È la sola superstite
dell’800, l’unica persona al mondo con un’esistenza che ha
toccato tre secoli, vissuto attualità che appartengono ai libri di
storia e trasformazioni sociali che hanno cancellato la realtà di
quando a Civiasco, provincia di Vercelli, venne alla luce, prima di
otto figli, il 29 novembre 1899. Da ieri Emma Morano è la più
vecchia al mondo. Con i suoi 116 anni, 5 mesi e 14 giorni si appunta
al petto anche questo record, dopo essere stata decana d’Italia e
d’Europa. A lasciarle lo scettro planetario è stata la coscritta
afroamericana Susannah Mushatt Jones.
Di 4 mesi e 23 giorni più
anziana, si è spenta l’altra notte a Brooklyn passando a Emma le
consegne della sfida: tenere duro sei anni per infrangere il primato
della francese Jeanne Louise Calment, morta nel 1997 a 122 anni.
Di strappare il titolo
alla «cugina d’oltralpe» la ultracentenaria del Lago Maggiore
sembra avere tutte le intenzioni. Si è ripresa dopo qualche giorno
in cui è stata poco bene per un malanno quando le temperature si
sono improvvisamente abbassate, ma lei ha deciso che in casa andava
spenta la stufa «perché il gas costa». Parsimoniosa come tutti
quelli che hanno fatto la guerra, che per lei sono state due. Ancora
oggi gestisce il borsellino di casa, contando i soldi della piccola
pensione da operaia – che percepisce dal 1954 – quando incarica
le nipoti Rosi e Antonietta di far la spesa.
Non cammina più,
l’ultimo volta che è uscita di casa erano 25 anni fa. Era scesa
sul lungolago per pranzare con un cugino, ma poi risalire quelle due
rampe di scale, nella vecchia casa che dà sul sagrato della
parrocchiale di Pallanza, era stata un tale fatica che aveva detto
che non si sarebbe mossa più. E alla parola ha prestato fede, perché
se una cosa a Emma non è mai mancata è la grinta e la voglia di
fare di testa sua. Come avrebbe potuto altrimenti una donna di
provincia, che lavorava in una fabbrica di sacchi in iuta, a
separarsi nel 1938? Quel marito preso malvolentieri – perché il
suo «moroso vero» era partito soldato – la picchiava. Il bambino
che aveva avuto era morto piccolissimo, e allora ognuno per la sua
strada, anche se a quei tempi le «mal marià», donne rimaste senza
marito senza essere vedove, non erano amate. E così senza un uomo al
fianco, la vita di Emma, neanche quarantenne, è andata avanti lo
stesso, con le gioie e i dolori di ogni esistenza.
Dall’alto dei suoi 116
anni di persone care ne ha lasciate indietro. I tre fratelli e le
quattro sorelle. Loro non ci sono più e lei, la primogenita, è
ancora qui a raccontare un mondo che non esiste più. A studiarla
nelle sue due stanzette senza bagno vengono scienziati da tutto il
mondo: c’è chi chiede campioni biologici per il laboratorio e chi
invece la vuole solo osservare, come uno svizzero-malese che
discretamente prende posto in cucina e la scruta. Lei non se ne dà
pensiero. Solo negli ultimi due anni ha ceduto alle insistenze delle
nipoti e si fa seguire da due badanti, ma mangiare lo fa da sola:
guai a imboccarla, se non per quel tuorlo d’uovo che al mattino e
al pomeriggio inghiotte tutto intero prendendolo da chi le porge il
cucchiaio.
Anche la sua dieta è
oggetto di studio perché in controtendenza rispetto ai dettami della
corretta e sana alimentazione. Verdura niente, solo mele frullate
prese alle 23 insieme a tre savoiardi. E per il resto, oltre alle
uova, pastina in brodo con carne tritata. A dire il vero quest’ultima
l’aveva abbandonata. «Ci aveva spiegato che aveva sentito dire che
la carne rossa fa venire il cancro e non la voleva più mangiare. Ma
quando il dottore le ha detto che lei ormai era immune dal “brutto
male” ha ripreso a consumarla» sorridono le nipoti.
Undici i papi che si sono
avvicendati sul soglio di Pietro da quando la nonna del Lago Maggiore
è al mondo, che quello di oggi si chiami Francesco non lo sa: non
segue la tv da un pezzo e gli occhi non sono più buoni per il
giornale, però alla sera le preghiere continua a dirle. «Un po’
in italiano e un po’ in latino ricordando per nome, uno per uno,
tutti i suoi morti» spiega la ragazza colombiana che la segue e che
per merenda le porta un pezzetto di colomba, dolce di cui è ghiotta.
Al cioccolato, che non le fa bene, ha dovuto rinunciare ma dopo aver
fatto, negli anni, scorpacciate di gianduiotti.
La Stampa, sabato 14 maggio 2016
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