Non ero a Perugia il 24 e il 25 aprile. E me ne spiace tantissimo. Volevo esserci soprattutto il 24, per partecipare alla visita collettiva di alcuni luoghi della città particolarmente legati alla memoria della Resistenza, allo speciale CamminaPerugia dedicato a Lello Rossi recentemente scomparso, come sempre organizzato da “la Tramontana” e guidato da Renzo Zuccherini.
Il maestro e direttore Zuccherini, allievo di Aldo Capitini, cultore appassionato ed esperto della storia e della parlata perugina, sperimentatore didattico e redattore sociale de “La tramontana” e tante altre cose ancora, è una di quelle figure umane che fanno città le città, che restituiscono a questa parola il valore originario di “comunità di cittadini”, che rinnovano giorno dopo giorno il civismo e l’amore per il luogo dove si è nati o dove si è scelto di vivere. Ne è prova la fotocronaca della camminata resistenziale del 24 scorso pubblicata dal sito de “La Tramontana”, ove certo manca il calore della parola cortese, semplice e dotta di Renzo e degli altri che di certo l’hanno resa indimenticabile a chi vi ha partecipato, ma dove si trova, insieme alle immagini, una scelta sagace di brevi testimonianze, utili a restituirci un pezzo di storia cittadina estremamente importante.
Io credo che a Zuccherini qualcuno dovrebbe dare una medaglia, ma ancor più credo che su questa esperienza delle camminate il Comune, le scuole di ogni ordine e grado, le Università, le fondazioni dovrebbero investire impegno ed, anche, un po’ di denari (ne bastano pochi), per farne tesoro. Ci sono scolaresche multicolori o gruppi di perugini adulti vecchi e nuovi o frotte di giovani universitari che di certo si gioverebbero della sapienza narrativa di Zuccherini e dei suoi appassionati amici e si entusiasmerebbero per la conoscenza dei fatti, dei nomi, delle opere, dei luoghi che costituiscono l’identità cittadina. Forse esagero; ma son convinto che certi fenomeni evidenti di giovanile vandalismo che si scorgono nel bellissimo centro storico si ridurrebbero notevolmente con una bella iniezione di cultura e di civismo. Sono luoghi che, se li conosci, li ami; e, se li ami, non permetti che siano deturpati dall’ignoranza e dall’inciviltà.
Penso anche che l’iniziativa presa da Zuccherini per la festa della Liberazione appena trascorsa sia anche un ottimo antidoto al “revisionismo” e all’oblio, che nutrono il ritorno sulla scena italiana di tentativi autoritari e di pulsioni razziste e xenofobe.
Dalla fotocronaca ho ripreso le immagini che corredano questo post e una delle testimonianze, una forte rievocazione di Lello Rossi. Segnalo anche il link a coloro, spero tanti, che vogliano vedersela tutta. ( http://www.latramontanaperugia.it/articolo.asp?id=1932 )
Le scritte del 41 a Porta Pesa (di Lello Rossi)
“A Porta Pesa c’è un’agitazione insolita. Sul muro del forno e sulle scalette del vicino Carmine due grandi scritte richiamano l’attenzione di tutti: A morte Mussolini! Abbasso la guerra fascista! […]
Quel mattino Mario Santucci, “’l Benzinaro” è tormentato da una domanda: chi è stato a scrivere sui muri? Chi è che lavora contro il fascismo senza che lui lo sappia?... […] Come andrà a finire questa faccenda? […]
I giorni sono passati e a Porta Pesa sono ricominciati gli arresti. Mario Santucci, Pietro Goretti, Vittorio Pilini sono i primi. Per Cutrì sono i capi del complotto. […]Dove mai li hanno portati? Rocco Cutrì ha trasportato il suo quartier generale negli uffici distaccati della questura in via Floramonti, una zona appartata, tra la Rocca paolina, e S. Ercolano. Ha con sé uomini fidati come il brigadiere Cianchetta, gli agenti De Lelis e Stefanacchi.
Per primo interroga Mario Santucci. Le accuse sono ormai precisate: scritte contro il fascismo, cena e brindisi per la morte di Bruno Mussolini. Le accuse sono vere, debbono essere vere e lui le farà risultare vere. Possiede poi degli argomenti convincenti…
Chiama lo Stefanacchi e dice: “Portalo nella legnaia e vedrai che si ricorderà e firmerà”.
Le legnaia è un basso locale senza finestre, in fondo al corridoio. Mario Santucci è legato sopra un tavolo e tenuto immobile da due agenti. Gli tolgono scarpe e calze e, con una verga di legno duro, un agente comincia a colpire con tutta la forza sotto la pianta dei piedi. Il dolore è atroce. Cutrì ride e sputa sulla faccia di Santucci. […]
Intanto durante un confronto Santucci ha sussurrato a Goretti: Bisogna che qualcuno riesca a saltare dalla finestra…”.
Poi le torture più feroci si accaniscono contro di lui. Non capisce più nulla, non sa cosa dice e l’idea di farla finita assedia la sua mente.
Dalla cella ode delle grida strazianti; stanno torturando Molinari, un compagno arrestato a Roma. Mario Santucci non resiste più, si alza in piedi e si slancia a testa bassa contro la porta della cella. Al rumore la guardia accorre, apre la porta, viene rovesciata a terra da Santucci che, con la testa sanguinante, si slancia nella stanza degli interrogatori e si getta contro la finestra, verso la morte, verso la salvezza dei compagni. […]
I fascisti sono preoccupati, l’indignazione dilaga apertamente. Da Roma giunge una commissione d’inchiesta.
Cutrì è trasferito.
Gli arrestati vengono tutti scarcerati meno Santucci, Goretti e Pilini inviati per alcuni mesi al confino.
Torneranno nella primavera del 1942 agli amici di Porta Pesa, al lavoro, alla lotta per la libertà.
Mario Santucci, ormai irrimediabilmente condannato dalle torture di Cutrì, morirà due anni dopo la Liberazione di Perugia”.
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