Forse a qualcuno di voi
sarà capitato di trovare, in un cesto gastronomico natalizio da
gourmet, dei pacchi di pasta prodotta con un grano duro dal nome
curioso: Senatore Cappelli. Sappiate che avete tra le mani la
testimonianza del lavoro di uno dei più grandi genetisti agrari che
il nostro paese abbia mai avuto, Nazareno Strampelli, e che purtroppo
ancora in pochi, in Italia e nel mondo, conoscono.
Nazareno Strampelli |
Nato il 29 maggio 1866 a
Crispiero, frazione del comune di Castelraimondo, in provincia di
Macerata, e laureatosi in agraria a Pisa, cominciò agli inizi del
‘900, senza conoscere le scoperte di Mendel, a studiare il frumento
con l’obiettivo di migliorarne sia la qualità sia la produttività.
Strampelli si concentrò
soprattutto sul miglioramento genetico del grano tenero attraverso
incroci (“ibridismo”) con semi provenienti da ogni parte del
mondo, contrariamente all’opinione dei suoi oppositori, come
Francesco Todaro, che sostenevano il “selezionismo” suggerendo
invece una lenta selezione dei frumenti autoctoni scegliendo di volta
in volta le piante migliori per le caratteristiche desiderate. Todaro
considerava l’apparizione degli ibridi una “moda” destinata a
passare. La storia gli avrebbe dato torto.
Sin dalla metà del XIX
secolo il grano Rieti Originario, coltivato da tempo immemorabile nel
capoluogo sabino, era molto apprezzato in tutta Italia, tanto che nel
1879 veniva venduto a 50 lire il quintale contro le 24-32 lire degli
altri grani. Tutti in Italia lo volevano seminare. Scriveva il
Comizio agrario di Cremona: “…S’è visto infatti che gli stessi
appezzamenti di terreno seminati parte a grano rietino, e parte a
grano nostrano somministrano prodotti per qualità e quantità
differentissimi, avendo i primi superato sotto ogni rapporto, di gran
lunga questi ultimi…”.
Era talmente desiderato
che la produzione non riusciva a soddisfare tutte le richieste, e
molte erano le frodi in commercio, con altri grani meno pregiati
spacciati per Rieti.
Il Rieti ha il grosso
pregio di resistere ad una malattia, la ruggine, ma ha il difetto di
essere soggetto all’ “allettamento”, cioè al ripiegamento fino
a terra della pianta a seguito di vento o pioggia.
Strampelli, che nel 1903
vinse la “Cattedra ambulante di agricoltura” a Rieti, era molto
incuriosito dalle qualità del Rieti: “Naturalmente, trovandomi a
Rieti, i miei lavori dovevano cominciare dal frumento Rieti il quale,
coltivato da tempo immemorabile in quella vallata fredda in inverno,
calda-umida in estate, in ambiente estremamente favorevole allo
sviluppo delle ruggini, è andato selezionandosi attraverso i secoli,
acquistando rusticità e divenendo assai resistente agli attacchi dei
detti parassiti”.
Scriveva al ministro
dell’agricoltura: "Eccellenza, le buone qualità del grano da
seme di Rieti son dovute esclusivamente alle speciali condizioni del
clima e di questo suolo l’uomo non ha fatto mai nulla per cercare
di aumentarne i pregi mentre con accurata selezione fisiologica e
metodica si potrebbe arrivare a fare del grano di Rieti il migliore
dei frumenti da seme con grande vantaggio di tutta la granicoltura
nazionale."
In uno scritto del 1932
Strampelli spiega che il metodo “selezionista” in voga all’epoca
fosse inutile su grani, come il Rieti, le cui caratteristiche
genetiche forgiate dall’ambiente e dal clima erano rimaste immutate
per secoli. Volendo inserire delle nuove caratteristiche era
necessario “prenderle” da altre varietà (Strampelli sarebbe
sicuramente stato entusiasta delle moderne tecniche biotecnologiche
che permettono di inserire geni provenienti da varietà e specie
diverse per donare le caratteristiche volute).
Ecco allora che
Strampelli inizia a raccogliere grani dai quattro angoli del globo -
ne collezionò più di 250 - per cercare di inserire delle nuove
caratteristiche nel Rieti tramite incroci.
Strampelli aveva già
effettuato degli incroci, per fecondazione artificiale, a Camerino,
come descrive lui stesso: “A Camerino, sin dal 1900, praticai
l’ibridazione del frumento Noè con il Rieti. Mi prefiggevo di
ottenere un frumento resistente contemporaneamente all’allettamento
ed alla ruggine, per avere una varietà adatta ai terreni del
Camerinese […] ove per elevata fertilità il Rieti corica sempre,
ed il Noè, che non corica, a causa delle abbondanti nebbie, è
fortemente danneggiato dalla ruggine”.
