Articolo vecchiotto
(2011) e di sicuro qualche passo avanti è stato fatto (e – qua e
là - forse anche qualcuno indietro). Il problema nella sua ampiezza
e complessità è ancora vivo. È anche un'opportunità. “I
problemi – dice qualche volta Davide - sono fatti per essere
risolti”. (S.L.L.)
Ci sono tanti di quegli
eventi “ecologici” all’anno che si fa fatica a seguirli tutti,
ma uno, che si è svolto nell’agosto scorso a Stoccolma, merita
forse attenzione sotto vari aspetti. Nell’ambito di una “settimana
dell’acqua” si sono tenute varie conferenze … sui gabinetti..
Nei paesi industrializzati, giustamente, si combattono battaglie per
ridurre i milligrammi di metalli o il numero di batteri come
Escherichia coli che possono essere tollerati nelle acque di fogna,
ma nel nostro pianeta 2800 milioni di persone non solo non hanno
fognature, ma non hanno neanche acqua corrente e gabinetti nelle loro
case, che talvolta sono soltanto baracche. Gli escrementi finiscono
nei campi e da li, con il loro carico di batteri e di sostanze
nocive, sono trascinati dalle piogge nei fiumi e nel sottosuolo e
finiscono nei pozzi e contaminano le acque usate poi nelle case: un
ciclo perverso dell’acqua che diffonde malattie, epidemie e morte,
soprattutto infantile.
Si stima in centinaia di
migliaia il numero di bambini in tenera età, una strage degli
innocenti, che muoiono ogni anno per mancanza di pur elementari
servizi igienici. A Stoccolma la discussione sui servizi igienici per
i paesi sottosviluppati non era motivata da considerazioni etiche o
dall’amore per il prossimo; la diffusione di apparecchiature
igieniche per chi ne è privo rappresenta un grandissimo affare
industriale e finanziario; al fianco della conferenza c’era una
grande esposizione (una specie di “Fiera del Levante” di
gabinetti e fognature) in cui centinaia di imprese hanno esposto le
loro proposte di sistemi igienici, possibilmente a basso costo e
efficienti, da esportare nei parsi arretrati. Si tratta, infatti,
anche di soldi e di lavoro: uno studio della Banca Mondiale ha
indicato che nel solo Bangladesh, il popoloso paese musulmano a
oriente dell’India, 150 milioni di abitanti in rapido aumento, la
mancanza di acqua corrente, di gabinetti, di fognature (per non
parlare di depuratori delle acque usate) costa al paese 2 miliardi di
euro all’anno. Il calcolo è fatto sulla base delle spese che si
devono affrontare per curare dissenteria, malaria ed epidemie
responsabili delle morti premature dei bambini a causa del contatto
con acqua sporca nelle case e nei villaggi.
È quindi evidente che le
autorità sanitarie dei vari paesi chiederanno prima o poi, a chi le
sa produrre, apparecchiature igieniche, contando anche su
finanziamenti internazionali. La dimensione del problema appare se si
considera che ogni persona, sia essa ricca e potente o povera e
poverissima, ogni anno introduce, direttamente o con gli alimenti,
circa 1000 chili di acqua che vengono eliminati con gli escrementi
sotto forma di urina e di feci. Se una persona può utilizzare un
gabinetto ad acqua corrente, “consuma”, per lo smaltimento di
questi rifiuti, ogni anno da 10 a 20 mila litri di acqua che viene
così sporcata e contaminata; se i gabinetti sono collegati ad una
fognatura e a qualche depuratore, una parte dei rifiuti organici
viene trattata o trasformata; altrimenti le acque sporche vanno a
finire nei fiumi o nel mare e sono fonti di inquinamento
microbiologico e di diffusione di virus.
L’importanza economica
dei gabinetti è dimostrata dal fatto che esiste una Associazione
internazionale di imprese di servizi igienici che terranno la propria
undicesima conferenza mondiale nel prossimo novembre ad Haikou, città
all’estremo sud della Cina. Da Stoccolma alla Cina è una nuova
corsa a inventare, perfezionare e fabbricare strumenti per migliorare
le condizioni igieniche del mondo, specialmente dei paesi più
poveri; affari e attività industriali che hanno comunque l’obiettivo
di assicurare la sopravvivenza di almeno una parte dei bambini oggi
sterminati dalle epidemie di origine fecale. Nei paesi industriali ci
sono investimenti e pubblicità per servizi igienici sempre più
sofisticati per una popolazione che pure ha già risolto i suoi
principali problemi igienici e non c’è attenzione per un “mercato”
che pure comprende centinaia di milioni di persone.
Il fatto è che nelle
Università può sembrare ridicolo lavorare su problemi così
“volgari” come la progettazione di “gabinetti di villaggio” e
di tecniche di depurazione delle acque di fogna, benché la loro
soluzione richieda spesso avanzate competenze tecnico-scientifiche.
Da noi per i paesi arretrati lavorano soltanto le associazioni di
volontariato e le Famiglie missionarie, con mezzi limitati e nel
disinteresse generale della politica e anche delle imprese. Alla
progettazione e costruzione di gabinetti e sistemi igienici per i
paesi arretrati lavorano invece intensamente proprio i paesi di nuova
industrializzazione, come Cina e India. Eppure queste tecnologie,
umili e considerate “povere”, potrebbero dar vita anche in Europa
a nuove imprese, a nuovi posti di lavoro, con prospettive di una
vastissima richiesta futura. Prospettive per una ingegneria
dell’amore per il prossimo e per l’ambiente.
La Gazzetta del
Mezzogiorno, martedì 11 ottobre 2011 (dal sito di Giorgio Nebbia)
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