Molti pensano che Ali Babà e i quaranta ladroni sia una delle fiabe delle Mille e una notte. La cosa è insieme vera e non vera. Il racconto, infatti, lo si ritrova in varie edizioni delle Mille e una notte ridotte ad uso dei ragazzi e fa parte della prima edizione europea della grande raccolta narrativa islamica (araba come lingua, ma anche persiana e indiana come origine). Ma quella edizione in francese curata dal Galland, risalente all'inizio del Settecento, è in realtà una limitata selezione (circa 350 notti su 1001) e dei racconti offre una versione rimaneggiata.
Invece nelle edizioni arabe delle Mille e una notte di Ali Babà non c'è traccia, come non c'è traccia di un'altra grande storia, quella di Aladino e della sua portentosa lampada. L'una e l'altra narrazione nel mondo arabo sono certamente inseribili nel clima culturale e ideologico delle Mille e una notte, ma hanno tradizioni autonome dalla raccolta.
Per diverso tempo si era pensato addirittura ad una invenzione (felice) di Galland, poi nel 1888 fu ritrovato il testo arabo di Aladino e nel 1908 l'arabista statunitense Macdonald, reduce da un viaggio in Egitto, Siria e Costantinopoli, scoprì nella Biblioteca Bodleiana di Oxford, il primo manoscritto arabo su Alì Babà.
Il racconto del manoscritto ha molti punti di contatto con la novella riportata dal Galland, che era forse frutto di interpolazioni tra un testo scritto e tradizioni orali, ma c'è anche qualche differenza. Per esempio il ruolo speciale e, per la narrativa araba, eccezionale che assumono nel racconto le donne, in particolare la schiava Margiana, geniale e volitiva.
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