Nel 1948 si svolse a
Londra la quattordicesima edizione dei Giochi olimpici moderni, la prima del
dopoguerra. La Germania non fu ammessa alle gare. Era cominciata da
più di un anno la “guerra fredda” e in conseguenza delle
tensioni su Berlino l'Unione Sovietica si rifiutò di partecipare. La
trentenne Fanny Blankers-Koen, ribattezzata “mammina volante” o
“olandese volante” fu sicuramente il personaggio che più attirò
l'attenzione generale non solo per le sue squillanti vittorie, ma
anche per la sua condizione di madre in un tempo in cui il baby
boom esplodeva anche come
risposta alla immane carneficina della II Guerra Mondiale. La prima
delle medaglie d'oro fu vinta da Fanny sotto la pioggia nel
pomeriggio del 2 agosto; a me accadde di nascere qualche ora dopo, il
3, sul far del mattino. Ben quattro nascite vi furono in quel dì nel
mio paese siciliano, che aveva al tempo circa undicimila abitanti.
S'intende perché nel giro di pochi anni sarebbero diventati quasi
quindicimila, pur in assenza di sviluppo economico. (S.L.L.)
Fanny Blankers-Koen nel 1949
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Una bionda e florida
mamma olandese. A lei bisogna dare il titolo di "eroe eponimo"
dei Giochi: Fanny Blankers-Koen, vincitrice di quattro medaglie,
detentrice di sette primati mondiali contemporaneamente, nelle corse
di velocità, nei salti in alto e in lungo, nel pentathlon. Nata ad
Amsterdam il 26 aprile 1918, aveva diciotto anni quando a Berlino
provò le prime emozioni olimpiche.
Passarono dodici anni e
la signorina Koen era diventata signora Blankers, avendo sposato il
suo allenatore, madre felice nella fiorente pienezza dei trent'anni.
Un po' "vecchia" atleticamente, si sarebbe potuto
giudicare. Ma Fanny pensò bene di smentire tutte le previsioni. Nei
100 metri, dopo aver vinto la sua batteria, si incontrò nella
semifinale con la fortissima australiana Strickland, e la distanziò
di quattro decimi. Nella finale non ci fu lotta: l'inglese Manley e
la Strickland (la più anziana delle due ha sette anni meno di lei),
furono distanziate di almeno 3 metri. Più netta ancora la vittoria
nei 200, gara alla quale la Blankers-Koen, come ebbe ella stessa a
dichiarare, non avrebbe voluto assolutamente allinearsi, avendo una
vera e propria nausea di correre, essendosi trovata psicologicamente
svuotata, in preda a crisi di nervi E invece, convinta dal marito,
scese in pista e lasciò la seconda arrivata, l'inglese Williamson, a
sette decimi di distanza. Più dura la gara degli 80 o-stacoli, la
preferita dall'olandese. La finale fu davvero spasmodica, la Koen
riuscì a precedere di pochissimo sul filo di lana l'inglese Gardner,
tanto che entrambe furono accreditate del medesimo tempo: 11"2.
Era il nuovo primato mondiale (l'unico di tutte le gare atletiche,
maschili e femminili).
Poi la staffetta. Le
compagne della Koen non erano certo all'altezza di Fanny, e in finale
la terza frazionista consegnò il bastoncino alla Koen con un certo
ritardo. E qui, la Koen compì il suo capolavoro: si gettò
all'inseguimento dell'australiana Joyce King, la raggiunse negli
ultimi metri e la batté sul filo di lana. I cronometri segneranno
per l'Olanda 47"5, primato olimpico eguagliato.
Gli olandesi al suo
ritorno in patria le decretarono il trionfo, come un tempo per le
eroine che avevano salvato la città da qualche mortale pericolo, e
la vollero applaudire sulla carrozza con il tiro a sei e gli
accompagnatori in livrea, rigidi e impettiti; le innalzarono poi un
monumento.
da Stefano Jacomuzzi,
Storia delle Olimpiadi, Einaudi, 1985
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