Un articolo di Marco Zatterin su “La stampa” del 17 ottobre 2010 dà notizia del primo museo dedicato allo strumento nella città belga di Dinant, dove nacque il suo inventore. Per l’occasione Zatterin mette in fila notizie e curiosità su Adolphe Sax e sullo strumento che da lui prese nome, che qui in gran parte riprendo. (S.L.L.)
Adolphe Sax è ancora qui, nella via che ora porta il suo nome, seduto su una panchina davanti al numero 37 dove è nato quasi due secoli fa. Ha un aspetto severo che ricorda Giuseppe Verdi, se non fosse per lo strumento che stringe in grembo come fosse un figlio. Il sassofono fuso nel metallo pesante rende meno grave la figura, al fianco della quale si siedono rapidi i pochi turisti che sfidano la pioggia sottile dell'autunno belga che sembra già quasi inverno. Una foto abbracciati alla venerata statua scura, tutti magari intenti a chiedersi come sia stato possibile che quel signore con la barba nato a Dinant, all'ombra della cittadella che difendeva il ponte sulla Mosa, sia riuscito a modellare con uno degli ottoni più rivoluzionari in cui uomo abbia mai soffiato.
«Non suonarlo, lascia che sia lui a suonare te», amava ripetere il jazzista americano Charlie Parker, apostolo del culto del sassofono. A suo modo, e non senza falsa modestia dato il talento sregolato dell'uomo, la frase di «Bird» riproduceva la teoria elaborata intorno ai trent'anni da Antoine-Joseph Sax, detto Adolphe: «Il timbro di un suono sia determinato dalle proporzioni della colonna d'aria piuttosto che dal materiale del corpo che la contiene». Era figlio d'arte, sin da ragazzo aveva lavorato nella bottega del padre, gran progettista di clarinetti e fagotti. Nel 1840, a 26 anni, concepì un concetto ibrido sposando l'ancia del clarino, le chiavi dell'oboe e del flauto, e il cono di metallo. Gli parve straordinario e gli diede il suo nome. Saxophone! Centosettanta anni più tardi il Belgio ha deciso di celebrarlo come si deve…
Il geniale Adolphe visse poco a Dinant, aveva meno di un anno quando nel 1815 Guglielmo I d'Orange lo fece trasferire a Bruxelles, designandolo quale fornitore ufficiale di strumenti per l'esercito. Fu nella capitale che Adolphe immaginò le sue creature sonore. Eppure il successo arrivò solo a Parigi, dove si trasferì nel 1842 e morì nel 1894, povero in canna dopo una lunga serie di costose dispute per difendere il suo modello registrato. In riva alla Senna … l'incontro col compositore francese Hector Berlioz gli regalò la popolarità che cercava. Adottato dalle orchestre e poi dalla bande militari, lo strumento è diventato indispensabile col jazz nel secondo dopoguerra ed è rinato col rock. Oggi anima un universo che spazia da Parker a Bill Clinton, passando per Wayne Shorter (Weather Report), Fausto Papetti (trash italico anni settanta) e Zoot, il sassofonista coi capelli in genere blu del Muppet show. Mica poco. E' anche per questo che la piccola Dinant - «Citta' della Musica» - prova a riappropriarsi del suo figlio, organizzando di concerti ed eventi (Europ'A. Sax, 1-13 novembre) e inaugurando nella giornata finale il museo della «Maison Sax» ... Sulla strada sette alti totem sassofonici in altrettante tonalità, dal contrabbasso al sopranino. Il piano terra è angusto, le luci soffuse. Sul pavimento l'architetto ha disegnato un sax di otto metri. Tre stanze in tutto, foto, progetti, brevetti, strumenti dalle fogge che il profano troverà impensabili. In fondo quattro grandi pagine mobili dal quaderno dell'inventore. Suoni e suggestioni moderne incastrate nel passato...
Il severo Adolphe potrebbe trovar il tutto divertente. Era un uomo di spirito, si racconta, come il suo strumento. Certo gli sarebbe piaciuta la scusa con cui Jack Lemmon in versione Dafne cerca di smarcarsi dall'appiccicoso Osgood in «A qualcuno piace caldo». «Ho un passato terribile - dice - ho vissuto per tre anni con un sassofonista». Forse pensava a Parker morto di vizi. Oppure al suono di uno strumento che, come pochi altri, cambia le vite senza possibilità di ritorno. Sax, potendo, avrebbe sottoscritto entrambe le versioni.
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