In una delle sue ultime
rubriche su “Panorama” Adriano Sofri prevedeva che (del silenzio
essendo meglio ormai scordarsi) la linea del futuro sarà il
Controrumore, rumori gradevoli da sovrapporre a quelli
sgradevoli.
L'idea evoca il Gog
di Papini, ma non si tratta di futuro: è quello che avviene già.
Si pensi alle musiche da
aeroporto, soffici e invadenti, che servono a contemperare il rumore
degli aerei. Ma due decibel cattivi più un decibel buono non fanno
un decibel e mezzo bensì tre decibel. La soluzione è peggiore del
male.
Il silenzio è un bene
che sta scomparendo, anche dai luoghi deputati.
Non so cosa accada nei
monasteri tibetani, ma mi sono trovato in una grande chiesa a Milano
dove erano stati invitati dei bravissimi cantori di gospels i quali
gradatamente, con effetti da discoteca riminese, hanno coinvolto i
fedeli in una partecipazione che forse sarà stata mistica, ma quanto
a decibel era da girone infernale. A un certo punto me ne sono andato
mormorando «non in commotione, non in commotione, Dominus»
(vale a dire che Dio sarà forse in ogni luogo, ma difficilmente lo
si troverà nel casino).
La nostra generazione
ballava alla musica sussurrata dei Frank Sinatra e dei Perry Como,
questa ha bisogno dell’ecstasy per reggere ai livelli sonori del
sabato sera. Ascolta musica sugli ascensori, la porta in giro in un
auricolare, la ascolta andando in macchina (insieme al rombo del
motore), lavora con musica di fondo mentre dalla finestra aperta
viene il rumore del traffico.
Negli alberghi americani
non c'è stanza che non rimbombi del rumore di macchine ansiose e
ansiogene.
Vediamo intorno a noi
persone che, terrorizzate dal silenzio, cercano rumori amici nel
cellulare.
Forse le generazioni
future saranno meglio adattate al rumore ma, per quello che so di
evoluzione delle specie, questi riadattamenti prendono di solito
millenni e, per una percentuale di individui che si adattano, milioni
periranno lungo la strada.
Dopo la bella domenica
del 16 gennaio, quando nelle grandi città la gente andava a cavallo
o su pattini a rotelle, Giovanni Raboni sul "Corriere” ha
notato come i cittadini che andavano per strada si godessero un
magico silenzio improvvisamente ritrovato.
È vero. Ma quanti sono
andati per strada a godersi il silenzio e quanti sono rimasti
corrucciati in casa con televisore al massimo volume?
Il silenzio si avvia a
diventare un bene costosissimo, e infatti è a disposizione solo di
persone facoltose che possono permettersi ville tra la verzura, o di
mistici della montagna con sacco a pelo, che poi s'inebriano talmente
dei silenzi incontaminati delle vette da perdere la testa, e
precipitano nei crepacci, in modo che dopo la zona sia inquinata dal
ronzio degli elicotteri dei soccorritori.
Arriveremo al momento
che, chi non resiste più al rumore, si potrà comperare "pacchetti"
di silenzio, un’ora in una stanza imbottita come quella di Proust,
al prezzo del biglietto di una poltrona alla Scala.
Come squarcio di
speranza, poiché le astuzie della Ragione sono infinite, noto che -
salvo che per coloro che usano il computer per tirare su musica
rumorosissima - tutti gli altri possono ancora trovare il silenzio
proprio di fronte allo schermo luminescente, di giorno e di notte,
annullando con un comando persino i bip e le musichette che
annunciano l’avvio della macchina.
Diventeranno drogati da
navigazione, e questo è un altro problema, ma potranno avere ore di
silenzio.
Il prezzo di questo
silenzio sarà rinunciare al contatto con i propri simili. Ma è poi
quello che facevano i padri del deserto.
“L'Espresso”, 3
febbraio 2000
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