Ci son cascata come una
pera. Mi piace quest’espressione, mi piace l’immagine della pera
matura che cade. Lo dico così spesso che non so quante pere ho visto
cadere, nel parlare della mia vita.
Però anche le pesche
cadono.
E cadono anche le mele,
le prugne, le nespole e, ancor più classicamente, le foglie.
Allora perché non
diciamo mai: ci sono cascata come una pesca? Perché nel nostro
linguaggio, nell’uso comune, nella tradizione dell’espressività
popolare, cadono sempre soltanto pere? In questo inizio d’anno
politicamente ed economicamente tormentato, dove intellettuali,
giornalisti, scienziati, scrittori, attori e studiosi si dedicano a
capire perché il Pil non cresce, perché la disoccupazione sale, se
usciremo dall’euro e quanto siamo fascisti, io tenterei di dare una
risposta al problema delle pere: diciamo così perché un tempo nelle
campagne i peri erano gli alberi maggioritari, cioè i contadini
piantavano in prevalenza peri? o perché ai contadini piace il
formaggio con le pere, dunque in qualche modo è il loro frutto
preferito, anche nel linguaggio? o perché le pere, per qualche loro
strana fragilità costituzionale, cadono di più rispetto agli altri
frutti?
Mi sono rivolta a un mio
amico, uno studioso molto serio, il quale dopo averci pensato un po’
ha risposto: perché le pere cadono in piedi. Gli ho chiesto di
spiegarsi meglio. Ha detto che la conformazione fisica della pera, il
peso maggiore della sua parte posteriore, fa sì che cada in
verticale, si appoggi col sedere a terra, per dirla in modo
visivamente efficace. Effettivamente la pera cadendo non rotola, o
rotola meno. Soprattutto non cade mai a testa in giù (ammesso che la
testa sia dove spunta il picciuolo). Quindi è la più adatta ad
esprimere l’analogia con l’essere umano che cade, anche lui
solitamente di sedere. Poi l’amico scienziato s’è perso in un
vortice di similitudini, tra le quali: “Sai, in fondo potremmo dire
che la pera è come il gatto, cade sempre giusto”.
E qui mi si è disegnato
in mente un gatto che cade da un’altezza considerevole e riesce ad
atterrare molleggiando sulle quattro zampe. E riprende a camminare
come nulla fosse, con passo elegante, ovviamente felpato.
Il Sole 24 ore, 24
febbraio 2019
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