Uno dei primi grandi
successi di Strampelli fu il grano Ardito, ottenuto incrociando il
Rieti Originario, che resisteva alla ruggine nera, con il Wilhelmina
Tarwe, varietà olandese ad alta produttività, e successivamente
incrociando il risultato con l’Akakomugi, un frumento giapponese di
scarsa importanza agronomica ma caratterizzato dalla taglia bassa e
maturazione precoce. A sua volta il Wilhelmina era un incrocio tra
una varietà locale olandese (Zeeuwse Witte) e una inglese
(Squarehead).
L’Ardito maturava 15-20
giorni prima del Rieti, era alto 80-100 cm, resisteva al freddo e
alla ruggine, ed era molto produttivo. Fu grazie all’Ardito e agli
altri grani di Strampelli che il regime fascista, in quella che venne
chiamata retoricamente “la battaglia del grano”, riuscì ad
aumentare la produzione italiana di frumento dai 44 milioni di
quintali prodotti in Italia nel 1922 agli 80 milioni di quintali del
1933, senza quasi aumentare la superficie coltivata.
Solamente grazie agli
sviluppo della biologia molecolare è stato possibile identificare i
geni responsabili delle caratteristiche introdotte da Strampelli in
quasi tutti i suoi grani a partire dall’Ardito. Il primo gene
(chiamato Rht8) è responsabile della taglia ridotta del fusto delle
piante di grano, caratteristica che le aiuta a non piegarsi sino a
terra per effetto del vento. Il secondo gene (Pdp-D1), ingannando in
qualche modo l’orologio “interno” della pianta, le permette di
venire a maturazione prima, rendendola insensibile al fotoperiodo
(alterando cioè la capacità della pianta di reagire alle variazioni
di luminosità dovute al susseguirsi dei mesi). Questi due geni erano
presenti nell’Akakomugi e grazie a Strampelli si diffusero in quasi
tutti i grani d’Italia e in molti altri d’Europa e del mondo.
Strampelli effettuò e
descrisse l’incrocio di più di ottocento frumenti, molti dei quali
utilizzando il “Rieti originario” come “padre” o “madre”.
Una conseguenza
inaspettata dell’introduzione dei grani di Strampelli fu la
riduzione del rischio, per i contadini, di contrarre la malaria. In
precedenza nelle zone paludose ancora infestate dalla malaria il
grano giungeva a maturazione nel picco di diffusione delle zanzare
malariche. Potendo anticipare la mietitura i contadini migliorarono
anche le loro condizioni sanitarie schivando le zanzare.
Nel 1907 il deputato del Regno Raffaele Cappelli, permise a Strampelli di effettuare delle semine sperimentali su dei campi di sua proprietà vicino a Foggia, essendo lui stesso interessato all’agricoltura. Come già aveva fatto per il grano tenero, Strampelli selezionò e incrociò sia grani duri autoctoni del sud d’Italia e delle isole sia provenienti da altri paesi del mediterraneo. Nel 1915 selezionò una varietà autunnale con buone qualità di adattabilità e adatta alla pastificazione, ottenuto della varietà locale tunisina Jeanh Rhetifah. È il grano che nel 1923 verrà rilasciato omaggiando con il nome Raffaele Cappelli, nel frattempo divenuto senatore. Strampelli rilascia altre varietà di grano duro come il Milazzo e il Tripolino, ma è il Senatore Cappelli che diventa un successo tra gli agricoltori italiani, nonostante fosse alto e suscettibile all’allettamento. Era infatti molto più produttivo dei grani duri utilizzati in precedenza. Le rese passarono dalle 0,9 tonnellate per ettaro del 1920 a 1,2 della fine degli anni ’30.
Grano Senatore Cappelli |
L’oblio di molti
grani locali
Il Senatore Cappelli
sostituì molti grani duri autoctoni sino a raggiungere, nei decenni
successivi, un’estensione pari al 60 per cento della superfice
italiana coltivata a grano duro. La stessa sorte era toccata a molte
varietà di frumento tenero spazzate via dall’arrivo dei semi di
Strampelli, che presto coprirono più dell’80% della produzione
italiana. Per questo motivo sino all’inizio della “battaglia del
grano”, nel 1925, i frumenti ad alta resa (per l’epoca) di
Strampelli in alcune zone d’Italia furono visti con molto sospetto
se non con aperta ostilità perché contrastavano con l’uso
tradizionale dei grani locali.
Scrive Gian Tommaso
Scarascia Mugnozza: «Fino agli anni ’20, "conservatorismo"
e "localismo", atteggiamenti politici per la difesa della
qualità della tradizione tipica delle varietà di frumento locale,
si opposero all’ introduzione delle varietà di Strampelli e
all'applicazione delle scoperte della genetica».
