Pasolini davanti alle ceneri di Gramsci |
Propongo qui l’incipit di un articolo di Leonardo Sciascia pubblicato dal settimanale del Pci “Rinascita” il 12 dicembre 1975 intitolato Dio dietro Sade e dedicato a Pier Paolo Pasolini, alla sua morte recente, all’ultimo suo film (S.L.L.).
Pasolini in borgata |
Sul “Figaro” del 4 Novembre , in un breve corsivo intitolato Non conforme, André Frossard scriveva di Pasolini: “Ci dicono che questo celebre cineasta italiano, ora morto in condizioni particolarmente sinistre, non ha mai cessato durante la sua vita di proclamare il suo anticonformismo. In effetti: leggo la sua biografia, ed apprendo che egli si rifaceva al marxismo, il che è di una originalità folle e quasi scandalosa oggi, soprattutto tra gli intellettuali, soprattutto in Italia, dove non c’è più di un marxista su due elettori. Egli ha ottenuto per due volte il gran premio dell’Ufficio cattolico per il cinema, di cui tutti sanno che è pieno di acrobati rivoluzionari la cui reputazione di ardimento è ormai consolidata. Infine, il suo ultimo film, che sarà presentato fra qualche giorno, è un adattamento delle Centoventi giornate di Sodoma di quel vecchio caro marchese de Sade le cui care vecchie manie ispirano due cineasti su tre. Bisogna convenire che è impossibile portare il nonconformismo più avanti di così senza cadere nell’insignificanza, a forza d’esagerazione”.
Queste affermazioni, vere una per una e suscettibili di ironico uso, non lo sono più quando confluiscono nell’ultima: il risultato di insignificanza, cui, a forza di esagerazione, Pasolini sarebbe pervenuto. C’è del conformismo nel proclamarsi marxista, e specialmente in Italia; c’è del conformismo e non c’è alcuna originalità nel continuare ad essere cattolico in un paese cattolico; c’è del conformismo nel manipolare per il cinema le vecchie care manie del vecchio caro marchese De Sade: ma questi tre conformismi messi assieme, e vissuti per come Pasolini li ha vissuti, hanno prodotto un tragico, disperato anticonformismo; un risultato tra i più significanti e duraturi (duraturo nel senso che anche se Pasolini sarà dimenticato in esso ci dibatteremo ancora per molti anni) del nostro tempo. Certo – al di là della quasi generale, generica e indistinta commozione in cui la sua morte ci ha gettati – occorrerà una seria e ferma analisi delle due conformistiche componenti da cui generava l’anticonformismo di Pasolini; e specialmente di quella marxista. In questo senso si potrebbe anche azzardare una specie di ipotesi di lavoro: che certe verità dette da Pasolini – sul capitalismo, sul consumismo, sulla violenza, sulla classe dirigente italiana (cioè non-dirigente), sull’istruzione pubblica – fossero marxiste in quanto verità, per la capacità e mobilità del marxismo a far propria ogni verità (che poi è l’esatto contrario di quel che certi marxisti intendono e professano per marxismo), e non lo fossero per estrazione, per adesione, per meditazione…
Nessun commento:
Posta un commento