Dario Puccini pubblicò per la prima volta nel 1959 il suo Romancero della Resistenza spagnola, un’antologia diventata presto classica e che conobbe successive revisioni ed ampliamenti. Essa raccoglieva nella prima parte le testimonianze poetiche coeve della resistenza antifranchista nella guerra civile del 1936-39, nella seconda i canti della Spagna democratica incarcerata, esiliata e dispersa per i continenti che rifiutava di arrendersi, nella terza le voci di solidarietà dal mondo intero. Il dramma della Spagna umiliata dal clerico-fascismo di Francisco Franco non era a quel tempo giunto al suo epilogo: il boia, ancora negli anni sessanta, non aveva cessato di usare la garrota.
E’ da quel libro importante, dalla sua prima parte – il vero e proprio romancero - , che ho tratto la poesia che segue, dai tratti epico-lirici. Ne è autore José Moreno Villa, un intellettuale d’origine malagueña, bibliotecario, pittore, poeta, giornalista, prima a Madrid poi nell’esilio americano di NewYork e Città del Messico (ove morì), amico stretto di Garcia Lorca e Buñuel. Non ho ripreso la traduzione di Puccini, ho preferito aggiornarla rispettando più che si potesse non solo la significazione ma anche la costruzione. (S.L.L.)
E’ da quel libro importante, dalla sua prima parte – il vero e proprio romancero - , che ho tratto la poesia che segue, dai tratti epico-lirici. Ne è autore José Moreno Villa, un intellettuale d’origine malagueña, bibliotecario, pittore, poeta, giornalista, prima a Madrid poi nell’esilio americano di NewYork e Città del Messico (ove morì), amico stretto di Garcia Lorca e Buñuel. Non ho ripreso la traduzione di Puccini, ho preferito aggiornarla rispettando più che si potesse non solo la significazione ma anche la costruzione. (S.L.L.)
José Moreno Villa |
fucile, pistola: questo è l’uomo.
Barba irsuta, barba intonsa,
sputacchi e imprecazioni,
piede saldo, sguardo attento,
dormire vestito: questo è l’uomo.
Questo è l’uomo del momento.
Non si vede che quest’uomo
per strade, treni, porticati,
sotto la pioggia e sotto il sole,
tra sedili travolti
e lampioni spenti,
tra carte sudice
che il vento d’inverno insegue.
Tutta la città è sua,
e non gl’importa nulla dove
potrà poggiare la testa
affaticata da notturne veglie.
Sembra che non abbia mai avuto
né mandrie né lavoro.
né famiglia che lo curi,
né donne con cui accoppiarsi.
Beve, canta, lotta e cade
(perché cadere è umano)
Non sa quasi nulla
(ma questo è quasi umano).
Vuole essere padrone insieme
con tutti gli altri uomini.
Vuole libri, pane, rispetto,
letto, lavoro, svaghi
e tutte quelle cose
che l’uomo produce per l’uomo
o che produce la natura
perché l’uomo se ne serva.
Sotto la pioggia invernale
e tra i cannoni solenni
lo vedo per la città
devastata, serio e nobile
come un germoglio che s’attacca
alla sua radice. Questo è l’uomo.
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