L'articolo che segue, di
Marco Cinque, salutava – rievocandone la tragica storia la
decisione del Procuratore Generale della Pennsylvania di ritirare la
richiesta della pena di morte per Mumia Abu-Jamal, avvenuta nel
dicembre 2011, dopo che il condannato aveva trascorso nel “braccio”
quasi 30 anni. Il 10 aprile 2012 egli poté rilasciare la prima
intervista dalla prigione dopo 17 anni di isolamento (al network
televisivo “Russia Today”). Gravemente malato di diabete, Jamal è
stato ricoverato prima in ospedale, poi nell'infermeria del carcere
in questo 2015, mentre un'ampia mobilitazione dell'opinione pubblica
continua a chiedere a Barack Obama di concedergli la grazia, visti i
34 anni di prigione già scontati e le condizioni precarie di salute.
Ma finora da quell'orecchio non ci sente. (S.L.L.)
Mumia Abu-Jamal |
Wesley Cook,
l’afro-americano di origini keniote conosciuto come Mumia
Abu-Jamal, è diventato, nell’ultimo trentennio, simbolo della
lotta contro la pena di morte. Divenuto la «la voce dei senza-voce»,
Mumia è entrato presto nel mirino dell’Fbi. Già a soli 14 anni,
infatti, nel 1968 a Philadelphia, fu arrestato per aver protestato
contro le politiche segregazioniste dell’allora governatore
dell’Alabama, George Wallace.
Poi fu schedato e
trasformato in bersaglio dal «Cointelpro» (programma
d’infiltrazione e di contro-spionaggio) assieme ad altri membri
delle Pantere nere. Divenuto giornalista radiofonico, i suoi servizi
hanno infastidito non poco sia i politici che la polizia di
Philadelphia, accusati d’intrallazzi, abusi e corruzione, ciò che
gli valse il licenziamento dalla radio. Per sopravvivere e mantenere
la sua famiglia, Mumia lavorò come tassista notturno. È proprio
durante il suo servizio, il 9 dicembre 1981, che Abu-Jamal rimase
gravemente ferito in una sparatoria dove fu ucciso l’agente di
polizia Daniel Faulkner. Vittima di uno dei tanti processi-farsa del
sistema giudiziario Usa (Sacco e Vanzetti docet), Mumia fu condannato
a morte, nel luglio del 1982. Dopo 17 anni nel braccio, nel giugno
1999, il vecchio sicario Arnold Beverly confessò ad uno degli
avvocati di Abu-Jamal di essere l’autore dell’omicidio di
Faulkner, ma questa prova non venne mai presa in considerazione.
Intorno al caso di Mumia
è nata una mobilitazione intemazionale che lo ha trasformato in un
simbolo, assieme al prigioniero politico amerindiano Leonard Peltier,
della lotta contro l’ingiustizia e la discriminazione del sistema
giudiziario e politico Usa.
In carcere Mumia ha
collaborato con molte testate giornalistiche intemazionali e scritto
libri (ha scritto anche vari articoli per “il manifesto”). In
Italia è stato pubblicato In diretta dal braccio della morte e nel
2007 fu prodotto il film documentario In Prison My Whole life.
In uno dei suoi scritti più conosciuti, Mumia concludeva: «Mentre
leggete, sappiate che sono stato punito dal governo perché continuo
a scrivere, dal braccio della morte. Hanno cominciato a punirmi
perché scrivevo quando avevo 16 anni. Mi sono arrogato il mio
diritto di scrivere. Voi, arrogatevi il vostro diritto di leggere”.
“il manifesto”, 8
dicembre 2011
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