Quando scrisse la sua
prima poesia Mario Luzi aveva nove anni. Era una poesia per Dante. Fu
una vera e propria folgorazione. «Un giorno stavo giocando per
strada, quando a un certo punto sentii il bisogno di tornare a casa e
di mettermi a scrivere». Da allora, fino al 28 febbraio del 2005,
giorno della sua scomparsa, di anni ne sono trascorsi ottantatrè nel
corso dei quali uno dei maggiori poeti del Novecento non smise mai di
«far volare alta la parola». «La Parola è tutto. È il Verbo»
diceva lentamente quasi a voler soppesare il concetto. «Che uno sia
credente o non lo sia la parola ha qualcosa di sacro anche per chi
rifugge da questi pensieri trascendenti. Per questo la storia della
poesia è storia della parola». E oggi? «Oggi, la parola, materia
prima del poeta, è ridotta a frastuono, urlo, invettiva»
rispondeva. «C'è un difetto della Parola, perché c'è un eccesso
di parole».
Mario Luzi, è stato uno
dei maggiori poeti del Novecento. Con Alessandro Parronchi (scomparso
pochi mesi fa) e Piero Bigongiari, formò quella straordinaria triade
che Carlo Bo ha definito «la punta più alta dell'Ermetismo». A
ricordalo nel secondo anniversario della scomparsa è stata la
Regione Toscana con una giornata dedicata all'opera e al ricordo del
grande poeta, al mattino nella sede dell'Accademia della Crusca, dove
è stato presentato un suo inedito e al pomeriggio, con un incontro
tra amici (che a lui sarebbe piaciuto moltissimo) nella Sala del
Gonfalone dell'Assemblea regionale, dove è stata inaugurata una
piccola mostra di una cinquantina di opere nelle quali alcuni pittori
lo hanno ritratto in vari momenti della sua lunga e bellissima
esistenza.
L'intera sua opera Tutte
le poesie è stata pubblicata in tre parti negli «Elefanti».
Intimamente legata alla sua alta esperienza poetica è l'attività di
drammaturgo.
Il suo teatro è stato
riunito in un unico volume comprendente tra gli altri Il libro di
Ipazia, Corale della città di Palermo per Santa Rosalia e
Io Paola la commediante, scritto per Paola Borboni. Ha scritto
un opera sul Pontormo, rappresentata al Maggio Fiorentino e lo
straordinario Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini,
che ha avuto felici riduzioni teatrali.
Luzi, fu un poeta
dall'alta passione civile. Rimase molto colpito dalla tragedia delle
Torri Gemelle. «Lo scempio delle due torri - disse - colpisce per la
sua ferocia, ma dovremmo anche essere colpiti dalla morte di
centinaia di migliaia di bambini uccisi dall'embargo in Iraq, dalla
fame o dall'aids o dalle vittime dell'esplosione di una fabbrica
chimica a Bhopal, in India che provocò sedicimila morti. Ma non
abbiamo alzato la voce contro quelle ingiustizie, non ci siamo
indignati o addolorati per quelle morti innocenti. No, il terrorismo
non ha giustificazioni, ma la realtà come risulta dalla storia è
molto più complessa e difficile da spiegare».
Poi venne la nomina a
Senatore a vita su cui rivolse un impegno civile che gli costò
incredibili attacchi della destra berlusconiana e postfascista. Per
Luzi quella fu l'occasione per tornare a parlare della Costituzione,
argomento che aveva molto a cuore. «La Costituzione non è un patto
qualsiasi, è una pagina fondamentale della storia di questo Paese
lunga quasi un millennio» diceva. «Da Dante al Petrarca, a
Machiavelli e al suo Principe siamo saliti su fino all'Ottocento con
i fermenti che venivano dall'Europa, si è passati per le guerre di
indipendenza e poi attraverso vent'anni di fascismo e una guerra
disastrosa, per arrivare alla Resistenza e al riscatto del Paese. La
nostra Costituzione è il risultato di questo percorso, delle lotte e
delle sofferenze di un intero popolo».
Luzi sognava un mondo
meno ingiusto e perverso che potesse farci sperare «in un uomo che
si appartenga e non sia alieno a sé stesso, quale invece
rischierebbe di essere se la poesia cadesse in disgrazia. Non
chiediamoci allora cosa ha fatto la poesia - concludeva - ma cosa
sarebbe il mondo senza di essa».
“l’Unità” venerdì
2 marzo 2007
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