Salvini nega il
vitalizio a Bossi, che lo denuncia
Accordi non mantenuti e
accuse di tradimento e truffa. Finisce in tribunale una lite tra il
fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, e l’attuale segretario
del Carroccio, Matteo Salvini. Ecco l’antefatto di questa querelle
giudiziaria “Lega contro Lega”. Bossi da tempo percepisce dalla
Lega un “vitalizio” di 900 mila euro – così si legge nella
citazione di Bossi contro Salvini – per sostenere le sue spese
mediche, e finanziare quelle del suo staff politico, il famoso
“cerchio magico”. Il legale del Senatur, inoltre, l’avvocato
Matteo Brigandì, aveva presentato alla Lega una parcella milionaria
per la sua attività professionale dal 2000 al 2013. E, per farsi
liquidare l’esosa parcella, aveva chiesto e ottenuto dal Tribunale
il sequestro cautelativo di sei milioni di euro sui conti leghisti.
Dall’altra parte, il
segretario del Carroccio, Salvini, al momento del suo insediamento,
aveva manifestato l’intenzione di non versare più alcuna somma al
fondatore leghista, non voleva pagare la parcella a Brigandì, e
aveva annunciato la volontà di costituirsi parte lesa, come Lega,
nei processi contro lo stesso Bossi e i suoi figli, Renzo e Riccardo.
Una faida fratricida tra i massimi vertici delle camicie verdi.
Grazie alla mediazione di Stefano Stefani, tesoriere del partito, tra
i due è stato raggiunto un accordo che avrebbe dovuto porre fine a
questa faida tra padani. E così il 26 febbraio di quest’anno
Bossi, Stefani, Brigandì e Salvini firmano una scrittura privata che
avrebbe dovuto sancire la fine della guerra in via Bellerio. Ecco gli
accordi tra i quattro. Bossi avrebbe imposto al suo legale di
rinunciare alla parcella e di svincolare i sei milioni di euro. In
cambio Salvini avrebbe garantito al Senatur un “vitalizio” di 400
mila euro annui, e si sarebbe impegnato a non costituirsi parte lesa
nei processi contro la famiglia Bossi.
Ma da febbraio ad oggi le
cose non sono andate come previsto dalla scrittura privata. Anzi.
Bossi ha effettivamente provveduto a liberare i soldi leghisti
fatti sequestrare dal suo
legale che ha rinunciato alla parcella. Ma la Lega ha usato quei sei
milioni di euro per la campagna elettorale delle europee, li ha spesi
tutti. E il bilancio del partito è andato in rosso. Rimanendo senza
soldi, il segretario Salvini ha fatto sapere a Bossi di non potergli
più garantire i 400mila euro promessi. A stento avrebbe potuto
offrirgliene la metà. La goccia che ha fatto traboccare il vaso,
infine, è stato l’annuncio che la Lega alla prima udienza del 10
ottobre contro i familiari di Bossi, si sarebbe costituita parte
lesa. Il decreto che fissa l’udienza, del resto, non consente
smentite. Questo vuol dire che Salvini chiederà i danni all’uomo
che ha creato il movimento. Insomma, il Senatur s’è sentito
tradito e truffato: il suo legale ha perso 6 milioni di euro, lui ha
perso 200 mila euro annui, e ora rischia di dover
risarcire il movimento che ha fondato. Montato su tutte le furie,
Bossi ha deciso di reagire con una denuncia, incaricando il suo
avocato (Brigandì) di citare in giudizio Salvini in tribunale per
danni. E riservandosi di procedere sul fronte penale per truffa.
Bossi chiede ai giudici due cose: o il rispetto della scrittura
privata. Oppure il suo annullamento, ripristinando così il credito
del suo legale vantato nei confronti di via Bellerio di sei milioni
di euro. E nella citazione scrive: «La Lega Nord si è resa
inadempiente alla scrittura privata del 26 febbraio 2014. Si tenga
conto che è notoria la malattia dell’onorevole Bossi e, per usare
una parola di moda, l’agibilità politica gli era stata assicurata
con il pagamento di 400 mila euro».
“la Repubblica”, 18
agosto 2014
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