Speriamo che in Italia
sia giunto il momento di H.D., Hilda Doolittle, poetessa americana
della banda modernista dominata dai maschi (Yeats, Joyce, Eliot,
Lewis, Lawrence, Hemingway, Pound), geni, inventori, re-inventori,
sperimentatori, esploratori, battitori di piste, ‘trovatori',
trasgressori, misterici, iconoclasti, occultisti, esotici,
classicisti, eterodossi, futuristi, peccatori ecc.: difficile dirle
tutte. In fondo alla coda c'è lei, Hilda, «Santa Hilda», la
ragazza di cui Pound s'innamorò a casa, a Filadelfia, facendone la
sua fidanzata. E tale restò, per sempre. Sempre fedele al «pounding,
pounding, pounding», il severo ticchettio del bastone del
dandy/cowboy Pound, giovane spavaldo a Londra, quando si scorciava la
strada nella coterie bohémien-intellettuale di Kensington.
Contro il volere dei
genitori lei lo raggiunse, e lì, a Londra, la promessa si ruppe.
Presero strade diverse ma restarono sempre l'un l'altro fedeli, lui
in modo paternalistico. Fin troppo, come quando, in una saletta da tè
del British Museum, inventò, a tavolino con altri sodali,
quell'Imagismo che inaugurò (1912) la scena poetica del nuovo
Novecento. In quell'occasione, correggendo una poesia di lei, le
amputò il nome. Così «Santa Hilda», la «driade», «figlia
dell'erba», divenne l'imagista H.D, e lei restò fedele all'anonimo
monogramma. È il destino delle donne.
Speriamo, dunque, che sia
giunto il momento di lei in Italia, dove gli studi accademici non
sono mancati come, invece, è mancata l'editoria di mercato. In
verità, già nel 1994 Massimo Bacigalupo (dopo Mary de Rachewiltz)
ci aveva provato a stuzzicarla con un volume di tutt'attrazione, un
‘diario' scritto nel 1958 ma pubblicato nel 1979, cui il curatore
aggiungeva un breve epistolario intercorso fra i due fidanzati dopo
il 1958. Oggi Fine al tormento - Ricordando Ezra Pound
(Archinto) torna meritoriamente in libreria, rinfrescato, aggiornato,
arricchito, e in formato più piccolo (come s'addice a una donna, che
sia «patchwork» o «soisseubuda») e più maneggiabile. La novità
è - non in prima traduzione - Il libro di Hilda (1908), un
quadernetto da E.P. consegnato a Hilda, prima di partire per
l'Europa. Conteneva infiorettate poesie d'amore (oggi di grande
innocente splendore).
Fine al tormento è
una cronaca semitragica. Racconta dei mesi precedenti il rilascio di
EP dal manicomio criminale St. Elizabeths a Washington. Grazie agli
appelli internazionali, il poeta settantenne era alla fine del suo
tormento fra i pazzi: ancora forte, atletico, irridente, pronto a
continuare la sua attività. Ma lei, cui nel Libro di Hilda si
chiedeva «Santa Hilda, prega per me», tribola, in Svizzera, in
attesa del rilascio, dando sfogo a un percorso in flashback che è un
intenso meditare sulla loro vita e sulla scrittura, sostenuto da
citazioni dalla poesia di Pound ma soprattutto dai ricordi
(intenzionalmente o no) svagati, come nell'incipit: «Neve sulla sua
barba. Ma non aveva barba, allora. Neve soffia giù da rami di pino,
polvere secca sull'oro rosso.... O forse portava un cappello floscio,
un cappello tirato giù sugli occhi? Una maschera, un travestimento?
Gli occhi sono il suo tratto meno notevole. O mi sbaglio? Sembrano
piccoli. Il colore? Verde-ciottolo? Certo non insignificanti. Un
chiar di luna gotico, come lo chiamano, filtra attraverso questi
alberi incisi. Freddo? Una sorta di rigor mortis. Sono congelata in
questo momento». Anche quando scrive prosa (sebbene si tratti di
prosa così personale), Hilda scrive in versi. Prosa però ne ha
lasciata.
Ha, infatti, delegato ai
postumi una serie di romanzi, o prose fra autobiografia e centone
classicista. Marina Vitale ne ha scelto uno per l'esordio italiano
della narratrice. Il dono (Iacobelli), il dono di «una capacità
fatta di rimembranza e divinazione», è ambientato in una Londra
tuonante di bombe tedesche cui risponde la memoria pronta a
«ri-vivere un passato che è sempre presente». L'America, eterno
punto di riferimento degli esuli americani, si sostituisce a una
Londra ferita, offrendo il placebo dell'eredità migratoria dei
bisnonni Doolittle - di religione morava - in Pennsylvania, una
storia ‘culturale' che, fra risonanze antiche e liriche decadenti,
emerge anche in Hermione il romanzo più bello di H.D.,
dedicato alle prime schermaglie d'amore con EP.
Vite tormentate, quelle
di Hilda Doolittle e Ezra Pound, ciascuno nella sua gabbia di
trasgressioni (numerose anche quelle dilei), e dirimorsi e ricordi,
entrambi prigionieri della poesia e di un po' di amorosa reciproca
gelosia, mai smussata. Oggi possiamo cominciare a seguirle anche in
Italia quelle vite di nostalgia e desiderio, perché, scrive
Bacigalupo, «in fondo non si sono chiariti a se stessi. Sono rimasti
irrisolti e contraddittori», come «comete affascinanti e
inafferrabili».
“la talpalibri alias il
manifesto”, 6 ottobre 2013
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