3.5.10

La scuola svuotata di insegnanti e di funzioni. La Cgil protesta.

La Federazione lavoratori della conoscenza della Cgil Umbria organizza per stamattina alle 11

un presidio davanti all’Ufficio scolastico regionale a Perugia. Un’altra manifestazione è prevista per venerdì 14 maggio all'Ufficio scolastico provinciale di Terni. Una lettera alla stampa di Giuliana Renelli rende pubblici i dati del degrado e della crisi del sistema scolastico. Sono quasi 500 i posti di lavoro che verranno meno con il prossimo anno scolastico, circa la metà dei quali insegnanti (92 nella scuola primaria, 20 nella media, 120 alla secondaria): tante famiglie rimangono senza reddito.

Ma altrettanto gravi saranno le conseguenze sulla qualità della formazione scolastica: aumento delle pluriclassi (ben 61 nella provincia di Perugia), non si risponde alle richieste di tempo pieno, il modello scuola a 30 ore richiesto dalla totalità delle famiglie si traduce in 27 ore per le classi prime e le seconde. E ancora: l’insegnamento della lingua ridotto al lumicino e affidato a docenti di scuola primaria che avranno appena frequentato le prime lezioni del corso di formazione. Sono solo esempi, ma giustificano la domanda della sindacalista: non è che qualcuno, lassù, ci vuole ignoranti?

Sulle conseguenze dei tagli nella scuola leggete il bel pezzo di Belpoliti che ho trovato su “La Stampa del 30 aprile (S.L.L.).

Sei politico per tutti, grazie alla Gelmini.

di Marco Belpoliti

La qualità costa. Lo sanno i produttori di automobili come quelli di vino, i centri di ricerca sul cancro come le scuole. Il preside Antonio Panaccione del liceo Keplero di Roma ha scritto al ministro Gelmini per rappresentarle una verità elementare: per avere dei buoni risultati bisogna investire tempo e denaro. La scuola non è un’azienda, ma qualcosa di più complesso; se le si tolgono investimenti, i risultati non arrivano. Panaccione lo spiega cifre alla mano: un tempo riceveva dallo Stato 600 mila euro l’anno, ora gliene arrivano 130 mila. Non c’è un euro per i corsi di recupero di cui avranno bisogno la metà dei suoi studenti. Che fare? Dice il preside: o tutti bocciati o tutti promossi.

La riforma Gelmini appare perciò come una controriforma: a diminuire, e in prospettiva a perdere, là dove invece in tutti i Paesi del mondo industrializzato, in Europa come in Asia, oggi s’investe sulla scuola. O forse il ministro punta in questo modo a spostare il problema sulle famiglie? Al posto di corsi di recupero, lezioni private, magari pagate in nero. Per chi può; gli altri amen. La scuola italiana rischia sempre più il collasso e la riforma ci fa tornare alla caricatura del Sessantotto, a quel detestabile sei politico che tutti rifiutano come livellamento verso il basso di ogni possibile eccellenza. Il preside Panaccione lo preannuncia come unica, provocatoria soluzione per i ragazzi del Keplero. Andate promossi, i soldi non ci sono più. Ite missa est.

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