La pornostar Michelle Ferrari in un abbigliamento castigato |
Primavera del 1963. In
coda al suo secondo album, The Freewheelin, Bob Dylan
inserisce la scanzonata I Shall be Free. In una strofa
racconta un’ipotetica telefonata in cui il presidente Kennedy gli
chiede consigli su come far crescere gli Usa. «My friend John»,
risponde il cantautore, «Brigitte Bardot, Anita Ekberg, Sophia
Loren. Il Paese crescerà». Il suggerimento dylaniano per la Nuova
Frontiera era, tra le righe, un’erezione collettiva, un’eccitazione
di massa, trasformare i sogni erotici in business.
Gli Stati Uniti sono
diventati nei decenni seguenti la più florida industria pornografica
del pianeta. I ricavi annuali del settore oscillano intorno ai 13
miliardi di dollari nei soli States, più di quanto fatturi
Hollywood, più di quanto valgano la musica dal vivo e lo sport
professionistico messi assieme. Non è così strano, quindi, che a
diverse persone sia venuto in mente che una fetta di questa enorme
torta, forse, potrebbe essere destinata alla beneficenza. Il porn
for charity è un fenomeno sfaccettato: numerose le iniziative
per reperire fondi per nobili cause, tantissimi i rifiuti delle
associazioni che non accettano la provenienza di questi soldi o di
vedere il proprio logo accostato a corpi nudi e materiale
pornografico.
Uno dei modelli ideati è
quello di Hump the Bundle, un sito che vende lotti di foto e
video hard lasciando la possibilità all’utente di scegliere che
percentuale del prezzo destinare in beneficenza. «Vendere porno al
giorno d’oggi è difficile perché si trova gratis ovunque», ha
spiegato il ceo del progetto che si cela dietro lo pseudonimo
di Humpty Leftnut. «Ma la cosa più complicata è far accettare ai
beneficiari i soldi provenienti da materiale per adulti. Hanno paura
di perdere i loro grandi donatori». La pornostar (ed ex ingegnere
aerospaziale) Mercedes Carrera ha invece lanciato Porn Charity,
mescolando filantropia, diritto all’istruzione e performance
sessuali. Insieme a cinque colleghe attrici si è esibita via webcam
su una piattaforma streaming e tutto il denaro ricavato (11 mila
dollari in due settimane) è stato devoluto a una borsa di studio
Stem, destinata agli studenti di prestigiosi atenei scientifici
statunitensi che non possono permettersi le esorbitanti tasse
universitarie. «Accetterei i soldi da Hitler in persona, se
servissero per qualcosa in cui credo», ha commentato Carrera per
difendere la sua iniziativa.
L’ufficio marketing più
geniale del settore è senz’altro quello del colosso PornHub. Lo
scorso 13 febbraio, in occasione del World Whale Day, la Giornata
mondiale delle balene, il sito ha annunciato la campagna Save the
Whales. Nelle successive due settimane, per ogni 2 mila video visti
ha devoluto 1 centesimo alla Moclips Cetological Society,
un’associazione senza fini di lucro che tutela i cetacei. La cifra
raccolta ha superato i 26 mila dollari. Qualche anno fa, lanciarono
invece Save The Boobs, un cent per ogni 30 visualizzazioni nelle
categorie “big-tits” e “small-tits”. Fu un successo, ma il
destinatario scelto a fine iniziativa, la fondazione Susan G. Komen
per la lotta al cancro al seno, rifiutò i 30 mila dollari raccolti
dalla piattaforma porno. A PornHub si deve anche l’idea di piantare
un albero ogni cento video visti in una specifica sezione del sito.
Ne furono piantati 15 mila.
