Wilson Pikett |
«Noi siamo il 99
percento della popolazione che subisce il sistema, voi l’1 percento
che ne gode gli sproporzionati vantaggi». Lo slogan degli indignati
si presenta quanto mai efficace e carico di un populismo che rompe
con alcune parole d’ordine classiche della sinistra. Prendiamo la
pietra angolare marxista della lotta di classe: divideva la società
in proporzioni diverse e nessuno pensava che la vituperata borghesia
fosse tanto esigua. Invece gli «indignados» americani pretendono di
parlare a nome di tutto il paese, eccezion fatta per il manipolo di
potenti che lo rovina. Una maggioranza tanto schiacciante (sulla
carta) da far apparire una banda di delinquenti la minoranza che
detiene le leve economiche. Ma qual è la provenienza di questa
parola d’ordine messianica che divide il bene dal male in maniera
tanto schiacciante? In un recente filmato comparso su youtube Angela
Davis conciona il pubblico al grido di «Occupy Philly», occupiamo
Philadelphia. Angela, militante di lungo corso della sinistra,
utilizza la retorica americana «da predicatore» che ha influenzato
l’oratoria dei politici di colore di estrazione religiosa (ma non
solo), da Martin Luther King a Jesse Jackson, dai rivoluzionari come
Malcolm X fino al sogno infranto di Obama. Angela Davis affronta il
pubblico con la pratica del salmo responsoriale: all’affermazione
dell’officiante fa da immediato contraltare la risposta in coro dei
fedeli: è la tecnica del «call and response», tipica del gospel,
del blues, del jazz. Il drappello dei credenti si scalda al rauco
arringare del predicatore mentre tuona di inferno e dannazione o
zufola di paradiso e salvezza: un'esperienza distante da quella della
sinistra tradizionale legata al comizio politico o sindacale di
piazza. Ecco perché una parola d'ordine così può derivare da un
gospel: 99 and a Half Won't Do (99
e mezzo non bastano, dobbiamo essere 100).
Come per il 99 percento degli indignati contro l’1 percento: la
lotta del bene (grande) contro il male (piccolo, infimo) è simile in
questo celebre inno, ancora oggi cantato nelle congregazioni nere. Il
testo si rifà alla parabola del buon pastore citata dai vangeli di
Matteo e Luca. Gesù narra che il pastore, accortosi che le
sue pecorelle sono novantanove e non cento, si mette in cerca di
quell'unica smarrita. Egli tornerà felice dal resto del gregge solo
quando l'avrà trovata. Il regno dei cieli appartiene a tutti e il
pastore deve cercare di salvare l'anima del singolo peccatore più
che gioire delle coscienze già redente. Una canzone dalla lunga
storia. L'ultima versione l'hanno cantata il diacono Joseph Carter
Jr. e il ministro Leslie Sims Jr. nel disco Sing Me Back Home
(2006) inciso dai New Orleans Social Club per raccogliere fondi dopo
l'uragano Katrina, ma il brano aveva assunto già negli anni
Cinquanta un valore secolare a fianco di quello religioso: non tutti
i cittadini godevano della piena libertà e i neri volevano
conquistarsi un posto nella società americana, non solo ambire al
regno dei cieli. Per gli afroamericani la speranza messianica
consisteva nell'arrivare a un'America che non fosse più un inferno
ma il paradiso in cui entrare come comunità.
Le classiche versioni
rese dal gruppo gospel Harmonettes o dalla cantante Rosetta Tharpe
giocano sul doppio registro: significato religioso visibile e
accezione politica in filigrana. La carica potenzialmente eversiva
rimase al brano anche quando negli anni Sessanta Wilson Pickett ne
fece una versione r'n'b tostissima, reclamando furioso di voler
possedere tutto il cuore della sua bella e di non accontentarsi del
novantanove e mezzo. Dalla chiesa alle classifiche, dall'amore sacro
a quello profano; ma il messaggio resta: vogliamo tutta la libertà
non quasi tutta. Il fatto che dietro il ruggente Pickett graffiasse
anche un riff del giovane Hendrix ne amplifica l'ascendente sul rock.
Cover successive di questo brano arrivano dai Credence
Crearwater Revival (versione bianca e dura), da Buddy Guy (blues
rock), Mavis Staples (soul). Fa anche capolino durante un
tour mondiale di Springsteen. Insomma novantanove continuano a non
bastare, bisogna fare cento e cancellare (o convertire) quell'uno.
Impresa faticosa. Non era l'inventore Edison ad affermare -
riecheggiando anch'egli la parabola del buon pastore - che: il genio
richiede un 1 percento di inspiration e un 99 di perspiration
(sudore)? Un pizzico di genio e tanta buona volontà: vale per il
gospel, per il rock e forse anche per gli indignados.
“alias il manifesto”,
14 gennaio 2012
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