Ragioniamo con serietà.
In caso di vittoria del NO nel
referendum d'autunno c'è una cosa che - di sicuro - non può
accadere: l'immediato ricorso alle urne.
E' verosimile che l'attuale premier,
sdegnato, torni a Firenze come Cincinnato ai suoi campi: può farlo
senza danno suo o altrui, non è neanche parlamentare. E tuttavia i
parlamentari del suo e di altri partiti, con il rischio di una
débacle, non accetteranno lo scioglimento. Piuttosto archivieranno
rapidamente lo sdegno di Renzi, chiederanno a Mattarella di dare vita
a un nuovo governo e daranno ad esso fiducia.
Messo da parte il metodo ricattatorio
del "prendere o lasciare" caro allo statista di Rignano,
nei diciotto, venti mesi di legislatura rimasti, si potranno fare
quelle riforme costituzionali che oramai risultano ampiamente
condivise: la correzione del confuso federalismo regionalista del
nuovo titolo V, la riduzione del numero dei parlamentari (e, se
possibile, dei privilegi parlamentari), e la revisione del
"bicameralismo perfetto".
Il parlamento farà a tempo a votare
una legge elettorale meno folle del cosiddetto "Italicum",
tale da aiutare la governabilità anche con un premio di maggioranza,
ma che - sotto certe soglie - obblighi a governi di coalizione, come
accade in Germania, Inghilterra e altri Stati virtuosi; una legge che
riporti - almeno in parte - la scelta degli eletti nelle mani degli
elettori (magari con i collegi uninominali, piuttosto che con le
preferenze). Così si rispetterebbe anche la sentenza della Corte
Costituzionale, che i propugnatori dell'Italicum hanno bellamente
ignorato.
In verità i rischi più gravi di un
"salto nel buio" l'Italia li correrebbe se gli elettori
approvassero la riforma costituzionale. Renzi, convinto di
approfittare del vento favorevole, porterebbe certamente ad elezioni
in primavera.
Le vincerebbe?
Fare pronostici è difficile, ma che
vinca lui o il candidato grillista (Di Maio?) sarebbe in capo al
nuovo premier il controllo del Parlamento e, con esso, di tutti gli
istituti di garanzia, dalla Corte Costituzionale al CSM, alla stessa
Rai. Non è improbabile che, essendo mutati i compiti del presidente
della Repubblica, si chiedano - ottenendole - anche le dimissioni di
Mattarella. Insomma dovremmo aspettarci cinque anni in cui un governo
di minoranza (perché tale sarebbe rispetto al corpo elettorale)
potrebbe rivoltare il paese come un calzino, affidando la ricerca del
consenso al controllo del sistema mediatico, ignorando gli
orientamenti sociali e i movimenti d'opposizione, con l'unico freno,
piuttosto aleatorio visti gli ostacoli che devono superare, dei
referendum abrogativi.
Non è questo il vero salto nel buio,
gravido di tensioni e di scontri?
stato di fb 15 giugno 2016
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