«Ezra Pound non è un
autore, è una letteratura»: così, riformulando la stereotipa
convinzione che il poeta americano più avventuroso del Novecento si
presenti come un'enciclopedia in versi ‘cantati', Roberta Capelli
esordisce nella sua indagine - la prima sostanziosa in Italia - su
Pound e la Provenza in Carte provenzali. Ezra Pound e la cultura
trobadorica (1905-1915) (Carocci). Roberta Capelli non è una
‘poundiana', è un'esperta di filologia romanza, ovvero quel che ci
vuole per parlare dall'altro lato della staccionata: come sempre, con
Pound, bisognerebbe ‘cantare' a due o più voci. Dunque, ben
vengano i contributi degli altri rami: si ricostruisce la quercia.
Nel caso della Provenza -
un campo così specialistico - questo era necessario. La storia è
lunga. Dopo lo Hamilton College, all'Università di Pennsylvania
Pound doveva addottorarsi in Studi Romanzi, ed è a quello
scopo che nel 1905 parte per l'Europa, puntando sulle biblioteche di
Madrid, Parigi, Londra, e tornando a casa col profumo di Provenza e
il bagaglio pieno. Il PhD non lo conseguirà mai, neanche quando,
negli anni trenta, invierà ai suoi maestri la contestatissima, eppur
geniale (oggi lo si vede meglio), edizione di Cavalcanti «rappezzata
fra le rovine» (1932). No, l'America non lo riconosce: troppo
‘pasticcione'.
Con occhio selettivo e
pesato, come sa fare un filologo, Carte provenzali si addentra
in questo tragitto (nessun «pasticcione»), destinato a
rivoluzionare la neonata e sbandata poesia del Novecento. I termini
generali ormai li conosciamo e li abbiamo assimilati con altri
strumenti (i nostri). Ma a padroneggiarli non bastano lo studio
attento dello Spirito del Romanzo (1910), gli approfondimenti
occasionali, o la bibliografia ad hoc. È bene infatti ripercorrere
alle radici i modi/nodi di appropriazione via via conquistati dal
re-inventore della cultura del trobar clus. Sappiamo che le
albe, le vidas e le personae, le maschere sub
specie translationis, della prima fase poundiana, volte a ridare
vita e nuova eco a Arnaut Daniel, Bertran de Born, Bernart de
Ventadorn, Peire Cardenal, ad altri e al raro Faidit (trovato, con
Arnaut, all'Ambrosiana in traduzione musicale, grazie al
bibliotecario e futuro papa Pio XI: Achille Ratti), non vengono solo
da Robert Browning o dalle provvisorie, lacunose edizioni di allora,
e le letture misteriche, non «nozionistiche» (quindi, da Pound
benamate), di Joséphin Péladan, rifinite con un pizzico di Remy de
Gourmont, ma dai gangli tecnici, musicali - e dallo «spirito» -
della poetica occitanica, più aperti a chi della materia ne sa di
più: alle radici. Ecco dunque la necessità di parlare nell'armonia
del «contrappunto».
E, parlando d'‘amore',
com'era d'uso in Provenza, non si può non apprezzare, per esempio,
il ragionamento che Capelli ci propone, partendo dalla canzone
Dompna, puois, la «donna composita» («patchwork») da cui
ci si congeda, di Bertran de Born, per giungere alla domna
soisseubuda (la femminilità angelicata, la «donna ideale»), il
«fantasma» che, con l'altra imperiosa, si trascinerà nei Cantos
attraverso ipostasi incontrate nella Storia e nella vita, tutte
figlie di madri mitologiche. O, parlando di guerra, com'era d'uso in
Provenza, fa piacere apprendere che si chiama plazer «l'elogio
di ciò che piace e quindi, nello specifico di Bertran de Born, della
violenza dello scontro guerresco». E nella straordinaria Sestina
Altaforte (1909) Pound lascia che Bertran canti il suo plazer
(«Maledica per sempre Iddio quelli che gridano ‘Pace'»), ma
poi, rispedisce quel Bertran «all'Inferno», dove l'aveva trovato in
Dante (canto XXVIII), perché, secondo la razo (la prosa
esplicativa) ad Altaforte, «seminatore di discordie».
Con la ricerca di nuovi
documenti, la bibliografia precedente e l'arte giusta, grande aiuto a
questo volume viene dal corposo Ezra Pound to his Parents
(1895-1929), le lettere ai genitori, apparse nel 2010. Valeva la pena
aspettare la conclusione di un lavoro così lungo e complesso
(‘filologico'), perché ora esso apre l'accesso a infiniti percorsi
di orientamento e di scoperta: fonti, letture, ‘ritrovamenti'
casuali, date e spostamenti spaziali del primo Pound vagabondo, il
percorso provenzale incluso. Le lettere ai genitori sono - con il
Companion ai Cantos di J.F. Terrell - uno strumento ormai
inevitabile, per cominciare, come fa Capelli in Appendice (per
esempio: sulle edizioni usate da Pound), a ripercorrere - e ad
assestare - le strade. E a questo fine basterà ricordare gli echi
del «refrain» della lauzeta (l'allodola) di Bernart de
Ventadorn (Bertran e Bernart: magari un «indice dei nomi» qui non
avrebbe disturbato), scoperto allo Hamilton College nel 1905, e
ritrovato nei Canti Pisani a rispondere - in modo struggente -
cantando «in contrappunto».
alias domenica 6 ottobre
2013
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