6.2.12

A colpi di rasoio. Il suicidio di Emilio Salgari (dalle cronache del tempo)

Sono note a molti le lettere di addio alla vita che Emilio Salgari lasciò quando decise il suicidio. Un atto d’accusa contro un’editoria che aveva sfruttato la sua creatività e la sua fatica lasciandolo in povertà: « A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna». Una dichiarazione di resa indirizzata ai propri figli : «Sono un vinto: non vi lascio che 150 lire, più un credito di altre 600 che incasserete dalla signora...». Sulle circostanze della sua morte riprendo qui le cronache pubblicate da “La Stampa” di Torino senza firma nei due giorni successivi alla morte il 26 e 27 aprile del 1911. (S.L.L.)  
Emilio Salgari si è ucciso a colpi di rasoio
Un fonogramma da Valle San Martino annunciava ieri sera alla nostra Questura che era stato trovato in un bosco sperduto sulle più alte colline il cadavere di un uomo sulla cinquantina. Non si sapeva ancora con precisione la causa della morte, ma tutto faceva ritenere che si trattasse di un suicidio. Partiva subito per il luogo, dove la lugubre scoperta era stata fatta, il delegato Pappalardo con alcuni agenti. Il funzionario dovette molto faticare prima di trovare il luogo dove giacevo il cadavere. Finalmente, nella parte più elevata delle colline di Valle San Martino, in un fittissimo bosco, di proprietà Rey, presso la strada del Lauro, gli fu indicato un burrone, dove dai contadini del luogo si diceva con terrore che ci fosse un morto.
Infatti, in un crepaccio, che si apriva nel bosco come una nicchia funeraria, il delegato scoperse in mezzo ad una patina di sangue raggrumato che ricopriva il terreno roccioso, il cadavere di un uomo orribilmente squarciato da larghe ferite. Prima cura del funzionario fu di perquisire le tasche del morto, per identificarlo; e gli fu dato di trovare la ricevuta di un pacco di manoscritti inviato alla Casa editrice Bemporad, di Firenze, e firmato Cav. Salgari. Non v'era dunque dubbio alcuno: si trattava del cav. Emilio Salgari, il notissimo e popolare scrittore di avventure e di viaggi!

Il cadavere nel bosco
In quel recesso nascosto, nel fitto d'un bosco solitario e abbandonato, che il crepuscolo vicino già riempiva di chiaroscuri e di mistero, quel cadavere straziato, sul quale le larghe chiazze sanguigne accusavano la morte recente, incuteva terrore! Il funzionario, tuttavia, iniziò le più accurate indagini e seppe come era avvenuta la triste scoperta, riuscendo a stabilire press'a poco l'ora in cui la morte doveva essere avvenuta. Gli stessi particolari abbiamo appreso noi nelle ricerche fatte, non appena fummo a conoscenza della tragica notizia. Poco dopo le 18, mentre il sole al tramonto proiettava sulle alture di Valle San Martino i suoi ultimi raggi d'oro, la lavandaia Luigia Quirico, d'anni 26, abitante in corso Casale, N. 127, raccoglieva legna nel bosco Rey, nella località già accennata, quando, in un punto ove improvvisamente gli alberi e i cespugli si interrompono per dar luogo al piccolo crepaccio roccioso, vide steso al suolo, in una positura quasi impossibile, il cadavere d'un signore attempato, vestito di grigio, ch'essa riconobbe subito per quello del cav. Salgari. Atterrita a quella vista, essa non osò avvicinarsi; ma corse a dare notizia alla più vicina frazione, dalla quale fu poi telefonato alla Questura.

Come avvenne il suicidio
Il morto era sdraiato sul fianco sinistro, ed era completamente vestito, senza disordine nell'abbigliamento, salvo i punti ove apparivano le ferite: al collo e all'addome. Il colletto e l'apertura superiore della camicia erano lacerati, il gilet, completamente sbottonato, lasciava vedere il ventre, dal quale uscivano gli intestini. Il cappello, il bastone e la cravatta si trovavano al suolo, su un ciuffo d'erba, pochi passi discosto. Nella mano destra il morto stringeva un rasoio affilatissimo, ancora macchiato di sangue. Nelle tasche dello scrittore erano cinque o sei lire d'argento e null'altro: nessuna lettera, nessun documento, che potesse gettare il minimo sprazzo di luce sulla tragica avventura. Quando giunse sul posto dall'Ufficio civico d'igiene il dottor Borione, si poterono stabilire con esattezza le cause della morte. L'infelice, dieci ore innanzi, e precisamente nella mattinata, era salito lassù, in quell'angolo di bosco remoto e tranquillo, che era un luogo a lui particolarmente caro, ove soleva sovente appartarsi per meditare indisturbato i suoi racconti fantastici ; si era sdraiato al suolo e aveva compito subito, con furia pazzesca, l'orribile delitto contro se stesso... Adoperando il rasoio con estrema violenza, — accresciute le forze dal terribile stato d'esaltazione in cui doveva trovarsi, — Salgari si colpì ripetutamente prima al ventre, poi al collo, segandosi le vene.
La morte dovette essere quasi istantanea, per emorragia. Malgrado le raccapriccianti ferite, i lineamenti del morto, nella luce azzurrognola del crepuscolo, si distinguevano ancora, Salgari era un uomo piuttosto piccolo di statura, tozzo della persona, dai folti baffi brizzolati, e dalla capellatura grigia, completa. Sul volto rotondo, pallido, già segnato di rughe, si leggevano i segni di sofferenze e di stenti passati. Negli occhi piccoli, che usava tenere semi-chiusi, dopo una grave malattia che lo aveva minacciato della cecità, brillava sovente un lampo d'arguzia. Il funzionario, pur nella oscurità che ormai giaceva su tutta la collina, fece rimuovere il cadavere, e, dopo le necessarie formalità, lo fece trasportare nella camera mortuaria degli Istituti del Valentino.

Le cause
Sulle cause della drammatica fine, che ha troncato repentinamente l'esistenza, non ancora consunta dagli anni, d'un geniale e fantasioso scrittore, non si può ancor pronunciare con sicurezza una parola precisa. Questo, ad ogni modo, pare accertato: che qualche giorno fa la moglie dello sciagurato Salgari, la quale abitava con lui e coi figliuoli in una villetta in forma di piccolo castello sulla strada di Casale, N. 205, era stata rinchiusa per demenza nel Manicomio di Torino. Forse il dolore di aver così perduto la compagna della vita, fece dar di volta al cervello dell'infelice novelliere, già travagliatissimo per tristi vicende passate, ed ora indebolito per l'abitudine dell'alcool, al quale ultimamente erasi dato.
Salgari abitava da parecchi anni in quella villa, poco oltre la Madonna del Pilone, dove si era rifugiato, dopo un lungo peregrinare e dove conduceva una esistenza ritiratissima, colla sua famiglia, vivendo di quanto gli fruttavano i racconti, che continuamente scriveva per la Casa Bemporad di Firenze.
 

3 commenti:

Anonimo ha detto...

brutta fine

Gaetano Navarra ha detto...

Solo chi vive questo dramma umano può capire. Gli altri infine cadono sempre dalle nuvole, fingendo di non capire, di non sapere...su di loro la maledizione del non detto, del non fatto, per mancanza di amore sincero verso chi aveva iniziato a morire molto tempo prima, senza che nessuno se ne avvedesse e, se se ne avvide, nulla fece per incapacità di amare.

ale ha detto...

veramente perfetto

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