Sul versante del porno
dal cuore ecologico ecco anche Fuck for Forest, gruppo berlinese che
vende film sul proprio sito o si esibisce live in performance
pubbliche. Il ricavato va alle popolazioni indigene delle foreste
sudamericane per aiutarle a salvaguardare flora e fauna di quegli
ecosistemi. La ong dal 2004 ha raccolto 100 mila dollari, ma molte
organizzazioni (tra cui Rainforest Foundation Norway) hanno rifiutato
le loro donazioni. In Giappone ha invece avuto buon riscontro la Boob
Aid, iniziativa in cui alcune porno-dive hanno accettato una palpata
al seno in cambio di una donazione benefica a favore della ricerca
contro l’Aids. In 24 ore hanno portato a casa 4 milioni yen (30
mila euro).
In Italia il fenomeno è
quasi inesistente. L’unico esperimento di un certo rilievo risale
ad alcuni anni fa, quando due intraprendenti trentenni hanno lanciato
un crowdfunding per creare Come4, una piattaforma no profit
dove gli utenti potevano caricare contenuti erotici amatoriali da
condividere con gli iscritti. I ricavi di pubblicità e banner
andavano a cause benefiche. La raccolta fondi per creare il sito
permise di ottenere 15 mila euro. La campagna pubblicitaria aveva dei
claim basati su doppi sensi notevoli come: «Cosa faccio per
il bene del mondo? Una sega». Il progetto però, spiega uno dei
fondatori, al momento è congelato e attualmente Come4 non esiste
più, ma il sito è ancora online e chiede ai visitatori di aiutarli
a far partire insieme la rivoluzione del porno. «I tentativi sono
pochi perché il nostro è un settore ghettizzato», spiega a
“pagina99” la pornostar Michelle Ferrari, una delle attrici hard
più importanti del panorama italiano. «Sembra che ci siamo
macchiati di chissà quale reato, dobbiamo pagare le tasse ma non ci
è permesso di fare beneficenza. Tante ragazze partecipano a eventi
di solidarietà per mostrare che il porno può fare del bene sociale,
ma la buona volontà viene spesso delusa perché qualcuno ha paura di
sporcarsi il nome ricevendo soldi da questo mondo».
Varie organizzazioni e
onlus contattate in merito spiegano però di non conoscere questa
particolare forma di fundraising e di non aver mai ricevuto
proposte in tal senso. Alcune hanno specificato che, in ogni caso,
nemmeno le accetterebbero. «In Italia è una modalità poco
diffusa», spiega l’ufficio stampa di un’importante associazione
animalista che ha chiesto di restare anonima. «Il tema suscita
curiosità e ritrosia, ma fa fatica a uscire dal tabù per i retaggi
culturali. Non abbiamo pregiudiziali sul porno, ma non sarebbe
comunque nel nostro stile».
Una delle poche
iniziative solidali nel settore, decisamente più casta degli esempi
americani, è l’Hot Star Team, una sorta di nazionale di attori e
attrici del cinema per adulti, che viene invitata a partite benefiche
di calcio e calcetto. Ma anche in questo caso i precedenti sono poco
incoraggianti: qualche anno fa l’ospedale pediatrico Gaslini di
Genova declinò i 3 mila euro raccolti. Il solo possibile
accostamento tra pornografia e beneficenza è considerato al limite
del controverso. Una parziale eccezione è rappresentata da Rocco
Siffredi, testimonial di alcune aste nel sito Charity Stars,
piattaforma che mette in palio oggetti appartenenti a vip o la
possibilità di incontrarli di persona, per raccogliere fondi
destinati interamente a cause solidali. Un utente ha rilanciato fino
a 1.500 euro per una cena con l’attore, altri si sono aggiudicati
alcuni oggetti da lui usati durante l’Isola dei Famosi per poche
decine di euro, che son serviti ad aiutare un’associazione di
volontariato per il soccorso sanitario. Insomma, niente che possa
lontanamente rimandare al mondo del porno. Per tante realtà, però,
il 5 per mille non basta e un aiuto di questo tipo potrebbe risultare
utile. Eppure beneficenza e porno ancora non riescono a piacersi.
Sembra proprio come cantava Venditti: non c’è sesso e non c’è
amore.
Pagina
99, 14 maggio 2016
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