1.12.13

Dagli Uzeda a Napolitano. Re, viceré e luogotenenti (S.L.L.)

Ho visto stasera, su Rai Premium, i Viceré televisivi con Lando Buzzanca, una replica. Non ho con me il volume e non posso controllare, ma sospetto che la banalizzazione caratteristica di questi adattamenti sia stata per il romanzo di Federico De Roberto maggiore del solito. 
E tuttavia, anche in un contesto melò come quello del film televisivo, colpiscono frasi come quella messa in bocca al vecchio, terribile Uzeda: “L’Italia è fatta, adesso pensiamo ai fatti nostri”. E anche il comizio elettorale del suo figliolo Consalvo, erede della stirpe dei viceré, per quanto spettacolarizzato, ci parla del nostro eterno presente di italiani: una serie di “ma anche” che rammentano Veltroni (per esempio “vogliamo le riforme, ma anche la tradizione”) e soprattutto la chiusa da larghe intese trasformistiche: “Viva il Re, viva la Rivoluzione, viva Sua Santità”.
Guardando m’è venuta in mente la strana diceria che, a Napoli e non solo a Napoli, circolava sull’attuale Presidente della Repubblica. Basandosi su una certa somiglianza fisica, davano per certo che Giorgio Napolitano fosse figlio naturale di quell’Umberto di Savoia che fu luogotenente del Regno d’Italia e re per un mese.
La storia è certamente inventata: tanti particolari non tornano; e tuttavia anche nell’invenzione c’è spesso una qualche verità interna. Una discendenza dai Savoia dell’attuale capo dello stato - politica e culturale, se non genetica – non è affatto da escludere e la stretta parentela con gli Uzeda di Francalancia è molto probabile. 

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