1.6.16

Ryanair. Sedotti e abbandonati (Lidia Baratta)

I crotonesi temono di dover tornare in massa a spostarsi sui torpedoni rossi a lunga percorrenza. Nella Sardegna nord-occidentale è partito un crowdfunding per O’Leary, il boss di Ryanair. Effetti collaterali della guerra in corso nei cieli italiani. Che da qualche mese impazza proprio attorno ai voli low cost, dominati dalla compagnia irlandese: tutti li vogliono e nessuno intende rinunciarci. E invece dovranno, se Ryanair darà corso alla sua minaccia: chiudere le basi negli aeroporti di Alghero e Pescara, e di tagliare tutti i voli da Crotone.
Una scelta obbligata, dice la compagnia di O’Leary, dopo l’aumento delle tasse aeroportuali da 6,50 a 9 euro a passeggero. Il rincaro sui biglietti è destinato a finire dritto dritto nel fondo per la cassa integrazione degli ex dipendenti di Alitalia. Nella partita tra compagnie low cost e governo si inseriscono sindaci e comunità locali, in piena sindrome da abbandono. Pur di tenersi quegli aerei gialli e blu - che per un po’ hanno connesso col mondo territori prima difficilmente raggiungibili - sono pronti a elargire fior di denari al vettore irlandese.
Il balletto va avanti da mesi. Unica condizione per evitare la ritirata di Ryanair è la cancellazione entro giugno dell’incremento fiscale. E il ministero dei Trasporti ha annunciato subito marcia indietro. A rischio - dicono le compagnie interessate - ci sono più di 600 posti di lavoro e oltre 800 mila passeggeri.
Il tavolo è ancora aperto, ma dopo l’incontro con l’amministratore delegato di Ryanair Michael O’Leary, il governo si è detto disposto a ridurre «in tempi certi» l’incremento della tassa. Nel frattempo, i governatori di Calabria, Abruzzo e Sardegna hanno incontrato i vertici della compagnia. E i sindaci di Alghero e Sassari, che hanno puntato sulla compagnia low cost per il rilancio turistico dell’area Nord Ovest dell’isola in alternativa alla ricca costa Smeralda, sono volati fino a Dublino per rassicurare O’Leary sulle intenzioni del governo italiano.
Al centro della diatriba c’è l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco: inizialmente tre euro in più a passeggero, diventati 5 nel 2013, 6,50 nel 2015, per raggiungere i 9 euro nel 2016. Nonostante il nome, la tassa non finisce nelle casse dei Comuni per i disagi dovuti alla presenza degli aeroporti. Dei 9 euro, 7,50 sono destinati all’Inps per il finanziamento del Fondo speciale per il trasporto aereo (Ftsa), che ogni anno preleva 220 milioni dalle tasche dei passeggeri. Diventato strategico dal 2008 per pagare la lunga cassa integrazione in deroga degli oltre 5 mila lavoratori in esubero della vecchia Alitalia, il fondo per il 98% è sostenuto dall’addizionale sui biglietti. Grazie alla quale si erogano prestazioni che nel caso degli ex piloti Alitalia si avvicinano anche ai 30 mila euro al mese. «È come se alla cassa del supermercato ci facessero pagare 50 centesimi per il fondo dei metalmeccanici», dice Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio nazionale liberalizzazione infrastrutture e trasporti. Un controsenso per le low cost, che dei prezzi bassi hanno fatto il loro cavallo di battaglia. E infatti Easyjet è ricorsa al Tar del Lazio, che ha ordinato la sospensione della tassa per i primi due mesi dell’anno, in attesa di decisioni definitive entro il 30 giugno 2016 (anche se la gabella a gennaio e febbraio è stata riscossa). Da Dublino invece è arrivato il comunicato di addio: «A Ryanair non è stata lasciata altra scelta se non spostare aeromobili e posti di lavoro fuori dall’Italia verso altre basi Ryanair in Spagna, Grecia e Portogallo, dove non vengono addebitate tali tasse».
L’annuncio è tuonato nei cieli italiani. E tutti sono corsi ai ripari. «È Ryanair a dettare le regole perché di fatto ha una posizione dominante e fornisce un servizio nazionale che l’obsoleta Alitalia ormai non dà più», spiega Balotta. Soprattutto per i piccoli aeroporti, la compagnia «è ormai come una bella donna: tutti la vogliono». A qualsiasi costo. Perché i voli low cost sono vitali per scali periferici come Crotone, Pescara e Alghero, dove gli altri vettori non fanno a gara per atterrare. Ma da solo, spesso, il business non starebbe in piedi. Infatti i bilanci dei piccoli-medi aeroporti non sono quasi mai in utile. A Crotone, la società che gestiva lo scalo è addirittura fallita nel 2015, e da allora si lavora proroga dopo proroga in attesa del bando dell’Enac, che dovrebbe affidare la gestione alla newco costituita dalle istituzioni locali. Che hanno puntato tutto su Ryanair, considerata da Nord a Sud una garanzia per lo sviluppo dell’economia e del turismo locale.
Tanto che per convincere O’Leary a volare sui propri cieli, Comuni e Regioni ormai da anni mettono mano al portafoglio attraverso i cosiddetti “sussidi di comarketing”, di solito erogati sotto forma di contratti per la promozione turistica con la società che gestisce la pubblicità sul sito web di Ryanair. Secondo uno studio Enac/Kpmg, ogni euro speso per le compagnie low cost corrisponde a 70 euro di entrate sul territorio. La stima è che la compagnia incassi in Italia circa 100 milioni di euro all’anno di sussidi. Lo stesso studio stima che il finanziamento pubblico di una rotta low cost sia attorno al 12% del costo del biglietto. Funziona così anche nel resto d’Europa, e una sentenza della Corte europea relativa all’aeroporto Charleroi di Bruxelles nel 2008 ha stabilito che gli accordi non costituiscono aiuto di Stato illegale.
Ma la Regione Sardegna è finita comunque nel mirino dell’Ue, che ha avviato una procedura di infrazione per sospetti aiuti di Stato. I sussidi ora rischiano di non essere più erogati. Ecco perché non pochi sull’isola sospettano che Ryanair abbia approfittato del rincaro della tassa aeroportuale per fare i bagagli da Alghero (com’è già successo in passato). Tanto che persino gli imprenditori locali si sono dati da fare, lanciando una campagna di crowdfunding (Destinazione Sardegna) per trovare i soldi e convincere O’Leary a non volare via.
Ora però resta lo scoglio delle tasse aeroportuali. Da Dublino sono stati chiari: rimaniamo solo se Roma elimina i 2,50 euro in più. E già che c’erano, hanno chiesto pure una revisione delle linee guida per sostenere i piccoli aeroporti. Il governo ha tempo fino a giugno. Quando Ryanair definirà le rotte della stagione invernale, con o senza gli aeroporti italiani.

