Per sostenere una corona
di sette chili d’oro, il principe «don Giovanni» doveva mettere
la testa a posto. Niente più apparizioni in canottiera e infradito
col barboncino Fufu in braccio, niente più serate esagerate nella
sua tenuta di Monaco di Baviera tra donne e alcol: a 66 anni e con un
regno finalmente suo, Maha Vajiralongkorn è stato incoronato nuovo
re della Thailandia, per i suoi sudditi un gradino sotto al solo
Buddha, e ha indossato i panni del sovrano.
Nelle oltre due ore di
cerimonia al Gran Palazzo di Bangkok, trasmessa a reti unificate, il
nuovo re non si è speso in grandi sorrisi, concentrato com’era a
rispettare il rigidissimo protocollo: il bagno di purificazione con
l’acqua «santa» di 5 fiumi e 4 laghi, la consegna da parte dei
sacerdoti bramini degli oggetti reali simbolo del potere – uno
scettro in legno e oro, ma anche una frusta di peli di yak e un paio
di elegantissime babbucce —, gli omaggi dei notabili e poi l’arrivo
della «Corona della Vittoria» del 1782: una torre dorata alta oltre
60 centimetri, sormontata da un diamante indiano dall’inestimabile
valore.
Fuori dal palazzo, la
Guardia reale sparava salve di cannone e folle festanti celebravano
il nuovo capo di Stato. E non potevano fare altrimenti: la
Thailandia, monarchia non più assoluta ma costituzionale dal 1932,
conserva con fierezza una legge che può far finire in carcere per
«lesa maestà», da 3 a 15 anni, chiunque si azzardi a parlar male
del re o della sua famiglia. Così almeno in pubblico nessuno dice
quel che molti pensano: il principe playboy, quattro matrimoni
all’attivo – ultimo dei quali pochi giorni fa con una ex hostess,
prossima regina – e un numero infinito di figli rinnegati, educato
(con fatica) da pilota militare tra la Gran Bretagna e l’Australia,
non era la figura ideale per rimpiazzare il padre Bhumibol Adulyadej,
amatissimo re per 70 anni.
Forse ne dubitava lui
stesso: per accettare il trono dopo la morte del papà nel 2016
impiegò nove settimane. Una forma di rispetto, si disse, per un
lutto personale e nazionale; ma anche un messaggio di autonomia –
ipotizza l’Economist — ai soldati che dal colpo di Stato del 2014
guidano il Paese: re Rama X avrebbe preso le decisioni coi suoi
tempi. Da allora si è calato nel nuovo ruolo, mostrandosi di più in
pubblico e soprattutto riprendendo il controllo dell’Agenzia della
Proprietà della Corona, lo strumento che gestisce il patrimonio
immobiliare e gli investimenti della famiglia reale e che vale 40
miliardi di dollari. Ha piazzato i suoi uomini nei ruoli chiave, e
gode – se non della stima – almeno della riverenza dei soldati e
del primo ministro Prayut Chan-o-cha. Oggi attraverserà la città su
un baldacchino: nella sua vita precedente forse ci avrebbe portato
anche Fufu, ma quel principe eccentrico e quel barboncino non
esistono più.
Corriere della Sera, 5
maggio 2019
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