«È tempo, in questo
tempo, che la Donna, l’altra metà dello stesso pensiero, l’altra
stanza nel cuore della vita, prenda il suo turno e inizi a pulsare
appieno; e si migliorerà la vita delle nostre figlie femmine, cosa
che sarà di massimo aiuto perché migliorino e mutino anche i nostri
giovani figli maschi».
La targa a Margaret Fuller collocata al Gianicolo nel 2010 |
19 luglio 1850.
Finalmente la costa è vicina, nitido il profilo di Fire Island, a
poche miglia da New York. Il viaggio da Livorno, iniziato a maggio,
un’avventura senza fine: fermi a Gibilterra in quarantena, il
capitano morto di vaiolo. Ora, davanti alla costa, il mare si è
fatto grosso e il mercantile Elizabeth non riesce a reggere la furia
del vento; si incaglia in un banco di sabbia e si spezza. A bordo c’è
la famiglia Ossoli. Margaret, giornalista americana, suo marito, il
marchese Giovanni Angelo Ossoli e il loro bambino di nemmeno due
anni, Angelino. Bisogna abbandonare la nave; spariscono tutti e tre
fra le onde. Margaret Fuller, nata a Cambridgeport (Massachusetts)
nel 1810 muore così. Ha solo 40 anni, ma alle spalle una vita che
merita davvero di essere ricordata.
Margaret è la colta e
poliglotta figlia di un noto avvocato di Boston che ne aveva curato
personalmente l’educazione, sottoponendola, fin da piccolissima, a
uno studio continuo e costante, e verificandone la preparazione ogni
sera con interrogazioni severe. Il latino iniziò a impararlo a sei
anni, a sette leggeva regolarmente testi di Virgilio e Ovidio. E poi
Cervantes, Molière, Goethe, la filosofia, la storia, le lingue
moderne. Il prezzo pagato per un’istruzione così serrata fu alto:
fin da bambina soffrì di insonnia, di problemi alla vista, di
frequenti e forti emicranie. Ma dopo un tale sforzo, quello che lei
definiva il suo lato energico, maschile, colto, era cosa fatta. A 18
anni, unica studiosa tra tanti uomini, il suo valore era riconosciuto
anche nella prestigiosa Harvard. Se poi aggiungiamo l’assoluta e
rivendicata “americanità” che la lega indissolubilmente alla
Dichiarazione dei Diritti del 1776 (base di ogni teoria
sull’uguaglianza) e la sua adesione al Movimento Trascendentalista
con in primo piano le virtù emersoniane di self-reliance (fede in se
stessi) e di self-impulse (impulso all’attività), l’anomalo
cocktail della sua personalità è pronto.
1840, Boston. Ha
trent’anni quando pubblica Woman in the Nineteenth Century,
il primo libro scritto in America che parli senza mezzi termini di
uguaglianza tra uomo e donna. Eccone un assaggio: «…the time is
come when Eurydice is to call for an Orpheus, rather than Orpheus for
Eurydice; …. that she, the other half of the same thought, the
other chamber of the heart of life, needs now take her turn in the
full pulsation, and that improvement in the daughters will best aid
in the reformation of the sons of this age». («…è giunto il
momento che sia Euridice a chiamare Orfeo, piuttosto che Orfeo a
chiamare Euridice: …è tempo, in questo tempo, che la Donna,
l’altra metà dello stesso pensiero, l’altra stanza nel cuore
della vita, prenda il suo turno e inizi a pulsare appieno; e si
migliorerà la vita delle nostre figlie femmine cosa che sarà di
massimo aiuto perché migliorino e mutino anche i nostri giovani
figli maschi»).
In una settimana tutte le
copie del libro furono esaurite: 1500 copie, per l’epoca numeri da
best-seller, copie pirata anche in Europa. Ma venne giudicato absurd,
immoral, scandalous. Troppo dirompente e rivoluzionario
per essere accettato. Fuller venne definita arrogante, pedante,
aggressiva, sgradevole, mascolina. Edgar Allan Poe, pur ammettendone
il carattere geniale, la chiamava «ill tempered old maid»,
qualcosa come “vecchia zittella isterica”.
Erano davvero in tanti,
uomini e donne, a sentirsi minacciati dalle sue idee e dai suoi
scritti. Perfino all’interno del circolo intellettuale più vicino
e amico, quello dei Trascendentalisti, fucina di scrittori e
pensatori che avrebbero fatto la storia letteraria e filosofica
d’America. Ralph Waldo Emerson, H. D. Thoreau, Nataniel Hawthorne,
Bronson Alcott, padre di Louisa: erano tutti impegnati a tesserne le
lodi, ma anche, dopo la tragica e prematura morte, a ridisegnarne in
chiave tranquillizzante la biografia. Tanto che Hawthorne in persona
fu visto aggirarsi sulla spiaggia di Fire Island, subito dopo il
naufragio, intento a raccogliere certi fogli restituiti dal mare.
