminabile offesa che si potesse fare a
una città come Roma.
Da Storia d'Italia in
150 date (La Stampa, 1 agosto 2010)
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