Per celebrare il 20
giugno hanno organizzato la presentazione di un libretto su Lello
Rossi, che è stato un dirigente di primo piano del Pci a Perugia, a
Terni e in tutta l'Umbria, maestro e storiografo, senatore e
amministratore della città capoluogo, cultore appassionato delle
tradizioni e delle bellezze perugine, ma sempre con l'occhio rivolto
al futuro, al ruolo nazionale e internazionale della sua città
(parlava sempre della "più grande Perugia").
Il libretto era la
pubblicazione, a spese della Società Operaia di Mutuo Soccorso,
della Tesi di Laurea di una giovane consigliera comunale del Pd, che
ha raccontato del suo "innamoramento" per Lello Rossi.
Costui - già molto anziano - intervenuto a una conferenza
programmatica del Pd (o forse dei Ds) gli prospettò un modo di fare
e costruire politica assai diverso da quello in cui era cresciuta,
una politica dello sguardo lungo, della progettazione, attenta a
convincere, con la forza del ragionamento, anche gli avversari e non
basata sulla continua baruffa, spesso insultante, sullo slogan cento
volte ripetuto, sulla spicciola rivendicazione.
Non so a quale corrente
nazionale o locale appartenga la ragazza, della cui attività so
pochissimo e che - come qualcuno mi ha sussurrato - potrebbe anche
essere una "donna in carriera" e non la militante
appassionata di una idea, ma devo dire che ho molto apprezzato la sua
denuncia dell'assenza di una politica alta, razionale, dialogante,
comprensiva. Se era ipocrisia, era comunque "l'omaggio che il
vizio rende alla virtù".
La sala era affollata
soprattutto da persone un po' su con l'età, quasi tutti già
militanti, simpatizzanti o anche elettori critici del PCI. "Siamo
tanti, siamo qui, siamo tutti del PCI".
Una rimpatriata, si
potrebbe dire. Ce ne sono state altre, nei 25 anni dallo scioglimento
del partito, talora in occasioni luttuose, ma è stato spesso
piacevole - per molti, credo - ritrovarsi come partecipi di quella
che fu una comunità politica, più che un partito meramente
elettorale.
Reduci? Perché no. Credo
che l'incontrarsi con vecchi compagni, di scuola, di esercito o di
partito, con cui - anche in anni lontani - c'è stata una comunanza
di aspirazioni, possa essere gratificante, se gestito senza
piagnistei o eccessi di nostalgia.
Come è noto, dopo quel
1991 in cui fu sciolto il PCI, le scelte di militanti e simpatizzanti
si sono differenziate e, non di rado, divaricate, ma quel passato non
rinnegato, quelle care memorie sono in genere sufficienti ad
accantonare provvisoriamente le tensioni dell'oggi, o a distanziarle
in queste periodiche rimpatriate.
E' accaduto così anche
ieri; ma c'è stato di più, una vera e propria rimozione, che
aggiungeva un non so che di amaro al piacere di ritrovarsi. Nessuno -
credo - parlava della Costituzione e del referendum. Nessuno parlava
di Renzi, delle sue "rottamazioni", del suo stile politico
teso a spaccare, a dividere, del suo modello di politica basato sul
"faccio io", assai lontano dalla civiltà dell'ascolto e
del dialogo.
Immagino che le posizioni
su questa incandescente materia siano differenziate. Pochi - credo -
sono davvero convinti del tipo di democrazia plebiscitaria e
leaderistica che si prospetta, di questa "democrazia di
investitura" che fece il suo debutto con "l'unto del
Signore" e che in questo quarto di secolo siamo riusciti a
contrastare con successo, nonostante tutto.
Ma ora, chi in ossequio
al luogo comune della propaganda mediatica, chi per un antico
sentimento di unità e spirito di disciplina, alcuni - spero pochi -
dei compagni ritrovati ieri sera seguiranno una corrente che è
negazione totale dell'ideale di democrazia partecipata e organizzata
che fu del Pci e di Lello Rossi.
Per oggi non voglio
interrogarmi sul come è potuto accadere tutto questo, solo
comunicare quel senso di amarezza.
Stato di fb, 19 giugno
2016
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