Chissà, fu forse la paura delle parole di questa donna a indurre
perfino il grande Emerson (Dean of American Literature) a
distruggere molte delle lettere e delle carte di Margaret?
Censure con cui questi
uomini di potere sono riusciti a esercitare un forte controllo sulla
sua reputazione, fino ai giorni nostri. E se fosse vissuta altri 40
anni? C’è stato perfino chi scrisse che questa morte prematura sia
stata una fortuna, altrimenti chissà che polveroni avrebbe sollevato
con la sua penna (un altro grande saggio del Trascendentalismo,
Octavius B. Frothingham scrisse: «it was just as well so» –
è andata bene così).
Ricordarla è dunque
necessario.
Ma oltre ad aver
contribuito ai fondamenti del femminismo americano, Margaret è stata
anche una delle prime donne giornaliste del Paese, la prima a
scrivere un libro-radiografia del West, la prima a lavorare per
giornali come il «New York Daily Tribune» e il «The Dial
Magazine», prima rivista letteraria negli Stati Uniti. La prima a
diventare corrispondente dall’estero, inviata per documentare tutti
i moti rivoluzionari europei. Prima donna critico e prima traduttrice
degli scritti di Goethe in America. La prima a denunciare e a
chiedere migliori condizioni di vita per le donne nelle prigioni di
New York, nei manicomi e nelle istituzioni. La prima a organizzare
sessioni di formazione per le donne, sostenendo (ed era anche questa
una rivoluzione) che le donne sono dotate di menti pensanti («women
did have minds»).
Da inviata in Europa
mandò i suoi pezzi in patria, descrivendo e osservando ogni aspetto
della vita del Vecchio Continente: dalle preoccupazioni sociali
dell’epoca, alle condizioni di vita dei lavoratori delle miniere di
carbone. Intervistò grandi personaggi della letteratura del tempo:
Thomas Carlyle, George Sand, Wordsworth, De Quincey. Dei moti del ’48
in Italia, inviò in patria alcune memorabili cronache di guerra.
Proprio a Roma, durante le gloriose giornate della Repubblica Romana,
decise che scrivere non bastava più.
Determinante qui fu
l’incontro con un’altra donna emblematica, Cristina di
Belgioioso. Le due si conobbero forse grazie a Mary Clarke o a
Giuseppe Mazzini, o forse per intercessione di un’altra buona amica
comune, la marchesa Costanza Arconati Visconti. Cristina rimane
davvero colpita da Margaret, tanto da chiederle (è molto probabile
sia stata lei) di presiedere l’ospedale Fatebenefratelli sull’isola
Tiberina. Qui Margaret incontrò una giovane inglese che aveva
interrotto il suo tour europeo proprio per fermarsi a Roma, ad
aiutare; era Florence Nightingale, che proprio a Roma decise di
dedicare la vita all’assistenza dei feriti e dei malati; aveva 28
anni e sarebbe diventata la fondatrice dell’assistenza
infermieristica moderna.
Non si sa molto
dell’incontro tra le due, ma un punto sembra certo: Fuller anticipa
al Fatebenefratelli quella riorganizzazione degli ospedali militari
che verrà poi messa in atto da Nightingale durante la guerra di
Crimea nel 1854.
In tutto questo fermento
accade l’inaspettato, Margaret si innamora. È un amore che lei per
prima giudica inappropriato. Durante una visita a San Pietro,
incontra il marchese Ossoli, più giovane di nove anni, cattolico,
nobile e squattrinato. Niente di più lontano. Eppure quest’amore
decidono di viverlo e nasce Angelino. La maternità è un’esperienza
dirompente, carica di preoccupazioni, ma anche di gioia; nelle
lettere di Margaret si leggono sentimenti e disagi talmente attuali
da sorprendere. Lei, proiettata nel lavoro e nella sfera politica,
nel tentativo di realizzare l’utopia americana in una Italia carica
di speranze risorgimentali, si ritrova madre impaurita, “codarda”,
che non può fare a meno di preoccuparsi da una parte per il suo
futuro, ma dall’altra anche per il figlio. Il suo maternal body
desidera semplicemente fondersi con Angelino, ai limiti
dell’annullamento del sé. Ancora una volta la soluzione è
controcorrente, oltre ogni convenzione. Chi l’ha detto che sia il
marito a dover mantenere la moglie? Roma è caduta; gli Ossoli vanno
a Firenze, da qui a Livorno dove il 17 maggio si imbarcano
sull’Elizabeth diretti verso la più tranquilla America, dove il
marchese si sarebbe occupato del bambino e Margaret avrebbe sostenuto
la famiglia continuando nella sua attività pubblica (già in viaggio
riordina la sua Storia della Repubblica romana). Sarebbe stata un
modello per tante. Se solo le secche di Fire Island e un mare in
tempesta non l’avessero fermata.
dal sito "Enciclopedia delle donne"
dal sito "Enciclopedia delle donne"
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