Sempre la mia scrittura
si è trovata di fronte due strade divergenti che corrispondono a due
diversi tipi di conoscenza: una che si muove nello spazio mentale
d'una razionalità scorporata, dove si possono tracciare linee che
congiungono punti, proiezioni, forme astratte, vettori di forze;
l'altra che si muove in uno spazio gremito d'oggetti e cerca di
creare un equivalente verbale di quello spazio riempiendo la pagina
di parole, con uno sforzo di adeguamento minuzioso dello scritto al
non scritto, alla totalità del dicibile e del non dicibile. Sono due
diverse pulsioni verso l'esattezza che non arriveranno mai alla
soddisfazione assoluta: l'una perché le lingue naturali dicono
sempre qualcosa in più rispetto ai linguaggi formalizzati,
comportano sempre una certa quantità di rumore che disturba
l'essenzialità dell'informazione; l'altra perché nel render conto
della densità e continuità del mondo che ci circonda il linguaggio
si rivela lacunoso, frammentario, dice sempre qualcosa in meno
rispetto alla totalità dell'esperibile.
Tra queste due strade io
oscillo continuamente e quando sento d'aver esplorato al massimo le
possibilità dell'una mi butto sull'altra e viceversa.
Da Lezioni americane, Mondadori 1993 - 3. Esattezza
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