30.6.15

Gramsci e Labriola (Mario Spinella)

Questa breve nota su Gramsci e Labriola nacque come la voce Labriola di una progettata ( e mai realizzata) enciclopedia del pensiero di Gramsci. La riprendo dal “Calendario del popolo”, ove venne pubblicata come anteprima. (S.L.L.)
Antonio Labriola (Cassino 1843 - Roma 1904), filosofo italiano. Studiò a Napoli con Bertrando Spaventa, che gli fu guida alla conoscenza di Hegel e di Spinoza. Fu più tardi influenzato dal pensiero di Herbart. Dal 1874 professore di filosofìa morale all’Università di Roma. Nel 1876 rese pubblica la sua adesione al movimento socialista e si adoperò, all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, per la fondazione del partito socialista e intrattenne un fìtto carteggio con Friedrich Engels. Nel 1896 pubblicò In memoria del manifesto dei comunisti; nel 1897 Del materialismo storico; nel 1898 Discorrendo di socialismo e di filosofia, in polemica con l’anarco-sindacalista Georges Sorel.
L’importanza di Labriola come marxista sta nell’avere affermato con forza l’autonomia del materialismo storico da qualsiasi materialismo metafìsico, l’importanza decisiva dell’azione (praxis) dei gruppi umani organizzati, il carattere anti-ideologico del pensiero e del metodo di Marx. Al marxismo Labriola rimase sempre fedele, in vivace polemica con l’amico B. Croce, che lo aveva abbandonato, dopo un’iniziale adesione.
Nella formazione di Gramsci l’opera di Labriola può considerarsi come essenziale; a lui sono dedicate molte note dei Quaderni. Anche se citato di rado negli scritti precarcerari, va ricordato il giudizio contenuto nell’articolo Achille Loria e il socialismo («Avanti!», ed. piemontese, 29.1.1918): «... la produzione intellettuale del socialismo italiano, che pure con gli scritti di Antonio Labriola aveva avuto un principio così fulgido e pieno di promesse». Tre settimane prima, nel numero del 5.1.1918 del settimanale socialista torinese “Il grido del popolo”, Gramsci aveva fatto pubblicare il terzo paragrafo del saggio di A. Labriola Del materialismo storico, con il titolo Le ideologie nel divenire storico.
Tale è l’importanza che Gramsci attribuiva all’opera di Labriola che, stendendo nel Quaderno 3 (1930) un progetto-programma per una «rivista tipo» scriveva che «la trattazione analitica e sistematica della concezione del Labriola» potrebbe costituire la sezione filosofica di una rivista di informazione critica, storica e bibliografica, dedicata —come dirà altrove (Quaderno 24,1934) — «a un lettore che ha bisogno per svilupparsi intellettualmente di avere dinanzi, oltre al saggio sintetico, tutta l’attività analitica nel suo complesso che ha condotto a quel risultato».
La ragione fondamentale di questo interesse per Labriola deriva, per Gramsci, dal fatto che «in realtà il Labriola, affermando che la filosofia del marxismo è contenuta nel marxismo stesso, è il solo che abbia cercato di dare una base scientifica al materialismo storico». Labriola infatti, preciserà Gramsci riprendendo l’argomento nel Quaderno 11 (1932-1933), fu il primo ad affermare «che la filosofìa della prassi è indipendente da ogni altra corrente filosofica, è autosufficiente».
Non si trattava di una affermazione di rilievo secondario. Gramsci sottolinea che tale concezione, dell’autonomia del materialismo storico, era insidiata da due tendenze, che domineranno ancora a lungo nel campo «marxista». Da un lato quella che si rifà al filosofo russo Georgij Plechanov e ricade «nonostante le sue affermazioni in contrario» nel materialismo volgare e nel metodo positivistico. Dall’altro, quella che collega il pensiero di Marx in modo particolare a quello di Kant, «o ad altre tendenze filosofiche non positivistiche e materialistiche».
Nel porsi il problema di quali potessero essere le ragioni del prevalere di tali tendenze rispetto alla corretta impostazione di Labriola, Gramsci osserva che ciò derivava dal fatto che «nel periodo romantico della lotta... tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico». Ma, con la conquista dell’egemonia da parte della classe operaia e con la fondazione di un nuovo tipo di Stato, nasce «l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive». Anche da ciò — dalla situazione determinata dalla vittoria del proletariato nella Rivoluzione d’Ottobre — scaturiva «la necessità di rimettere in circolazione Antonio Labriola e di far predominare la sua impostazione del problema filosofico».
Coerentemente, Gramsci si avvale di molte posizioni tratte dall’opera di Labriola e dalla sua critica al positivismo e alla sociologia da esso ispirata, per polemizzare con l’impostazione del celebre e diffusissimo manuale di Bucharin La teoria del materialismo storico - Manuale popolare di sociologia, le cui posizioni fondamentali in campo filosofico si ritroveranno, del resto, nella Storia del partito comunista bolscevico redatto sotto la direzione di Stalin, che rappresentò sino al 1956 il fondamentale testo storico-teorico di massa nelle scuole dell’URSS. Malgrado questa valutazione così ampiamente positiva, Gramsci non risparmia tuttavia a Labriola talune non secondarie critiche, in particolare quella di farsi portatore, in qualche caso, «di uno pseudo-storicismo, di un meccanicismo abbastanza empirico e molto vicino al più volgare evoluzionismo»: quelle stesse caratteristiche che Gramsci riscontrerà in Giovanni Gentile. Questi rilievi critici, anche severi, testimoniano della costante attenzione di Gramsci a distinguere il proprio «storicismo» dallo «storicismo» ampiamente diffuso nella cultura italiana prefascista e fascista, che in luogo di essere «dialettico e progressivo» è invece «meccanico e retrivo».


“Il Calendario del popolo” n.293 – anno 33 ottobre 1977

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