5.5.10

Babbei ed altro.


La faccio facile e la dico semplice. Dicono amici e compagni che nell’affare Scajola hanno toccato il vertice della protervia. Dicono: quest’uomo che ci racconta di un grande appartamento con vista Colosseo acquistato a “soli” 610 mila euro, che ci dice ‘se altri hanno pagato la differenza, io non ne so niente’, considera gli italiani una massa di babbei, mostra di disprezzare i suoi concittadini. Io ho qualche dubbio. Non credo – per esempio – che Letta o Tremonti, in un caso analogo, avrebbero raccontato una storiella così improbabile (“forse era vero, ma non però credibile” – recita un aureo verso dell’Ariosto).

Io ho un’altra idea, basata sui precedenti. Questo Scajola una volta dichiarò alla stampa che il Biagi minacciato e poi ucciso dalle Br, il quale da vivo gli chiedeva la scorta, “era un rompiscatole”. Il babbeo è lui. Il problema politico, in questo caso, non è dunque la protervia del potere, ma la qualità dei gruppi dirigenti berlusconici e le modalità di selezione di ministri, sottosegretari e onorevoli. Se i criteri di scelta sono la fedeltà e la capacità di relazione, la probabilità di avere ministri e deputati babbei relazionali cresce a dismisura.

E per alcune ed alcuni di loro l’impressione di dabbenaggine è immediata ed evidente: prendi quel giovinotto agrigentino che legge alati discorsi sulla giustizia o quella neoministra che promuove i promotori.

Io distinguerei in ogni caso dai babbei certi ex fascisti (ma sono ex davvero?), come quel ministro manesco con gli occhi spiritati o quel capogruppo dallo sguardo ebete che andava a spasso tra i trans. Emanano un odore così sgradevole che li colloca inequivocabilmente in un’altra categoria.

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