1.11.13

Il senso della vita nell'era della diminuzione (Marcello Cini)

Questo fu uno degli ultimi articoli scritti da Marcello Cini, scienziato e compagno di valore, per “il manifesto”: un interrogativo, in forma di recensione, sulla condizione umana nel nostro tempo, un messaggio etico-civile tutt'altro che rassicurante, ma capace di scuotere coscienze. (S.L.L.)
Marcello Cini
Il libro di Giuliano Cannata Si spegne, signori, si chiude, XL edizioni è un libro controcorrente, originale e persino inquietante. L'autore parte da una estrapolazione dei dati sulla diminuzione del tasso di aumento della popolazione in tutti i paesi del mondo che contrasta ormai con la previsione allarmista assai diffusa di una crescita catastrofica ancora per qualche decennio. La realtà non sembra lasciare dubbi. L'autore calcola che tra una ventina d'anni gli esseri umani che nasceranno sulla Terra saranno meno dei morti a regime: la popolazione del mondo dovrebbe cominciare a diminuire. Già oggi i numeri della cosiddetta «crescita zero», che siamo abituati ad attribuire all'Italia o all'Europa, si estendono a tutto il resto del mondo: il boom demografico, quei dieci o più miliardi di bocche temuti e minacciati che ha segnato in modo drammatico il nostro recente passato, si è rovesciato in soli vent'anni.
La rivoluzione demografica - spiega l'autore - madre di tutte le statistiche, appare straordinariamente rapida, travolgente. Nelle ragioni del rinvio o del rifiuto a generare che essa richiama, insieme alle difficoltà economiche e alla carenza di servizi sociali, insieme alla esigenza di affermazione sociale, politica, professionale della donna incredibilmente impedita sino ad oggi, affiora anche una componente-guida antropologico-culturale, psicologica come una volontà inconscia di sottrarsi al richiamo della procreazione, della vita trasmessa. In poche parole - prosegue - fra le ragioni che spingono a non generare c'è il dubbio sulla "bontà" della donazione dell'esistenza, paragonata con la vita e con la morte che essa prepara.
Se c'è questo dubbio inconscio e se si somma e si scambia con il desiderio inconscio di non essere nato, ecco che quella diminuzione si colora di rifiuto, una negazione quale il mondo, l'evoluzione, la scienza non credeva possibile.
La grande e antica questione - quale è il senso della vita? - diventa ineludibile. Finché non era possibile decidere di non dare la vita, alla domanda si poteva anche non rispondere. Ogni individuo, ogni comunità, ogni cultura poteva dare la propria risposta. Ma oggi la possibilità di controllare lo sviluppo futuro della specie si diffonde sempre di più in tutto il mondo. E un numero crescente di uomini e donne lo sta già facendo. Vale la pena scegliere di dare la vita a un nuovo nato, e con essa, un'esistenza per molti segnata da eventi drammatici, privazioni, dolori fisici e morali e coronata da una morte spesso prematura ma in ogni caso inevitabile? Non è meglio non essere mai nato che nascere con il fardello di vivere una vita ai limiti della pura sopravvivenza «finché morte non sopravvenga»?
Queste domande si accompagnano a quelle sulla nostra responsabilità come collettività umana nei confronti di quelle future. In primo luogo quella sulla responsabilità di lasciare dopo di noi un ambiente vivibile. Ma cosa significa in termini concreti? Con quali criteri giudicheranno i nostri posteri la bellezza e la felicità?
Il libro affronta questi temi e altri ancora con grande ricchezza di riferimenti filosofici e culturali e di considerazioni che pongono interrogativi profondi. È indubbiamente destinato a suscitare polemiche e vivaci dibattiti. Vale la pena meditarci sopra, in questa epoca.


“il manifesto”, 21 febbraio 2009

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