Il secondo editoriale di “micropolis” del 27 giugno 2015 è stato
impaginato prima degli ultimi sviluppi della crisi greca; mi pare che
ciò non gli tolga nulla della sua efficacia analitica, critica e
propositiva. (S.L.L.)
Il Fondo monetario
internazionale vuole entro il 30 giugno il rimborso del prestito
fatto alla Grecia. Per farlo Tsipras dovrebbe ricevere dall’Unione
europea gli oltre sette miliardi di prestiti promessi. Per avere il
nuovo prestito dovrebbe accettare le imposizioni dell’Unione che
significano nuova miseria, meno pensioni, salari più bassi, meno
servizi, nuove tasse: quelle che vengono chiamate, con termine
improprio, riforme. In altri termini i soldi entrano per rientrare
velocemente nelle tasche dei creditori con il gravame degli
interessi, senza nessun alleggerimento della crisi ellenica, che anzi
tende ad avvitarsi su se stessa. Finora le misure imposte ed adottate
dai precedenti governi hanno portato ad un aumento del debito, senza
determinare nessun accenno di ripresa. Il ricatto è che se non si
accettano le condizioni dell’Unione la Grecia fallirà
ufficialmente - nella sostanza è già fallita - subendo le
conseguenti convulsioni sociali ed economiche.
Non sappiamo, mentre
scriviamo, cosa succederà entro il 30 giugno, se si andrà o meno ad
un accordo onorevole, ad una mediazione tra le parti. Se tuttavia non
si arriverà ad un accordo e si giungerà al fallimento della Grecia
ciò non sarà esente da rischi e contraccolpi sull’insieme
dell’Unione e soprattutto sui paesi più deboli, segnatamente
quelli mediterranei, Italia inclusa. Appare, per altro verso,
evidente come sulla Grecia si giochi una partita tutta politica.
L’Europa è quella che è e chi pensa di mettere in discussione,
soprattutto da sinistra (da Syriza a Podemos), politiche, gruppi di
comando, assetti costituiti, deve essere tacitato. Se ci si pensa è
la stessa logica che viene applicata alle politiche dell’immigrazione
e spiega l’isolamento in cui viene lasciata l’Italia e i muri
fisici e polizieschi che vengono elevati contro i migranti. Siamo
insomma di fronte ad una guerra combattuta sul continente con armi
non convenzionali.
C’è più di un motivo
di preoccupazione e più di una buona ragione per intensificare
l’opposizione nei confronti delle politiche europee. Carlo Rosselli
quando scoppiò la guerra civile in Spagna lanciò la parola d’ordine
“Oggi in Spagna, domani in Italia” per mobilitare l’antifascismo
italiano ad accorrere in difesa della Repubblica spagnola. In maniera
diversa si può affermare che quanto sta avvenendo oggi in Grecia può
avvenire domani in Italia. E’ un motivo più che sufficiente per
mobilitarsi al fianco del governo e del popolo greco.
"micopolis", anno XX, n.6 27 giugno 2015
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