Giovannino Guareschi |
Portai il mio primo
articoletto al quotidiano del pomeriggio che mi aveva invitato a
collaborare. Era un pezzettino scritto col miglior garbo possibile,
che m'era costato molta fatica, e lo presentai sicuro di me al
redattore capo del giornale.
«Debole», disse il
redattore capo restituendomi il foglio. «Così non può andare.
Cerca di renderlo più interessante, più movimentato».
Rimasi un po’ male, a
ogni modo promisi che me lo sarei riguardato attentamente.
Onestamente però non potevo assicurargli che sarei riuscito a
movimentarlo molto.
«È un pezzo piuttosto
di colore», conclusi. «Risulta un po’ difficile movimentare i
pezzi di colore».
«E chi ti parla del
pezzo? », replicò il redattore capo. «Il pezzo non mi interessa,
non l’ho neanche letto. Mi interessa il titolo e io parlo appunto e
solo del titolo».
Si trattava di un
pezzettino d’attualità per quei giorni: parlava di un bambino che
si rigira nel suo letto aspettando con impazienza il mattino per
correre a vedere cosa gli ha portato la Befana. E perciò avevo
trovato naturale intitolarlo: La calza sotto il camino.
Effettivamente era un po’
debole e io rinforzai il concetto: Stanotte Gigetto non dorme.
«Meglio», disse il
redattore capo. «Però non ci siamo ancora : cerca di interessare il
lettore. Stuzzica la sua curiosità».
In questi casi
l’interrogativo è quello che ci vuole; perciò modificai con
facilità il titolo: Perché Gigetto non dorme stanotte?
«Bene», approvò il
redattore capo. Ma poi ci ripensò e scosse il capo. Mettendo
Gigetto, la gente avrebbe capito subito che si trattava di una
cosetta leggera. Occorreva rimanere più sul vago e sul misterioso.
Ammantai il titolo di
mistero: Qualcuno non dorme, stanotte.
«Puzza di letterario»,
disse il redattore capo. «Cambia stile, fa qualcosa di più
cronistico, di più moderno. Sfogliati la raccolta, cerca di
adeguarti allo stile del giornale».
Sfogliai la raccolta,
cercai di adeguarmi, ed ecco tre nuovi titoli: Dormire e no. -
Dan, dan, dan, già le tre, ma lui duro! - E aspetta
aspetta, non arriva mai questa porca mattina.
Il redattore capo disse
che la gente ama le cose forti: il fatto bisogna sempre «montarlo»,
non presentarlo come uno scherzo. Drammatizzare, non ironizzare.
Drammatizzai e ottenni
cinque titoli interessanti: Cosa succede nell’altra stanza?
- Passi si udranno nel buio? - Chi è la vecchia misteriosa
che va in giro di notte? - Vecchia di notte. - Notturno
con vecchia.
«Ci siamo», esclamò il
redattore capo. «Punta tutto sulla vecchia: le vecchie rendono
moltissimo, in cronaca. Le vecchie interessano sempre».
Si mise egli stesso al
lavoro, e alla fine, mi lesse il risultato: Una vecchia urla nella
notte. - 777, attenzione! Vecchia che urla in via Pacini.
- Accorrete, sgozzano la vecchia del quinto piano! - Aiuto!
Sbudellano la vecchia e il sangue scorre per le scale rosso e fumante
come vino brulé!
Stabilì che l’ultimo
era il migliore e mi chiese se mi piacesse.
«Molto», risposi. «Però
nel mio pezzo non si parla di delitti, si parla di un bambino che si
rigira nel letto aspettando la Befana».
«Benissimo», esclamò
il redattore capo. «Il bambino veglia nella notte aspettando la
Befana, ed ecco che ad un tratto ode un grido: nella casa vicina
hanno sgozzato una vecchia e lui allora crede che si tratti della
vecchia Befana e piange disperatamente col viso affondato nel
cuscino. Lo modifichi in due minuti, il pezzo, e ottieni anche un
finale commovente».
«E la vecchia sgozzata?
Vuoi inventare un delitto?».
«Ma che inventare! Tu
non precisare località: figurati se stanotte in tutta Milano non
sgozzano una vecchia».
Effettivamente, quella
notte, una vecchia fu sgozzata e magari ci fu effettivamente qualche
Gigino che udì il grido e pensò che avessero assassinato la Befana.
Ma questo sistema della
cronaca preventiva non mi va giù: ai miei tempi prima si lasciava
che accadesse il fatto e poi lo si raccontava, e non si permetteva
che, per amor di un bel titolo, si sgozzassero le vecchie signore.
Da Lo Zibaldino.
Storie assortite vecchie e nuove,
Rizzoli 1948
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