Mario Manieri Elia |
La morte di Mario Manieri Elia riporta alla memoria alcuni momenti cruciali del dibattito tra gli architetti italiani.
Non posso lasciarli sotto silenzio senza favorire la tendenza (particolarmente diffusa oggi non solo tra gli architetti) a depurare di ogni elemento creativo e conflittuale il pensiero specialistico. Allora si concepiva il lavoro dell'architetto come indissolubilmente connesso all'urbanistica e alla storia. Il movimento moderno in architettura voleva far saltare l'agnosticismo morale della professione ottocentesca.
Ricordo ancora il mio primo incontro con Manieri Elia, da studente iscritto, nel 1960-61, al primo anno alla Facoltà di Architettura. Dopo aver ascoltato una sua conferenza gli domandai (e l'Avanti! ci fece il titolo...) se non fosse vero che l'urbanista non potesse non essere socialista. Ne parlo perché dà il clima di quegli anni, in cui maturava il centrosinistra, e sembrava che il fulcro del progetto riformista dovesse essere una nuova legge per il governo del territorio, asse della programmazione (Sullo e Pieraccini ci hanno provato invano). E per confrontarlo col clima presente, dove (in Italia, non in tutta l'Europa) sembra acquisita la rinuncia a ogni rapporto dei poteri pubblici con i costruttori che non sia di dipendenza passiva.
È significativo che nell'ultimo libro pubblicato in vita di Manieri Elia, I vissuti dell'architettura, cinque diadi di protagonisti a confronto - che comincia con la coppia mitica Dedalo-Prometeo - l'età contemporanea sia rappresentata dall'opposizione tra Rem Koolhaaas (il massimo del realismo, anche a prezzo della rinuncia preventiva ad ogni opposizione al potere) e Manfredo Tafuri. Tafuri sta pagando un oblio troppo rapido per non doversi concludere con la sua riscoperta, ma la commozione che mi prende per l'ultimo omaggio che Manieri Elia gli ha reso, riservandogli il posto della coscienza critica e dell'opposizione del nostro tempo (con uno schizzo del volto barbuto di Manfredo che campeggia in copertina), dipende dalla capacità che ha così dimostrato di passare sopra allo scontro che proprio con Tafuri aveva avuto a proposito di William Morris. Manieri Elia, oltre che della "città americana" e di Henry Sullivan, è stato sicuramente il massimo specialista di William Morris (Architettura e socialismo, William Morris e l'ideologia dell'architettura moderna, Opere di William Morris). La polemica di Tafuri contro Manieri Elia colpiva senza indulgenza, come manifestazione di romanticismo acritico, ascientifico e sentimentale, l'idea stessa di una possibile derivazione della modernità dal socialismo utopico e dall'artigianato di qualità morrisiano. I recenti saggi di Richard Sennet, la moderna questione del "bene comune" pongono la questione forse in una luce diversa, dove sperimentalità e sapienza del fare appaiono estranei, più che all'Ottocento, agli idola fori del marxismo degli anni Settanta troppo legati alla società di massa.
Il secondo motivo per cui è necessario ricordare Mario Manieri Elia è il ruolo di protagonista che ha avuto negli sviluppi del progetto Fori, pilastro centrale dell'idea per Roma di Luigi Petroselli, successivi alla morte del Sindaco. Manieri Elia ha avuto la pazienza e la capacità di ascolto per mediare in quella colossale battaglia nel campo di Agramante scoppiata tra archeologi e architetti a proposito della cancellazione di via dei Fori Imperiali. Già nel 1981 aveva osservato, in un libretto per l'Electa, che la cancellazione fisica di via dei Fori non era la parte essenziale di un'idea che trovava il suo significato più profondo nell'affermazione della centralità per Roma non del traffico ma della cultura, su un'area che si estendeva dal Campidoglio all'Appia Antica allo stesso territorio dei Castelli. Negli ultimi tempi, in parallelo al Master Storia e Progetto che conduceva per l'Università di Roma Tre, Manieri Elia dedicava grande attenzione a raffinate questioni teoriche della mentalità progettuale, in una serie di volumi Topos e Progetto pubblicati da Gangemi, di cui sono usciti quelli intitolati Il vuoto e L'attesa, mentre è imminente la pubblicazione - ormai postuma - de L'ascolto.
Mario Manieri Elia faceva infine parte del gruppo capeggiato da Francesco Cellini (assieme al sottoscritto, Alessandra Macchioni, Vanessa Squadroni, Maria Margarita Segarra Lagunes, Giovanni Manieri Elia, Dieter Mertens, Carlo Gasparrini, Elisabeth Keven, José Tito Rojo, Giovanni Longobardi, Renzo Candidi, Andrea Mandara) vincitore del Concorso internazionale per la riqualificazione di Largo Augusto Imperatore - il cui inizio dei lavori si attende ormai da cinque anni, ed è stato recentemente nuovamente riannunciato.
Renato Nicolini
“il manifesto” 11.8.2011
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