Le
case diroccate, i giardini incolti, gli sguardi vuoti dei rari
passanti. Con l’agente in borghese Mike Connelly perlustriamo i
quartieri affacciati sul lago Erie. Qui i tossici di Cleveland
vengono a morire dopo aver perso il lavoro, la casa, i figli. Giocano
alla roulette russa con la morte. «Una coppia aveva comprato il kit
Narcan, a base di naloxone, il farmaco che usiamo per bloccare gli
effetti degli oppioidi. Speravano di salvarsi a vicenda in caso di
overdose. Non è andata così». Più di cento americani muoiono ogni
giorno di overdose da oppioidi, inclusi medicinali prescritti dal
medico, eroina o Fentanyl ottenuto illegalmente. Nel 2016 i decessi
causati da oppioidi sono stati 42 mila (64 mila in tutto quelli per
overdose): un’epidemia simile per numero di vittime all’Aids,
un’emergenza riconosciuta dal presidente Trump (senza però
aumentare i fondi federali per affrontarla). Anche il paesaggio ne è
segnato: dai monti Appalachi al confine col Messico le strade sono
costellate di pubblicità di programmi di riabilitazione. La crisi ha
colpito i bianchi (lo sono l’82% delle vittime) come nessuna prima,
all’inizio soprattutto nelle zone rurali (il farmaco OxyContin è
chiamato hillbilly heroin, l’eroina degli zappaterra). Ma
l’attenzione è cresciuta quando ha raggiunto i quartieri borghesi,
figli di politici e star come Prince e Tom Petty.
Oggi
Cleveland conta un migliaio di overdose l’anno, oltre 200 letali:
più vittime degli omicidi e degli incidenti stradali messi insieme.
Gli Stati dell’Ohio e del New Hampshire, con 39 morti ogni 100 mila
abitanti, sono al secondo posto dietro i minatori del West Virginia,
dove in un paesino di 392 abitanti, Kermit, una farmacia ha
distribuito 9 milioni di pillole in due anni. Lo scandalo è che il
75% degli eroinomani, dice uno studio, inizia con prescrizioni
mediche per antidolorifici. «Avevo 27 anni, sono finito in una rissa
– racconta Jeff Knight, ex dipendente da oppioidi che oggi possiede
case di recupero a Cleveland – e il dottore mi ha dato del
Percocet. Dopo una pillola e qualche birra mi sentivo alla grande,
così ho cominciato a usarle a scopo ricreativo, e vai con altre
prescrizioni. Ho scoperto di essere dipendente quando, senza le
pillole, mi sono sentito male: vomito, diarrea, brividi… Sono
passato all’Oxy, più forte: lo frantumavo e lo sniffavo».
Comprava prescrizioni «in strada», rivendeva per pagarsi il vizio,
ma doveva aumentare la dose per l’agognato e sfuggente senso di
sollievo. «Pensavo che non mi sarei mai fatto di eroina, non mi
sentivo un tossico. Poi ho provato una volta ed è diventato
accettabile: costa meno, è più accessibile. Ho perso tutto, sono
finito in carcere».
Jeff
è pulito dal 2013. Ma ora c’è un killer più letale in città: il
Fentanyl. «Era Natale, ospitavo un ragazzo trentenne, di famiglia
borghese. Ma voleva farsi un’ultima volta e s’è procurato del
Fentanyl. Il giorno dopo sua madre è venuta per pranzo e l’ha
trovato morto. Urlava quando i poliziotti l’hanno trascinata via
dal cadavere». Il Fentanyl è un farmaco legale, ma viene anche
prodotto illegalmente in polvere e usato per «tagliare» l’eroina;
non sempre chi se la inietta lo sa, spiega l’agente Connelly.
Pensano sia China White, la solita eroina bianca della East Coast, ma
il Fentanyl può essere centinaia di volte più forte; e il
Carfentanil, inventato come tranquillante per elefanti, anche
cinquemila volte: insieme sono responsabili di 20 mila morti
d’overdose l’anno. «Il Fentanyl è per tossici hardcore,
per chi è già strafatto d’eroina e ha un’altissima tolleranza.
Altrimenti muori, questione di un milligrammo», spiega Douglas
Coleman, che dirige in Arizona la Drug Enforcement Administration
(Dea), l’agenzia federale che combatte il traffico di droga. È
così rischioso che i soccorritori indossano maschere per evitare di
inalarne minuscole quantità.
Tutto
è iniziato negli anni Novanta, quando le case farmaceutiche
incoraggiarono il riconoscimento del dolore come quinto parametro
vitale insieme a polso, respirazione, pressione arteriosa,
temperatura. «Ci fu un cambiamento di mentalità, con l’aspettativa
che non si dovesse provare dolore», spiega Cara Christ, direttrice
dei servizi sanitari in Arizona. «Nel frattempo ricerche finanziate
dall’industria assicuravano ai dottori che gli oppioidi non
creavano dipendenza». Le farmacie online li vendevano senza neppure
vedere i pazienti. Ora i produttori sono bersaglio di decine di
denunce di città, contee e Stati. Ma la loro lobby a Washington
resta potentissima: spende otto volte più di quella, famigerata,
delle armi. E in America impera ormai la cultura della pillola: ce
n’è una per ogni «problema», dall’iperattività alla
depressione.
Quando
i controlli sui farmaci sono diventati più rigidi, inoltre, il
mercato nero ha colmato il vuoto. «Paghi 35 dollari via web. Sei
giorni dopo, ti arriva per posta un pacco di Fentanyl dalla Cina»,
spiega l’agente Coleman. Impossibile perquisirli tutti, e i cani
non sentono l’odore. Poi i cartelli messicani hanno preso in mano
gran parte del business. «Avevano già aumentato l’esportazione di
eroina: ai tossici costa meno delle pillole. Poi hanno ordinato in
Cina i componenti chimici precursori, in modo da produrre Fentanyl in
polvere, tagliare l’eroina e soddisfare gli americani che vogliono
un prodotto più forte».
L’ultima
novità è il Fentanyl direttamente in pillole: blu, simili
all’OxyContin, pensate per chi «non si sente un tossico». La Dea
ne ha intercettate 30 mila nell’ultimo anno al confine con
l’Arizona. «Ognuna contiene diverse dosi letali. Spedite in Ohio
possono uccidere 150 persone in un weekend». Valichi legali come
Nogales, da dove passa il 70% della frutta e verdura consumata
d’inverno in America, sono la principale via d’accesso. «Un
autista può nascondere mille pillole in una lattina di Coca, o 5
chili tra la lattuga sul retro del camion». Come trovare un ago in
un pagliaio.
La
Lettura - Corriere della sera, 8 aprile 2018
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