11.4.19

I danni inestimabili dei turisti maleducati (Luca Angelini)



Ci sono quelli che fanno il bagno (con selfie) nella Fontana di Trevi. Quelli che girano nudi nel tempio cambogiano di Angkor Wat. Quelli che non resistono alla tentazione di sfregiare con un graffito il celebre Buddha sdraiato di Nanzoin, in Giappone, di rubare un manifesto propagandistico in Nord Corea o di deturpare con lo spray un muro di Auschwitz.
Sulle malefatte dei turisti maleducati si potrebbero scrivere interi volumi. Ma quando sui muri di Barcellona iniziano a comparire graffiti (deturpanti) che recitano «Welcome refugees, tourist go home», è segno che la misura è quasi colma. In effetti, scrive su “The Conversation” Freya Higgins-Desbiolles, della University of South Australia, in molte parti del mondo i turisti sono sempre meno ben accetti. Quasi sempre per colpa loro. «Il problema è che il turismo è promosso come un’attività di puro edonismo. Invece di essere incoraggiati a vedere se stessi come cittadini globali che hanno sia diritti che responsabilità, ai turisti viene venduta l’illusione di una indulgenza illimitata. Vengono considerati consumatori, con privilegi speciali». Autorizzati a tutto, anche al disprezzo degli usi e costumi altrui (e persino dei propri, quando non sono a casa propria).
Come esempio di possibile rimedio, Higgins-Desbiolles indica la campagna neozelandese «The Tiaki Promise» («proteggere, preservare» in lingua maori) per far capire che la ricompensa del turista responsabile è l’accoglienza a braccia aperte, ovvero «l’esperienza senza prezzo che deriva dallo stare con la gente del posto, anziché imporsi ad essa». Non è meglio di un graffito o un selfie?

Rassegna Corsera, 10 aprile 2019

Nessun commento:

statistiche