Nel 1965 (o nel ‘66) Walter Cremonte, oggi poeta perugino tra i più raffinati e apprezzati, partecipò, ancora ragazzo, a un concorso di studenti liceali indetto da “Il potere di tutti”, la rivista di Aldo Capitini. Lo scritto presentato risultò il migliore e il nostro amico venne convocato a Villa Lilia, ove Capitini abitava, per ricevere il premio, esclusivamente in libri. Sembra che, dopo gl’inevitabili convenevoli e le calorose congratulazioni, il gran perugino conducesse il ragazzo al balcone e gli mostrasse dall’alto i giardini del Frontone. “Ecco – disse - lì veniva a sedersi Giacomo Leopardi nelle sue soste di meditazione”. “Perché Leopardi?” – mi chiesi al racconto che Walter me ne fece.
Credo di aver trovato una risposta. Forse perché proprio da Leopardi, dallo scandalo e dalla protesta del poeta contro la morte che strappa l’amico all’amico, l’amante all’amante, dal sentimento di universale pietà che ne scaturisce, capace di estendersi dagli esseri umani a un piccolo sgraziato passerotto, si alimentava l’utopia cosmica di Aldo Capitini, la peculiare religiosità che prometteva una perenne comunione tra morti e viventi. Forse proprio per questo il filosofo perugino amava trasmettere ai più giovani la cara immagine del poeta.
Della forte presenza di Leopardi nel pensiero di Aldo Capitini, come anche in una cerchia illustre di suoi amici e sodali fin dagli anni Trenta, ho avuto conferma in occasione della giornata di studio organizzata martedì 4 maggio scorso a Perugia dalla Biblioteca Comunale e dal Fondo Walter Binni, suggestivamente intitolata Ritratto del critico da giovane.
Lo scorso anno, l’impegno congiunto del direttore della Biblioteca, Maurizio Tarantino, e dell’Amministrazione Comunale, ha consentito il recupero e l’uso come sala conferenze dell’antico oratorio di S. Angelo della Pace, a lungo adibito a magazzino. La dedica a Walter Binni, illustre italianista perugino del Novecento, rivelava da subito nei promotori l’intenzione di fare di quel piccolo e prezioso monumento un luogo dedicato al dibattito culturale; intenzione che si manifesta positivamente anche nell'incontro di martedì scorso, primo di un ciclo dedicato a Walter Binni, al suo mondo, ai suoi studi, all’attualizzazione della sua proposta critica.
Il pomeriggio di studio, condotto e animato da Lanfranco Binni, è stato suddiviso in due parti: nella prima l’attenzione si è concentrata sulla “tesina”, di recente pubblicazione, che il ventunenne Walter Binni presentò a Pisa, quale allievo della Normale, a una Commissione presieduta da Attilio Momigliano dal titolo L’ultimo periodo della poesia leopardiana: essa costituisce il nucleo originario della svolta più significativa della critica leopardiana del Novecento, rappresentata da La nuova poetica leopardiana, del 1947. Nella seconda parte è stato presentato il carteggio tra lo scrittore Giuseppe Dessì e Walter Binni, parte di un recente volume di Lettere di amici e lettori allo scrittore sardo.
Le accurate e stimolanti relazioni di Francesca Nencioni e Anna Dolfi, dell’Università di Firenze, di Massimiliano Tortora e di Anna Mario, dell’Università di Perugia, di Walter Cremonte, della rivista “Micropolis”, entreranno nella rete attraverso il sito del Fondo Walter Binni e saranno anche pubblicate a stampa in un apposito quaderno; per l’autunno è prevista la pubblicazione e presentazione del carteggio tra Giuseppe Dessì e Aldo Capitini.
L’incontro ha reso l’idea di un vero e proprio crogiuolo intellettuale che tra Pisa, Firenze e Perugia riscaldava alcune tra le più vivide intelligenze del Novecento spingendole alla ricerca e alla ribellione.
Agli inizi degli anni Trenta da un lato s’imponeva la dittatura intellettuale di Benedetto Croce, della sua Estetica, dall’altro la cappa pesante del fascismo, clericalizzato dal Concordato. Nel 1932 Capitini è ancora segretario-economo della Normale ed è in relazioni strettissime sia con Binni che con Dessì, normalista mancato ma presente nella vita universitaria di quella città. Intorno c’è una cerchia di amici e compagni di studio che mostreranno, nel tempo, qualità straordinarie di uomini e studiosi; tra loro Claudio Varese, Carlo Ludovico Ragghianti, Claudio Baglietto.
Durante le vacanze estive Binni e Capitini si incontrano nella nativa Perugia e dallo studiolo di Capitini Binni prende in prestito il libro dei Canti leopardiani nell’edizione curata da Alfredo Straccali. Essi sono “intimamente e amorosamente annotati”, “minutamente, canto per canto” da Capitini e Binni, più giovane di una decina di anni, che lo considera un maestro, ne assorbe gli stimoli.
Ma la sua lettura segue poi una autonoma strada, che ribalta la lettura “idillica” del Croce. Di Leopardi Binni scopre, con le poesie dell’ultimo periodo, la tempra “virile” e la tensione “eroica” e anche (lo si legge tra le righe del piccolo saggio, ancora inevitabilmente acerbo e scolastico) la dimensione “civile”, quella dell’“onesto e retto conversar” cittadino, dell’etica “repubblicana” della Ginestra, tutte cose che animano il suo istintivo antifascismo. Nel 1933 Aldo Capitini, pubblicamente solidale con Claudio Baglietto - come lui vegetariano e obiettore di coscienza punito con il carcere - viene licenziato da Giovanni Gentile dalla Normale e torna a Perugia. Binni in quello stesso anno sceglie come soggetto del suo colloquio di normalista quello che intanto è diventato il suo “poeta”, il poeta che protesta contro il male e ad esso si ribella. Tale argomento verrà poi ripreso in numerosi libri e corsi universitari.
Di una serie di lezioni su Leopardi tenute da Binni all’Ateneo di Genova, dove era stato chiamato ad insegnare, ha riferito nell’incontro del 4 maggio alla sala Binni, il professor Riccardo Scrivano, venuto a Perugia per rendere omaggio all’antico maestro. Nello stesso anno, il 1947, deputato socialista alla Costituente e in sintonia con il suo amico Capitini, Walter Binni difendeva la scuola pubblica, la “scuola di tutti”. Anche Dessì, a metà degli anni Trenta lascia Pisa. Prima si trasferisce a Firenze e poi inizia la carriera di insegnante e funzionario dell’istruzione pubblica, che lo porta in giro per l’Italia.
La vita ha separato Aldo Capitini, Walter Binni, Giuseppe Dessì ma l’amicizia tra loro resta perenne, testimoniata anche dalla corrispondenza fino agli anni Sessanta, dove fa spesso capolino la figura di Giacomo Leopardi: la sua poesia e il suo pensiero, il radicalismo intransigente che gli studi di Walter Binni avevano restituito ad una lettura più rigorosa e moderna. In una lettera di Giuseppe Dessì si potrà perfino leggere: “… eravamo in tre, tu, Leopardi ed io”.
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