Nel sito “Nuova Atlantide”, leggo
un articolo un articolo di Alfredo Morganti del 28 maggio dal titolo
“I nuovi intellettuali organici” (http://www.nuovatlantide.org/nuovi-intellettuali-organici/). L'autore vi denuncia l'aggregazione al carro renziano di alcuni
scrittori ed intellettuali come Piccolo, Baricco e Lodoli, acutamente
sottolineandone la mancanza di inventiva e di entusiasmo nel supporto
al politicante fiorentino.
Trovo l'articolo di ottima qualità, ma
mi dà molto fastidio che si usi a sproposito la categoria gramsciana
di "intellettuale organico", la cui complessità
evidentemente sfugge alle giovani generazioni. Credo che (senza aver
studiato i "Quaderni") i più la interpretino all'incirca
come “intellettuale di regime” o di "intellettuale al
servizio del partito" e non intendono, forse, che l'essere parte
attiva di un organismo dinamico, complesso e dialettico (un
grande movimento più che un partito) non significa affatto
trasformarsi in propagandisti (in “pifferai”, diceva Vittorini).
Quello che, caso mai, Gramsci implicitamente respinge nella sua
visione “organica” del partito e del movimento di trasformazione
della società è il primato dei “rivoluzionari di professione”.
Quella della cultura "al servizio" della politica (cioè
degli intellettuali al servizio delle burocrazie politiche) non è in
vero la gramsciana organicità, ma è stalinismo, zdanovismo, o anche
togliattismo. Nel caso specifico poi, in presenza dell'uomo solo al
comando, non mi sembra affatto fuori luogo parlare di "intellettuali
cortigiani".
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