SCHEDA
L’impatto dell’addio
Voli a poco prezzo, e turisti assicurati. Le compagnie low cost significano guadagni per alberghi, ristoranti e negozi. Oltre che un’alternativa economica a treni, bus e navi, e ai salati biglietti aerei degli altri vettori. «Se le istituzioni non fanno qualcosa, per il prossimo inverno torniamo agli amati pullman rossi», commentano preoccupati i crotonesi. L’aeroporto più vicino è a quasi due ore di distanza. Ma Crotone è diventato lo scalo di riferimento anche per la fascia ionica catanzarese e cosentina, tagliate fuori dalle principali linee ferroviarie.
Nel 2015, dopo l’arrivo di Ryanair, dall’aeroporto Sant’Anna sono passati quasi 300 mila passeggeri, con un incremento del 445% in un solo anno (il più alto di tutta Italia). E durante l’estate, tutte le strutture hanno registrato numeri record.
«Lo scalo è un volano per l’intero territorio calabrese», dice Matteo Ambrosio, presidente della Sagas, la newco costituita dal comune e dalla Regione per salvare l’aeroporto. Anche a Pescara incrociano le dita. «L’arrivo di Ryanair ha facilitato gli spostamenti e ha fatto aumentare le presenza turistiche straniere», spiega Giacomo Cuzzi, assessore al Turismo del comune. Non solo: «L’aeroporto è il punto di riferimento anche per i molisani e i foggiani». Per i quali raggiungere lo scalo abruzzese è più semplice che arrivare fino a Bari.
Ad Alghero, dall’arrivo di Ryanair in soli otto anni il traffico è raddoppiato toccando 1,4 milioni di passeggeri annui. Se lo scalo dovesse chiudere, oltre 300 mila persone dovrebbero fare un viaggio di oltre un’ora e mezza per raggiungere l’aeroporto più vicino. Secondo i calcoli della Camera di commercio locale, solo con il dimezzamento delle rotte si perderebbero 400 milioni di euro. E in effetti, con il taglio dei primi voli, da aprile gli albergatori della zona lamentano un calo delle prenotazioni del 60 per cento. Ma «a risentirne sono anche i sardi», racconta uno studente. «Se con Ryanair per andare e tornare da Barcellona spendevo 60 euro, ora con Alitalia devo pagare 180 euro solo per l’andata».

Pagina 99, 14 maggio 2016



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