Questo accadeva
nonostante la situazione critica dell’economia italiana fosse
gravata dal peso dell’importazione di 2.5 milioni di tonnellate di
grano ogni anno. Sembra che le cose non siano cambiate a un secolo di
distanza, per quanto riguarda l’ingegneria genetica come metodo
avanzato per produrre nuove varietà vegetali.
Strampelli, che arrivò a
Rieti con l’obiettivo di migliorare quel grano, ne decretò
l’oblio, proprio grazie al successo dei suoi incroci. Scrive
Roberto Lorenzetti nel suo volume “La scienza del grano”:«Negli
anni ’20 le varietà di frumento basse e precoci di N. Strampelli
furono molto contrastate, tanto che la loro coltivazione venne
bandita dai soci dell’“Unione produttori Grano da Seme” fondata
dallo stesso Strampelli nel 1906. E la stampa locale nel 1924 si
affrettò a tessere il panegirico della vecchia varietà Rieti,
affermando che “Il Rieti originario è il più ambito grano da seme
e, nonostante le novità di questi ultimi anni, resta e resterà
sempre vittorioso per la sua resistenza alla ruggine”».
I nipoti dei grani
di Strampelli
Negli anni ’60 a loro
volta le varietà di Strampelli furono sostituite da altre più
produttive ottenute però, quasi sempre, da mutazioni o da incroci a
partire dalle varietà del genetista di Castelraimondo, primo fra
tutti il famoso grano Creso ottenuto irradiando con radiazioni
nucleari il Cappelli di cui abbiamo parlato tempo fa.
Strampelli non si
arricchì mai con i suoi frumenti, scegliendo di non richiedere
royalties per lo sfruttamento commerciale dei semi da lui
distribuiti. Purtroppo è ancora scarsamente conosciuto, sia in
Italia che all’estero, perché malauguratamente la prolificità
nell’ottenere nuovi incroci andò invece di pari passo con la
scarsità di pubblicazioni scientifiche che il genetista decise di
scrivere, quasi che tutto il tempo a sua disposizione dovesse essere
impiegato nel lavoro nei campi e in laboratorio e non allo scrittoio.
I grani erano le sue “pubblicazioni”. La conseguenza però fu che
nel giro di pochi decenni dalla sua morte avvenuta nel 1942, complice
forse anche il suo coinvolgimento con il partito fascista, a cui si
iscrisse nel 1925 (venne nominato senatore nel 1929), l’Italia e il
mondo si dimenticarono di Strampelli.
Strampelli fu senza
dubbio un precursore dell’agronomo Norman Borlaug, l’artefice
della rivoluzione verde e premio Nobel per la pace nel 1970, ignaro
dell’operato dell’italiano. Come ci ricorda Sergio Salvi, nel suo
libro Viaggio nella Genetica di Nazareno Strampelli, una
lapide all’esterno della casa di Strampelli a Crispiero reca la
scritta “dove cresceva una spiga di grano ne fece crescere due”.
È curioso che il grano
Cappelli, ora diventato un simbolo della “pasta da gourmet”,
fosse una volta il comune grano della pasta di tutti i giorni, e che
venga da alcuni considerato “autoctono” quando in realtà è una
varietà tunisina. Per non parlare degli altri grani di Strampelli
che tutto sono fuorché “autoctoni”. Scorre sangue (pardon, DNA)
straniero nei grani d’Italia. La tradizione è solo una innovazione
riuscita, e a quasi un secolo dalla sua creazione è ironico che ora
sia proprio il Senatore Cappelli ad essere considerato “tradizionale”
e si cerchi di ridiffonderlo dopo che varietà più produttive, anche
se non sempre di migliore qualità, lo hanno sostituito quasi
totalmente.
Nonostante il grande
successo del Cappelli, Strampelli non gli attribuì mai troppa
importanza. È possibile che per il genetista quel grano tunisino,
non ancora “ibridato” con altre varietà, fosse solo il primo
passo per ottenere dei frumenti duri di qualità ancora migliore e
con proprietà desiderate, ad esempio la taglia bassa, esattamente
come aveva fatto per il frumento tenero. Fu solo con l’uso delle
mutazioni indotte dalle radiazioni che la taglia bassa venne
introdotta nei “nipoti” del senatore Cappelli che quindi lo
sostituirono nei campi italiani.
La prossima volta che
gustate una pasta Senatore Cappelli ricordatevi di Strampelli, lo
scienziato che con la genetica ha migliorato una coltura tradizionale
italiana.
Le Scienze blog 22 marzo
2010
Nessun commento:
Posta un commento