2.1.12

Spread. Le parole come armi (di Alessandra Daniele)

Ho trovato su “Carmilla”, un sito letterario che si definisce “di opposizione” (http://www.carmillaonline.com/ ), l'articolo sulle parole come armi.
Aggiungo domande, di quelle ricorrenti anche su altri temi, che riguardano la discutibile conclusione (discutibile non è parola limitativa, indiscutibili sono i dogmi per i gonzi che ci credono).
Si possono usare le armi inventate dal nemico, le sue strategie, le sue tattiche senza diventare come il nemico?
Nello specifico: le parole che non aiutano a capire, che si piantano in testa, che non aiutano a capire, sono da usare o da distruggere da parte di chi si oppone?
A tali e consimili interrogativi io non so dare risposte nette e, pertanto, li lascio qui, a disposizione degli amici del dubbio. (S.L.L.)
Severus Spread
di Alessandra Daniele

Sotto capodanno, mentre noi cialtroni lottavamo per digerire lo zampone di neoprene, lo spumante di cebion, e i parenti di merda, su FriendFeed, per iniziativa di Leonardo, l'ultima legione lottava per salvare l'idioma italico dall'invasione dei barbari scaracchio-sassoni, sfoderando decine di corrispettivi italiani della parola spread. Che naturalmente continuerà a non essere tradotta, perché è una di quelle parole che funzionano, tipo kamikaze, o tzunami. Parole taglienti e minacciose, che si piantano in testa come schegge di metallo. Ai media servono così. Ogni prima pagina, come ogni apertura di Tg, è una granata a frammentazione, una bomba a grappolo di queste parole: racket, blitz, virus, raid, default, serial killer, burka, black bloc.
Non è esterofilia (alcune sono latine) né pigrizia, è mestiere. Titolare ''il differenziale fra i buoni del tesoro decennali italiani e quelli tedeschi è aumentato di trenta punti'' è soporifero, evoca l'immagine di grigi mezzemaniche che smanettano su calcolatrici a fosfori verdi. Yawn.
Titolare lo spread sfonda quota 500 funziona, dà l'idea di un enorme missile fallico che sfreccia in una scia di fuoco puntando verso l'Italia, per ridurla a una voragine fumante. Panico!
Spread è una parola magica, e ormai agli italiani fa più o meno l'effetto del potteriano ''Crucio'', l'incantesimo della tortura. E funziona anche meglio se associata ad altre in una formula: spread e default sono perfette in sequenza come rumori da fumetto: spread è la sciabolata mortale, default è il tonfo del cadavere. Spread in salita, rischio default non è un titolo, è una formula, e quindi non può e non deve essere tradotta, o perde il suo effetto.
Per i media (e chi li controlla) le parole sono armi. Devono colpire il bersaglio, e fare più danni possibile. L'idioma d'origine non ha nessuna importanza, la questione non è linguistica, è balistica. I termini si scelgono in base all'efficacia del suono, come i comandi usati per l'addestramento dei cani, sitz, plat, spread.
Al suono della parola spread, l'italiano medio ha finalmente azzannato il Culo Flaccido che gli stava seduto sulla faccia da un ventennio.
Al suono della parola default però, l'italiano medio ci ha consegnati a un governo di Repo-Men, di esattori re-possessori disposti, come quelli del film omonimo, a squartarci per recuperare gli organi. E milioni di lavoratori si lasceranno Marchionnare a fuoco come bestiame da soma, e/o da macello.
Quanti corrispettivi italiani ha la parola default? In questo caso sarebbe adatto “perdere per abbandono”. È imperdonabile non tradurre un termine che ha decine di possibili corrispettivi validi? Usare le parole come armi è uno degli “Incantesimi Senza Perdono”. Possiamo impararli. O perdere per abbandono.

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